L’industria farmaceutica nel 2024 “ha investito oltre 2 miliardi di euro in Italia in ricerca e sviluppo e altrettanti in impianti di produzione ad alta tecnologia e digitalizzazione. Una quota pari al 7% del totale degli investimenti, in crescita del 21% negli ultimi 5 anni (+4% in media all’anno)”. A fare i conti è Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, che nella giornata dei dazi annunciati da Donald Trump appare sereno, rivendicando il ruolo dell’Italia, locomotiva del pharma in Europa, e chiamando in causa il Vecchio Continente.
“È il momento di negoziare – dice rispondendo a una domanda di Fortune Italia – ma possiamo farlo da una posizione di forza. Abbiamo scambi industriali di farmaci e vaccini con gli Usa per 11 mld nel 2024: ci sono medicinali che vanno e vengono dall’Atlantico durante le varie fasi di produzione. Il nostro interesse è che non ci siano dazi e controdazi. Ma la reazione deve essere politica, dell’Italia e dell’Europa”.
Farmaceutica: export da record per l’Italia e produzione a più 56 mld di euro
L’impatto dei dazi
“I dazi frenano l’economia e aumentano l’inflazione”, ricorda Marcello Cattani. La negoziazione è ancora aperta “da parte dell’Unione europea e c’è un grande lavoro del ministro degli esteri Antonio Tajani. Ma c’è un’attenzione da parte del Governo per il settore, che è il più innovativo in assoluto e che vede l’Italia ai primi posti in Europa”, dice ancora il manager.
Il presidente non nasconde che quello dei dazi sui farmaci, “un bene primario, potrebbe essere un impatto molto forte, tale da causare carenze anche negli Stati Uniti e portare a non poter produrre più alcuni medicinali”.
Ma c’è di più: “Oggi è molto più semplice reperire missili, droni, armamenti nel mondo che non farmaci. Questo perché la filiera delle competenze è complessa e richiede una produzione industriale di scala e di qualità. Noi siamo in questa posizione di forza come Paese – rileva il presidente di Farmindustria – perchè abbiamo investito nel corso degli anni”. E sull’ipotesi di una global tariff al 20% per tutti aggiunge: “Ci sono proclami ma dobbiamo attendere i fatti e confidare nella negoziazione. Ma questa dinamica ha anche un effetto positivo per l’Europa: ora è obbligata ad agire“.
Tutelare l’innovazione
Insomma, “è arrivato il momento di accelerare, rendendo il contesto più competitivo, tutelando la proprietà intellettuale e facilitando l’uso secondario dei dati clinici per enti pubblici e aziende a fini di ricerca, nel rispetto della privacy. Un percorso necessariamente veloce volto a migliorare l’accesso all’innovazione per i cittadini, grazie anche a una formazione costante per sviluppare le competenze, soprattutto digitali, necessarie alle esigenze di oggi. Non possiamo permetterci di perdere un tesoro così prezioso”, rileva Cattani. Che poi assicura: “Siamo al fianco del Governo che si sta adoperando con convinzione sia in Italia sia in Ue per mantenere la nostra Nazione e l’Europa tra le prime della classe”.
Le sfide per l’Europa e l’Italia
Certo, il quadro globale appare incerto. La guerra dei dazi, l’instabilità delle filiere produttive e l’aumento dei costi di approvvigionamento (+30%) si sommano al declino della competitività europea e alla dipendenza per i principi attivi da Cina e India (75%), così come per l’alluminio (60%).
Scenari che non possono prescindere dalla sfida demografica. Entro il 2042 la popolazione mondiale crescerà e aumenteranno gli anziani con le loro fragilità. Il tutto mentre la Cina dal 2009 al 2024 ha accelerato negli studi clinici, avvicinandosi al 35% degli Stati Uniti. Insomma, i dazi incrociati potrebbero finire per avvantaggiare la Cina.
Il tutto mentre l’Europa continua a perdere attrattività, scendendo dal 44% al 21%. Negli ultimi 25 anni il Vecchio Continente ha perso il 25% di investimenti in ricerca e sviluppo rispetto agli Stati Uniti.
