Quasi la metà degli italiani ha solo un’idea vaga del carcinoma renale: è quanto emerge da un’indagine dell’Istituto di ricerca Piepoli su un campione di mille persone rappresentativo della popolazione nazionale. Proprio per accrescere la consapevolezza sul tumore del rene, torna la campagna ‘Fianco a fianco. Uniti contro il carcinoma renale’, promossa da MSD Italia col patrocinio della Società Italiana di Urologia e dell’associazione di pazienti Anture.
L’evento – moderato da Margherita Lopes di Fortune Italia – è stato ospitato a Roma dall’associazione Civita, nella suggestiva sede di piazza Venezia.
“Quasi la metà degli intervistati ha solo un’idea vaga del carcinoma renale, basato perlopiù su tv e passaparola”, dice il presidente dell’Istituto Piepoli Livio Gigliuto. “Solo un terzo, inoltre, riconosce spontaneamente fattori di rischio legati a uno stile di vita scorretto, come fumo e alimentazione. Anche se le principali lacune degli italiani emergono quando si deve affrontare un percorso di diagnosi e cura”.
Le caratteristiche del tumore
Il carcinoma renale colpisce ogni anno circa 13mila persone e interessa quasi 155mila italiani che, secondo le stime, convivono con una diagnosi. Ma i tumori del rene “non sono tutti uguali: possono essere monolaterali o colpire entrambi i reni. Il tumore può essere confinato all’interno della capsula oppure, se quest’ultima viene infiltrata, può interessare gli organi vicini o i linfonodi”, chiarisce Andrea Minervini, ordinario di Urologia presso il Dipartimento di Medicina sperimentale e clinica dell’Università di Firenze.
Lo specialista di riferimento
Pur rispondendo in maniera corretta su sintomi e caratteristiche della malattia, il 47% degli intervistati identifica erroneamente nel nefrologo il medico di riferimento. Per il 43% lo specialista a cui affidarsi è l’oncologo. Si tratta invece dell’urologo, che “deve essere adeguatamente formato e aggiornato sulle ultime innovazioni chirurgiche e terapeutiche, per garantire al paziente il percorso di cura più efficace”, precisa Minervini.
Sono molti, in realtà, i momenti in cui urologo e oncologo lavorano in maniera sinergica: “Oggi il paziente è affidato all’equipe”, evidenzia Roberto Iacovelli, professore associato di Oncologia medica all’Università Cattolica del Sacro Cuore. “Non c’è più un confine netto tra le professionalità, come avveniva fino a qualche anno fa. Nella fase in cui il tumore è localizzato e si deve intervenire chirurgicamente, la figurale preponderante è quella dell’urologo. Poi i due specialisti si incontrano per capire se possono verificarsi delle metastasi e di quali terapie può beneficiare il paziente”.
Le terapie
Il tumore del rene “è sempre stato considerato resistente alla chemio e alla radioterapia”, ricorda Minervini. “Oggi la chirurgia rappresenta la strategia migliore per i tumori confinati al rene o localmente avanzati, per esportare completamente la massa tumorale”. Gli ultimi anni hanno visto un’evoluzione concettuale: se prima si esportava tutto il rene, oggi si ricorre sempre più spesso alla nefrectomia parziale. “I risultati sono analoghi e preservare la funzione renale consente un miglioramento della sopravvivenza globale”. Dalla chirurgia standard si sta poi passando alla chirurgia robotica, che consente una maggiore precisione nei movimenti.
Da non sottovalutare la terapia farmacologica. “Grazie ai progressi della ricerca, sono stati creati dei farmaci che restituiscono al sistema immunitario la capacità di riconoscere la cellula tumorale”, spiega Iacovelli. “Gli oncologi si orientano verso l’immunoterapia e le terapie a bersaglio molecolare. Oggi possiamo prevenire le recidive trattando i pazienti a rischio di ricaduta con immunoterapia adiuvante”.
I bisogni dei pazienti
“L’impatto psicologico della diagnosi è devastante”, sottolinea Laura Di Lauro, referente per il Lazio dell’associazione di pazienti Anture. “Per questo è fondamentale che il paziente sia curato da un equipe multidisciplinare. In caso contrario, è tutto affidato allo specialista di riferimento. Ma per il medico fornire certezze nei pochi minuti della visita è molto difficile”.
Centri di eccellenza
L’indagine dell’Istituto Piepoli fotografa una scarsa conoscenza fra la popolazione dei centri di eccellenza per la cura del tumore al rene. “La valutazione del paziente deve essere effettuata in centri che garantiscano la miglior presa in carico multidisciplinare con una stretta interazione tra oncologi, urologi, radiologi e anatomo-patologi”, rimarca Giuseppe Carrieri, presidente della Società Italiana di Urologia.
“Per questo Siu ha promosso ‘Bollino Arancione’, un riconoscimento che identifica i centri che offrono trattamenti all’avanguardia e servizi dedicati a prevenzione, diagnosi e cura. I criteri di attribuzione del bollino garantiscono un approccio integrato, basato su evidenze scientifiche e sulle più recenti linee guida internazionali”.

L’impegno di MSD Italia
“La corretta informazione rappresenta uno dei tre pilastri della nostra visione integrata e olistica in oncologia, insieme a prevenzione e ricerca”, spiega Nicoletta Luppi, presidente e amministratrice delegata di MSD Italia.
“Abbiamo la responsabilità di contribuire alla diffusione della consapevolezza su temi rilevanti per la salute. Oltrepassare le frontiere della conoscenza per rispondere ai bisogna ancora non soddisfatti significa dare forma a un domani migliore per i pazienti, i loro familiari e l’intera collettività. Una sfida che non ci stancheremo mai di perseguire: MSD investe 30,5 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo, più del 50% dei ricavi. Un impegno che porta frutti: abbiamo in pipeline più di 25 molecole innovative in fase 3″.