La fibrillazione sui dazi e il nuovo approccio americano rispetto all’Europa ‘scroccona’ potrebbe avere un effetto inatteso per la ricerca, anche quella italiana. Ormai lo sappiamo: la contaminazione, lo scambio, il dialogo sono l’humus fondamentale per alimentare il mondo della scienza e dell’innovazione.
Ebbene, “disinvestendo l’America crea un flusso di ritorno. Noi, d’altra parte, stiamo investendo molto sulle grandi infrastrutture di ricerca e su temi sfidanti come supercomputing, tecnologie quantistiche, biotecnologie”, rileva Anna Maria Bernini, ministro dell’Università e della Ricerca, parlando con la stampa a margine dell’incontro promosso a Roma da Farmindustria.
Il ministro non parla di numeri, ma assicura: “Abbiamo verificato che ricercatori che avevano trovato approdi formativi altrove stanno invertendo la tendenza, per tornare in Europa e, sperabilmente, in Italia. Dove gli investimenti sono davvero poderosi”, come evidenzia poi ricordando il cambio di passo grazie ai fondi del Pnrr.
Farmaceutica e dazi, Cattani: “Negoziare da posizione di forza”
‘Non temo la fuga dei cervelli: stiamo offrendo opportunità di tornare’
Il modo migliore per far rientrare i nostri ricercatori e, magari, attrarre anche talenti stranieri è offirire loro una grande comunità scientifica di ricerca.
“Io non temo la fuga dei ‘cervelli’ – ribadisce Bernini – I cervelli non fuggono, ma vanno a contaminarsi. Soprattutto ricordo che stiamo dando loro le opportunità di tornare. Mi fa piacere pensare che tutti debbano seguire i loro talenti e le loro aspirazioni, anche a coloro che per reddito non potrebbero permetterselo”, aggiunge dopo aver citato gli 880 milioni investiti in borse di studio.
L’idea del ministro è chiara: “Fare in modo che chi ha talento, lo sviluppi. Ma dobbiamo essere noi ad alimentare la ricerca e a offrire infrastrutture”.

La corsa per l’Einstein Telescope
Anna Maria Bernini pensa alla farmaceutica, ma non solo. L’Italia – ricorda – è candidata a ospitare il futuro rivelatore di onde gravitazionali nella miniera dismessa di Sos Enattos, in provincia di Nuoro. Un progetto che le sta particolarmente a cuore.
“Si tratta di un’infrastruttura scientifica di rilevanza mondiale e uno dei principali progetti di ricerca europei”, ricorda. Si tratta di un rivelatore di terza generazione, capace di osservare un volume di universo almeno mille volte superiore rispetto agli strumenti attuali, come gli interferometri LIGO negli Stati Uniti e Virgo in Italia.
Proprio grazie a queste collaborazioni scientifiche, nel 2015 furono osservate per la prima volta le onde gravitazionali, teorizzate da Albert Einstein un secolo prima. Il Governo italiano ha già impegnato 950 milioni di euro per finanziare il progetto, a cui si aggiungono 350 milioni di fondi regionali per un totale di 1,3 miliardi.
Un effetto domino per la ricerca italiana?
Anche il presidente di Farmindustria Marcello Cattani pensa a un effetto domino legato alla ‘guerra dei dazi’ e al braccio di ferro degli Stati Uniti rispetto all’Europa: “Chi vuole fare ricerca – dice parlando con la stampa – cerca le condizioni migliori, economiche ma anche di framework regolatorio, politico, in cui c’è una incentivazione del capitale umano”. Insomma, il clima potrebbe favorire il ritorno dei ricercatori nel Vecchio Continente.
“Dobbiamo capire che il mondo è davvero cambiato e la nostra cifra peculiare è la capacità di fare innovazione ed export: il mese di gennaio 2025 è partito con un +33%. Questa – conclude Cattani – è l’Italia moderna che noi vogliamo, dove l’innovazione e la ricerca premiano la capacità di creare valore a breve, medio e lungo termine”.
E dove i nostri giovani talenti possono trovare lo spazio per far crescere le loro idee.