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Il labirinto del rischio tra propensione e percezione

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Velasco25 Articolo

In un mondo ad informazione incompleta l’equilibrio tra propensione e percezione del rischio fa
la differenza fra coraggio e azzardo

Nel linguaggio comune il rischio sottintende un’ipotesi di pericolo e porta pertanto con sé una connotazione negativa. Come tale, spesso cerchiamo di ignorarlo oppure di evitarlo, o se possibile di trasferirlo, per esempio con le assicurazioni.

In matematica e statistica il rischio è la possibilità – alla quale va associata una probabilità – che un evento, positivo o negativo, possa avverarsi con modalità diverse, migliorative o peggiorative, rispetto a quelle attese o sperate. Nel linguaggio dell’economia il rischio è il prezzo dell’opportunità e – simmetricamente – ciò implica che ci deve essere un premio per correre un rischio. Quello tra rischio e rendimento è uno dei trade-off più stringenti: per avere un maggior rendimento devi correre un rischio più grande e viceversa.

La scelta dipende per lo più da due fattori: dalla propensione al rischio e dalla percezione del rischio che connota ciascuno di noi. La propensione è un’attitudine in parte innata che caratterizza le nostre scelte, in parte acquisita attraverso l’esperienza del rischio nel nostro vissuto: affrontare con successo il rischio spesso ne aumenta la propensione e ne riduce la percezione.

La percezione del rischio dipende da quanto ne siamo consapevoli, dal tipo di informazioni delle quali disponiamo, dalle nostre distorsioni interpretative, dalla nostra esperienza. Anche quest’ultima può essere fonte di rischio se non si alimenta un continuo flusso di nuova informazione: “Nessun effetto in natura è senza ragione, capisci la ragione e non ti bisogna sperienza”(Leonardo Da Vinci).

In un mondo a informazione incompleta l’equilibrio tra propensione e percezione del rischio fanno la differenza tra coraggio e azzardo, tra aspettative e speranze, tra consapevolezza e salti nel buio. Ogni decisione implica un rischio ma anche non decidere implica un rischio: “gli ignavi” di Dante corrono nella inazione il peccato che uccide lo “spirito magno”. “Se non avesse voluto correre rischi della Cappella Sistina Michelangelo avrebbe dipinto il pavimento”.

Ed infine la tecnologia: essa diventa sempre più cruciale nella gestione del rischio. Da un lato permette di processare un numero sempre più alto di informazioni ad un costo decrescente, dall’altro propone sistemi nei quali le informazioni vengono “incorporate” e pertanto non sono palesi. Si pensi ai sistemi di sicurezza e di assistenza degli autoveicoli piuttosto che agli algoritmi stessi di analisi del rischio. La tecnologia sposta in avanti il confine del possibile, riduce il senso del limite e pone in primo piano un nuovo trade-off tra senso critico e fiducia.

Forse ci ripropone di riflettere sul tema della “virtù” come vero ‘bene’ e strumento per “seguir la canoscenza” perché “la vita è un’arte di disegnare senza la gomma”.

L’articolo originale è stato pubblicato sul numero di Fortune dell’aprile 2025 (numero 3, anno 8)

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