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Adolescence: i segnali spia della crisi fra genitori e figli

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Adyen Articolo
Velasco25

Figli preziosi, caricati di aspettative, trattati come amici e a volte temuti. Perchè capaci di improvvisi silenzi, esplosioni di violenza, aggressività, manipolazione. Il successo della serie tv ‘Adolescence’ – che racconta la vita della famiglia Miller, sconvolta dopo l’arresto del figlio di 13 anni accusato di avere ucciso una compagna di classe – racconta la crisi dei genitori, oltre che quella di una generazione di giovanissimi cresciuti nel mondo dei social.

“Senza regole, non sanno più vedere l’altro”, dice Antonella Elena Rossi, criminologa e psicologa, che analizza con Fortune Italia alcuni temi emersi dalla visione della serie Netflix diventata un successo in 71 Paesi.

La paura degli adulti

“Sono rimasta davvero colpita da ‘Adolescence’. Soprattutto dai genitori, che alternano due atteggiamenti rispetto al figlio: dallo spalleggiarlo, al rifiutare l’aspetto del ragazzino che loro non hanno mai visto. Un altro momento interessante è il confronto con la psicologa, che non riesce ad affrontare l’aggressività del ragazzo. Abbiamo un’operatrice che ha paura, cerca all’inizio una sorta di collusione con lui non avendo per niente chiaro di trovarsi di fronte a un manipolatore nonchè despota. Ecco, stiamo fabbricando dei giovani despoti e dei manopolatori”, sottolinea Rossi.

Gli indizi che i genitori non vedono

Dopo ‘Adolescence’ molti adulti si sono chiesti: quali segnali avrei dovuto cogliere? “Diciamo subito che in questi casi pensiamo ai ragazzini di 13-15 anni, mentre dovremmo preoccuparci quando sono molto piccoli. Ai genitori ricordo che i bambini da 0 a 3 anni devono interiorizzare le regole. Tanti adulti mi dicono di parlare al bambino di 3 anni, ma a quell’età dobbiamo piuttosto dirgli cosa fare e cosa no”. Fissare i ‘paletti’ e insegnare a rispettarli.

“Insomma, il rischio è arrivare quando il guaio è già fatto. C’è un’aggressività che gli adolescenti oggi non sanno contenere. Inoltre – riflette Rossi – stando molto tempo nel mondo virtuale, vivono solo se stessi. C’è soltanto l’io (quello che desidero, quello che piace a me), mentre l’altro va manipolato e, se non ottengo ciò che voglio, deve essere  disprezzato o addirittura annientato. Una vera relazione è invece a più dimensioni: devo vedere, sentire, toccare l’altro. Bisogna far capire a questi ragazzi che la vita vera è un’altra. Ed è fuori dal mondo virtuale”.

La paura e le frasi ‘spia’

“La cosa importante – raccomanda Rossi ai genitori – è insegnare il rispetto nelle parole, nei gesti. E farlo fin da quando sono piccoli. Se a 10 anni dicono a madre o padre ‘non mi stressare’, ‘non capisci niente’, ‘stai zitta’: sono frasi che non devono essere consentite”. Insomma, l’aggressività non va sottovalutata. Se abbiamo fatto questo errore, “bisogna cominciare a contenerla non appena ce ne rendiamo conto”.

Il controllo dei social

Anche “l’uso dei social deve essere molto, molto controllato. Occorre essere degli adulti autorevoli: non autoritari, ma capaci di mettere dei paletti. E una delle regole più importanti è dare un limite di tempo all’uso dei social”.

“Ormai – aggiunge la psicologa – abbiamo a che fare con ragazzi che in qualche modo non rispettano i genitori. Il problema nasce proprio questo: l’insicurezza da parte degli adulti. Da me arrivano spesso madri e padri che hanno paura di dire qualcosa ai figli, sono gli adulti – anche alcuni psicologi – che hanno paura degli adolescenti. Ecco: avere paura vuol dire avere già perso”.

Le raccomandazioni ai genitori

E allora come comportarsi? “Smettere immediatamente di fare gli amici – risponde – Questo è fondamentale: abbiamo una generazione che paga la troppa vicinanza. Sembra un paradosso, ma bisogna avere la giusta distanza: i figli ci devono rispettare. Non siamo i loro amici, non dobbiamo renderli partecipi delle nostre pene d’amore, ma dobbiamo essere il loro punto di riferimento, aiutarli a capire cosa è giusto e cosa è sbagliato. Le nostre fragilità dobbiamo tenerle per noi. Il mito del genitore amico – dice senza mezzi termini Rossi – è una cavolata fotonica. Perdiamo credibilità e rispetto”.

Un’altra cosa da evitare è “dare in mano al proprio figlio di dieci, undici anni il nostro cellulare. Sappiate, cari genitori, che i nostri figli vanno a curiosare nella nostra vita perché vogliono in qualche modo capire quanto siamo coerenti rispetto a quello che diciamo loro”. Meglio mantenere una certa distanza, allora. Senza perdere lo sguardo attento rispetto a chi, a un certo punto, vorrà mettere alla prova la propria forza. Per non rischiare di arrivare a capire che c’è un problema quando è troppo tardi. 

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