L’ultimo sondaggio sull’energia della Fed di Dallas ha rivelato un profondo scetticismo tra i dirigenti nei confronti dei dazi e del programma di produzione petrolifera del presidente Donald Trump. Nei commenti anonimi, gli intervistati hanno denunciato l’incertezza e il costo dei dazi, prevedendo che il tentativo di abbassare i prezzi del greggio a 50 dollari al barile ridurrebbe la produzione invece di espanderla.
La maggior parte degli intervistati si è soffermata sulla situazione incerta e sui costi delle tariffe, mentre altri hanno affermato che i piani per abbassare drasticamente i prezzi del greggio sono incompatibili con un’importante espansione della produzione energetica.
“Il caos dell’amministrazione è un disastro per i mercati delle materie prime. ‘Drill, baby, drill’ non è altro che un mito e un grido d’allarme populista. La politica tariffaria è impossibile da prevedere e non ha un obiettivo chiaro. Vogliamo più stabilità”, ha dichiarato un dirigente.
La Casa Bianca non ha risposto alla nostra richiesta di commento.
Trump ha già imposto dazi a Cina, Canada, Messico e minacciato l’Unione europea. I prodotti colpiti sono acciaio, alluminio e auto, ma sono state annunciate tariffe su prodotti farmaceutici, chip, legname. I dazi reciproci partiranno dal 2 aprile, anche se, secondo quanto riferito, si starebbe spingendo per imposizioni ancora più aggressive e per un eventuale tariffa universale.
L’introduzione a fasi alterne dei precedenti dazi di Trump è stata un colpo di frusta per imprese e consumatori. Nel frattempo, le raffinerie statunitensi importano petrolio dal Canada e dal Messico, mentre i produttori si affidano ai metalli importati per le operazioni di perforazione.
Nonostante il pompaggio di quantità record di petrolio durante l’amministrazione Biden, l’industria energetica ha ampiamente appoggiato Trump e ha festeggiato il suo ritorno in carica.
Ma da allora i funzionari di Trump hanno preso di mira il petrolio come parte della loro strategia per raffreddare l’inflazione e indurre la Federal Reserve a ridurre i tassi di interesse. In particolare, l’amministrazione ha suggerito di portare il greggio a 50 dollari al barile, grazie a un massiccio aumento dell’offerta dovuto all’espansione della produzione.
Ora la luna di miele sembra essere finita, poiché l’industria avverte che 50 dollari al barile non sarebbe una cifra economicamente affrontabile.
“La minaccia di un prezzo del petrolio di 50 dollari da parte dell’amministrazione ha indotto la nostra azienda a ridurre le spese in conto capitale per il 2025 e il 2026. ‘Drill, baby, drill’ non funziona con il petrolio a 50 dollari al barile. Gli impianti verranno abbandonati, l’occupazione nell’industria petrolifera diminuirà e la produzione petrolifera statunitense diminuirà come durante la pandemia da Covid-19”, ha avvertito un altro dirigente petrolifero.
E un terzo ha dichiarato: “Non ho mai provato più incertezza per il nostro business in oltre 40 anni di carriera”.
Certo, alcuni intervistati hanno accolto con favore l’allontanamento di Trump dalle politiche sul cambiamento climatico e la sua apertura a incrementare le esportazioni di gas naturale liquefatto.
Ma il tono generale è stato cupo e l’indice di attività economica della Fed di Dallas è sceso a 3,8 in questo primo trimestre da 6,0 nel quarto.
L’indice delle prospettive aziendali è crollato di 12 punti a -4,9, suggerendo pessimismo tra le imprese, e l’indice di incertezza delle prospettive è balzato di 21 punti a 43,1.
“Il clima politico causato dalla nuova amministrazione presidenziale sembra creare instabilità. I mercati energetici non sono esenti dalla perdita di fiducia dell’opinione pubblica in tutti i mercati”, ha dichiarato un dirigente.
Il mese scorso l’indagine della Fed di Dallas sul settore manifatturiero ha mostrato che anche nelle zone conservatrici del Paese che hanno votato per Trump, i dirigenti hanno segnalato un crollo delle condizioni aziendali in seguito all’incertezza sulle tariffe.
Ciò è avvenuto dopo che indagini separate di altre banche regionali della Fed hanno rilevato un deterioramento delle prospettive economiche e dei piani di spesa in conto capitale.
Nel frattempo, anche i consumatori sono diventati pessimisti, poiché i licenziamenti federali e le tariffe di Trump pesano sulla loro percezione del mercato del lavoro e dell’inflazione.
Martedì, l’ultima indagine del Conference Board ha rivelato che la fiducia dei consumatori è scesa per il quarto mese consecutivo.
In particolare, l’indice delle aspettative del sondaggio – che si basa sulle prospettive a breve termine dei consumatori per quanto riguarda il reddito, le imprese e le condizioni del mercato del lavoro – è sceso a 65,2, il livello più basso degli ultimi 12 anni “e ben al di sotto della soglia di 80 che di solito segnala una recessione imminente”.
Quest’articolo è stato pubblicato originariamente su Fortune.com