PGIM_970x250_HEADER

Breve carrellata delle barriere commerciali Ue che gli Usa vogliono abbattere

Trump mostra il cartello con i dazi, presso il Rose Garden della Casa Bianca.
PGIM_970x250_ARTICOLO
Velasco25 Articolo

Sono passati due giorni dal brusco risveglio delle borse europee e asiatiche dovute all’intransigenza del Presidente statunitense Donald Trump, in merito ai dazi annunciati lo scorso mercoledì. Soprattutto, in queste ultime ore, sta facendo alzare più di un sopracciglio il calcolo con cui il Tycoon ha attribuito la percentuale delle tariffe su ogni singolo partner commerciale: il deficit commerciale col singolo paese e macroarea diviso per il totale delle esportazioni verso gli Usa. Una formula che ha portato la tariffa imposta dall’Ue agli Usa, circa il 4,8% secondo i calcoli dell’Organizzazione mondiale del commercio, al 39% riportato nelle 40 pagine dedicate all’Unione europea del documento che Trump ha mostrato in occasione del “Liberation Day”.

Tuttavia a determinare questa percentuale, dalla quale derivano i dazi del 20% imposti dagli Usa, sarebbero state anche le politiche dell’Unione europea in materia di tutela ambientale, sanità, innovazione digitale, anticorruzione, proprietà intellettuale e antitrust.

Approcci restrittivi che Donald Trump considera come delle minacce alle esportazioni Usa nel Vecchio Continente e per questo i dazi sarebbero uno strumento per negoziare e ottenere delle misure favorevoli alle imprese americane che risulterebbero ostacolate da questi regolamenti.

Divieti su Ogm, additivi e imballaggi

Gli Stati Uniti accusano l’Unione europea di avere un approccio eccessivamente precauzionale nell’ambito della tutela ambientale, “senza basi nella valutazione scientifica dei rischi effettivi di esposizione in usi specifici”. Si contestano le classi di pericolo per i criteri di classificazione, etichettature e imballaggio di sostanze e miscele, ritenute troppo stringenti.

Contestati anche alcuni regolamenti e limitazioni sull’uso di sostanze a base di molecole Pfas, ossia ritenute “inquinanti eterni” per i tempi lunghi con cui si degradano, contaminando acqua e coltivazioni.

Gli Stati Uniti hanno inoltre criticato i regolamenti per l’imballaggio della plastica e il contenimento della supply chain libera dalla deforestazione. Non piacciono neanche le regolamentazioni sui limiti massimi per i residui dei pesticidi che hanno l’obiettivo di proteggere gli insetti impollinatori, come le api, nei paesi extra Ue.

I regolamenti sanitari su pesticidi, fertilizzanti, Dop e Igp

Gli Usa hanno accusato questi regolamenti sanitari di basarsi più “sul fattore di rischio che sul pericolo comprovato”. Suscitano particolare contrarietà le restrizioni all’utilizzo di pesticidi, fertilizzanti e antimicrobici nell’attività agricola oltre che la lentezza nell’approvazione delle culture Ogm, le quali beneficerebbero di un ridotto uso di quegli stessi pesticidi e fertilizzanti.

Non piacciono neanche i numerosi requisiti per le etichettature del vino, i limiti alle diciture ‘tawny’, ‘ruby’ e ‘chateau’ per i vini importati oltre che per le etichette Dop (Denominazione di origine controllata) e Igp (Indicazioni geografiche protette), che non consentirebbero l’accesso al mercato a parità di condizioni.

La legge sui servizi digitali che penalizza le Big Tech

Il Digital service act (Dsa), entrato in vigore nel 2022, regolamenta “le pratiche commerciali di alcuni grandi fornitori di servizi digitali” con più di 45 milioni di destinatari mensili attivi. Va quindi a colpire quelli che sono i grandi colossi Big Tech come Google, X, TikTok o Facebook, imponendo loro maggior trasparenza, moderazione dei contenuti, maggior responsabilità sui dati utilizzati e maggior controllo su contenuti di propaganda politica e diffusione di “fake news”.

La legge conferisce agli stati membri e alla Commissione europea “l’autorità di imporre ammende non superiori al 6% del fatturato annuo totale e in alcuni casi, di imporre un’ammenda periodica fino al 5% del fatturato giornaliero medio globale per ogni giorno”.

Appalti “antiamericani” per Tlc e forniture militari

Gli Stati Uniti accusano questi regolamenti di mancanza di trasparenza nelle procedure per gli appalti pubblici, che penalizzerebbero le aziende statunitensi. Queste, infatti, sarebbero soggette a “onerosi requisiti di documentazione e pregiudizi impliciti a favore di fornitori locali e altri basati sul costo più basso anziché sull’intero ciclo di vita dell’appalto”.

Le quaranta pagine del “National Trade Estimate Report“, mostrato da Trump il 2 aprile, punta il dito anche sui requisiti troppo onerosi del “nuovo schema di certificazione della cybersicurezza per i servizi cloud”.

I fornitori statunitensi sarebbero anche spaventati dagli obiettivi europei di difesa, che prevedono di allocare il 50% dei budget di approvvigionamento su attrezzature prodotte nell’Unione entro il 2030, arrivando al 60% entro il 2035.

Criticati anche i regolamenti in materia audiovisiva, compresa la legge italiana la quale richiede che il 50% delle ore di trasmissione sia riservato a opere di produzione europea. Contrarietà anche per la richiesta di requisiti aggiuntivi in materia di privacy, che limiterebbero i servizi di telecomunicazione.

PGIM_300x600_ARTICOLO side
PS25 Box

Leggi anche

Ultima ora

Iscriviti alla nostra Newsletter

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.