E allora “quale sarà l’Europa di domani?”, si e ci chiede Cattani. “Le possibilità sono solo due: quella che abbiamo conosciuto finora: lenta, burocratica, disincentivante, penalizzante, che ha bruciato in pochi anni il vantaggio competitivo e che considera la salute come un costo. O quella che, con una visione, considera le Life Sciences un investimento e passa dalle parole ai fatti”. Per il numero uno di Farmindustra non c’è dubbio: “È tempo di passare all’azione, costruendo un ecosistema davvero favorevole all’innovazione”.
I numeri della farmaceutica e la sfida globale
Sono 24.000 le molecole in sviluppo nel mondo, per metà biotech. Marcello Cattani cita i dati Citeline e le previsioni di investimento globale in R&S da parte delle aziende farmaceutiche da 2.000 miliardi di dollari tra il 2025 e il 2030. “L’Italia – assicura – ha le capacità di attrarne una parte grazie alle sue molte eccellenze, pubbliche e private”.
Basta guardare i numeri: gli addetti alla R&S sono 7.300, in aumento del 3% rispetto al 2023, equivalenti a oltre il 10% del totale degli addetti. “E oggi in Italia se 1 milione di persone in più sopravvive dopo una diagnosi di tumore in dieci anni, se in 20 anni la mortalità totale è diminuita del 25% e quella per patologie croniche del 35%, se più di 270 mila persone sono guarite dall’epatite C, se sono disponibili oltre 200 farmaci orfani, lo si deve anche agli straordinari sforzi fatti dalla ricerca farmaceutica”, ha detto Cattani.
Coraggio e visione del futuro
Per Anna Maria Bernini, ministro dell’Università e della Ricerca, la farmaceutica italiana “è sinonimo di coraggio, spirito d’iniziativa, esperienza e visione del futuro. Rappresenta un motore di crescita economica per l’intero Paese. Università, ricerca e industria farmaceutica non possono che essere alleati strategici. E su questi” pilastri, assicura, “continueremo a investire per costruire un futuro di crescita e progresso per il nostro Paese”.
A rendere unico il nostro Paese è il Servizio sanitario nazionale e la possibilità di realizzare studi clinici: sono oltre 700 i milioni di euro investiti dalle imprese della farmaceutica ogni anno. “Secondo un’indagine di Altems l’effetto leva per ogni euro investito dalle aziende genera un beneficio complessivo per il Ssn pari a 3 euro, in termini sia di spese dirette connesse allo studio sia di spese indirette per la fornitura di farmaci e la gestione dei pazienti”, rivendica Cattani.
Un momento critico
Per Francesco De Santis, vicepresidente per la Ricerca e lo Sviluppo di Confindustria, “siamo in un momento critico: possiamo e dobbiamo definire una nuova strategia europea in grado di guardare al medio temine ma anche di potersi poi riorientare rapidamente, con interventi che guardino a tutti i diversi aspetti e che sia condivisa con gli stati membri e con le imprese Per raggiungere gli obiettivi di crescita, rafforzamento della capacità tecnologica, indipendenza produttiva, sicurezza è necessario infatti assicurare un ambiente che favorisca l’attività di R&S ma anche la sua valorizzazione industriale (collaborazione sistema pubblico e privato, IP, possibilità di utilizzo secondario dei dati per ricerca, domanda di innovazione pubblica. Una strategia che deve essere costruita insieme, dal pubblico e dal privato e nella quale le imprese sono chiamate a svolgere un ruolo fondamentale”.
Insomma, l‘Italia delle imprese e della farmaceutica guarda con attenzione agli Usa, ma anche all’Europa. Certa che la ‘guerra dei dazi’ potrebbe fare davvero male, in primis ai cittadini. Il rischio è quello di veder cambiare i rapporti di forza nel settore. Un pericolo che il Vecchio Continente non può permettersi.
L’impatto dei dazi sul pharma e la mossa lombarda sul payback