La grande festa del cinema italiano avverrà in prima serata su Rai Uno mercoledì 7 maggio presso lo storico Teatro 5 di CineCittà, location suggestiva e simbolica della 70a edizione dei David di Donatello, ovvero i nostri Oscar, con la conduzione affidata ad Elena Sofia Ricci e Mika, dopo il dietrofront di Carlo Conti.
Come da tradizione anche quest’anno gli oltre 1700 giurati (per lo più tecnici e maestranze della Settima Arte) hanno preferito non candidare titoli di forte richiamo sul pubblico, escludendo di fatto quei pochi film che hanno avuto un riscontro al botteghino. Per titoli come “Il ragazzo dai pantaloni rosa” e “Diamanti”, rispettivamente 10 e 16 milioni di euro al box-office, solo due candidature – e non tra le categorie principali – mentre per l’altro blockbuster “Un mondo a parte” di Riccardo Milani (oltre 1 milione di spettatori per circa 7,5 milioni di euro al botteghino) neanche una menzione, nonostante sia stata una commedia molto apprezzata con due interpretazioni di assoluto valore da parte dei protagonisti Virginia Raffaele e Antonio Albanese.
In compenso il cinema italiano ha mandato al potere una serie Tv come “L’arte della gioia” (14 papabili statuette), il biopic su Berlinguer “La grande ambizione” (15 nomination, record) e i due “rivali” a rappresentare l’Italia agli Oscar, “Parthenope” e “Vermiglio” con rispettivamente 15 e 14 candidature.
Poi tantissimi film, la maggior parte dei quali non sono riusciti a trovare il favore del pubblico (“Io e il secco” 64 mila euro, “Ciao bambino” 27 mila euro, “Le Déluge” 188 mila euro, “Vittoria” 164 mila euro, “Hey Joe” 103 mila euro, “El Paraiso” 73 mila euro a fronte di milioni di euro di budget e sostegni statali), a scapito soprattutto dei tre titoli dell’anno sopra citati, firmati da tre autori del calibro di Ferzan Ozpetek, Margherita Ferri e Riccardo Milani.
La direttrice artistica e presidente dei David di Donatello (al secondo mandato, in carica da gennaio 2018) commenta sulle polemiche in questo modo: “Per quanto riguarda le Serie Tv mi attengo al regolamento, se vanno in sala almeno per una settimana possono essere candidate”. Una visione però un po’ troppo da burocrate visto che – per farsi pubblicità a costo di noleggiarsi i cinema o facendo accordi quadro – tutte le più importanti piattaforme sono solite ormai lanciare le proprie fiction sul grande schermo, partecipando a Festival di Cinema (pensiamo a “M” presentato a Venezia) o addirittura uscendo in sala togliendo magari spazio a film ideati per il grande schermo. E per quanto il “linguaggio” possa essere a tratti cinematografico, parliamo di prodotti (seppur eccellenti) che dovrebbero concorrere a Festival di Fiction e Serie, come ad esempio l’imminente Italian Global Series, ideato appositamente, in programma a fine giugno tra Rimini e Riccione.
Sulla questione “Diamanti”, incasso record da oltre 16 milioni di euro con un cast stellare tutto al femminile e praticamente snobbato dai David, Detassis chiosa: “Evidentemente il cinema italiano, le maestranze e i lavoratori del settore che votano, hanno ritenuto migliori altri titoli”. Per carità, legittimo, ma allora se i David di Donatello sono un evento ristretto del cinema italiano, una cosa tra addetti ai lavori che si guardano allo specchio e si premiano, come si giustifica la messa in onda in prima serata su Rai Uno di fronte ad un pubblico che ha premiato, affollando le sale, film di cui non trova praticamente traccia?
Qui le cose sono due: o la prima serata su Rai Uno deve inevitabilmente essere “rappresentata” con una sorta di giuria popolare (come accade del resto a Sanremo), oppure i David di Donatello dovrebbero essere inseriti in manifestazioni più di nicchia come i festival di Ventotene, Bellaria, Ortigia o Tavolara, dove la cinematografia militante trova appieno la sua espressione e tanti artisti sono soliti andare anche per passare, con la bella stagione, qualche giorno al mare.