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Giorno dei dazi, i Paesi asiatici si preparano alle tariffe

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Velasco25 Articolo

Il “Liberation Day”, come lo ha definito il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, è arrivato. Oggi, 2 aprile, alle 22:00 (ora italiana), la Casa Bianca presenterà ufficialmente nel giardino delle rose nuovi dazi per amici e nemici, nel tentativo di vendicarsi di quelli che considera maltrattamenti da parte dei partner commerciali degli Stati Uniti.

Molti di questi partner si trovano in Asia, dove i governi stanno già cercando di prepararsi a ciò che potrebbe accadere.

Lunedì, il Vietnam – che gode di un ampio surplus commerciale con gli Stati Uniti – ha dichiarato che taglierà i dazi sulle importazioni di una serie di prodotti, tra cui automobili, prodotti alimentari e gas naturale liquefatto.

Il Vietnam ha beneficiato del riorientamento delle proprie catene di approvvigionamento dalla Cina; il Paese del Sud-Est asiatico ha ora il terzo più grande surplus commerciale con gli Stati Uniti, il che lo ha messo in cima alla lista dei Paesi a rischio di dazi alti da parte di Trump – e Hanoi potrebbe offrire preventivamente concessioni per evitare di scatenare una guerra commerciale.

Anche l’India si sta offrendo di ridurre le tasse sulle importazioni di prodotti agricoli come mandorle e mirtilli, stando a quanto riferito dalla Reuters la scorsa settimana. Il Paese dell’Asia meridionale, che l’anno scorso ha registrato un surplus commerciale di 47,5 miliardi di dollari con gli Stati Uniti, starebbe valutando la possibilità di eliminare completamente alcune tariffe sui beni importati.

Trump si è lamentato delle tariffe indiane sui prodotti statunitensi, che sono più alte di quelle imposte dagli Stati Uniti sui prodotti indiani. Il presidente degli Stati Uniti ha definito “brutale” il protezionismo indiano, pur elogiando il primo ministro Narendra Modi.

“Tutti i Paesi”

Da quando è entrato in carica, Trump ha imposto un’ulteriore tariffa del 20% sulle merci cinesi, tariffe del 25% sulle importazioni di acciaio e alluminio e tariffe del 25% sulle importazioni di auto.

Non ci sono dettagli chiari sulle tariffe in arrivo oggi, 2 aprile, come ad esempio il livello dei dazi che saranno imposti e quali Paesi saranno colpiti. Tuttavia, domenica Trump ha suggerito che i dazi colpiranno in partenza “tutti i Paesi”, respingendo le precedenti notizie secondo cui le nuove misure commerciali avrebbero potuto avere una portata più limitata.

Molti governi asiatici stanno adottando un approccio attendista ai dazi in vista dell’annuncio di oggi.

Alleati degli Stati Uniti come il Giappone, la Corea del Sud e l’Australia hanno cercato di negoziare le questioni commerciali con Washington, per ora con scarso successo.

A metà marzo, dopo aver fallito nel tentativo di ottenere un’esenzione dai nuovi dazi statunitensi sull’acciaio, il primo ministro australiano Anthony Albanese ha denunciato la mossa come “contraria allo spirito della duratura amicizia delle nostre due nazioni”. Martedì, la sua amministrazione ha ribadito che non avrebbe offerto concessioni agli Stati Uniti per ottenere un accordo.

Giappone e Corea del Sud si sono impegnati ad offrire sostegno alle loro industrie in caso di nuove tariffe statunitensi. “Stiamo lavorando su questo tema senza sosta, anche nei fine settimana”, ha dichiarato martedì il primo ministro giapponese Shigeru Ishiba (i nuovi dazi statunitensi sulle auto rappresentano infatti una minaccia per il Giappone e il suo settore automobilistico).

E poi c’è la Cina, già soggetta a molteplici nuove tariffe da parte dell’amministrazione Trump. Pechino ha risposto ai nuovi dazi sulle importazioni con misure proprie, che vanno dall’imposizione di tariffe di ritorsione all’ampliamento della lista nera delle “entità inaffidabili”. I funzionari cinesi hanno dichiarato di essere pronti a combattere una “guerra commerciale, una guerra tariffaria o qualsiasi altro tipo di guerra”.

Domenica i ministri del commercio di Giappone, Corea del Sud e Cina hanno tenuto il loro primo vertice su temi economici degli ultimi cinque anni.

Anche le aziende si stanno preparando

Oltre ai dazi su acciaio, alluminio e automobili, Trump ha promesso nuovi prelievi anche sulle importazioni di semiconduttori e prodotti farmaceutici.

Le aziende asiatiche hanno quindi promesso di investire negli Stati Uniti, probabilmente nel tentativo di evitare nuove tariffe e di dimostrare il proprio sostegno alla volontà di Trump di ripristinare la produzione nazionale.

A gennaio, la casa automobilistica giapponese Honda si è impegnata ad aumentare di 300 milioni di dollari gli investimenti in tre stabilimenti automobilistici dell’Ohio per espandere la capacità di costruire veicoli elettrici, ibridi e con motore a combustione interna.

A marzo, Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC), il principale produttore di chip al mondo, ha annunciato un investimento di 100 miliardi di dollari per espandere le proprie attività in Arizona, da spendere nei prossimi quattro anni (secondo quanto riferito, il governo di Taiwan starebbe anche valutando la possibilità di acquistare più beni statunitensi per ridurre il proprio surplus commerciale).

La scorsa settimana, la casa automobilistica sudcoreana Hyundai ha promesso di investire 21 miliardi di dollari nell’industria manifatturiera americana, compreso un impianto siderurgico da 5,8 miliardi di dollari nello Stato della Louisiana.

Ma la promessa più grande arriva dalla giapponese Softbank, che all’inizio di quest’anno, in collaborazione con OpenAI e Oracle, ha promesso 500 miliardi di dollari di nuovi investimenti in infrastrutture AI negli Stati Uniti.

Questo articolo è stato pubblicato originariamente su Fortune.com

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