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Pensiero critico e AI: stiamo diventando “più stupidi”?

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Velasco25 Articolo

Il pensiero critico è fondamentale per una leadership efficace, per la risoluzione dei problemi e per puntare sull’innovazione, ma cosa succede esattamente nel nostro cervello? A un livello più elementare, il pensiero critico è la capacità di analizzare, valutare e sintetizzare le informazioni per prendere decisioni ragionate. Si tratta di un’attività deliberata e sostenuta, che si avvale di vari processi cognitivi come tra cui problem solving, decision making e pensiero riflessivo: l’esatto contrario di una reazione impulsiva o dell’istinto.

Le persone si avvicinano al pensiero critico in modi diversi, a seconda delle preferenze personali, degli obiettivi o della natura del problema che stanno cercando di risolvere. C’è chi si affida al concetto di ‘lavoro profondo’ dell’esperto di produttività Cal Newport, che prevede lunghi periodi di riflessione senza distrazioni. Allo stesso modo, il metodo del marmo di Andy Tryba premia la mente per aver completato blocchi di 30 minuti di intensa concentrazione su un singolo compito. Indipendentemente dal metodo adottato, il filo conduttore è il tempo. Il vero pensiero critico si basa su uno sforzo sostenuto e deliberato, e si potrebbe affermare che questa abilità è più vitale che mai nel nostro mondo in rapida evoluzione e sempre più alimentato dall’intelligenza artificiale.

Con l’AI che permea quasi ogni livello delle nostre vite, dal lavoro alla vita personale, fino all’istruzione – e con la sua capacità di fornire un feedback immediato attraverso una quasi personificazione dell’intelligenza – molte persone stanno iniziando a fare eccessivo affidamento su di essa. Personalmente, ho iniziato ad usarla per le attività di codifica, in particolare quelle che avrebbero richiesto ore di lavoro approfondito e che ora ottengo cognitivamente ‘gratis’ da strumenti come Claude, GitHub Copilot e Crowdbotics.

Questo mi ha fatto pensare: l’intelligenza artificiale ci sta rendendo “più stupidi”? La nostra capacità di pensare in modo critico si sta perdendo mentre ci sediamo e lasciamo che l’AI faccia il lavoro sporco per noi? Ci sono sempre più ricerche e prove che dimostrano che questo scarico cognitivo abbia un impatto sul pensiero critico, che invece richiede un impegno attivo per analizzare, valutare e sintetizzare le informazioni.

Lo scarico cognitivo è semplicemente l’uso di una forza esterna per ridurre il carico cognitivo sulla memoria di lavoro. Può essere semplice come inclinare la testa per vedere meglio un’immagine o usare una rete neurale di oltre 200 miliardi di parametri per creare una ricetta di muffin ai mirtilli. Lo facciamo tutti. È umano.

Cosa stiamo perdendo nella ricerca di velocità e risposte immediate

Quando guardiamo a ciò che l’intelligenza artificiale potrebbe fare (o sta facendo) al nostro cervello, è importante ricordare che non è la prima volta che la tecnologia rimodella quasi tutti gli aspetti della vita umana. Nel 2011, un gruppo di ricercatori ha studiato l’impatto della capacità di Google di fornire un accesso istantaneo alle informazioni. Hanno scoperto che quando le persone si aspettano che le informazioni siano sempre disponibili (come ci aspettiamo con l’accesso a Internet), è più probabile che ricordino dove trovarle piuttosto che ricordare i dettagli dell’oggetto.

Come molti di voi, quando ero giovane le informazioni non erano immediatamente accessibili. Se volevi saperne di più su qualcosa, andavi in biblioteca, frugavi nel catalogo, trovavi la sezione, il corridoio, cercavi il libro, leggevi l’indice, sfogliavi il capitolo e poi leggevi. Senza questo processo, semplicemente non si sarebbe arrivati a conoscere la risposta.

Oggi, le ricerche epiche necessarie per trovare risposte si sono da tempo esaurite. Da Google a ChatGPT, stiamo diventando dei cyborg naturali, in simbiosi con i nostri strumenti informatici, dove non conta tanto conoscere le informazioni quanto sapere dove o come trovarle.

Ma con questa innegabile comodità e velocità, qual è il compromesso?

L’AI sta cambiando radicalmente il pensiero?

Potrebbe essere una reazione istintiva quella di vedere l’influenza dell’AI sul pensiero critico come un serio avvertimento o un segno che stiamo esternalizzando troppo il nostro carico mentale. Ma forse questo è sbagliato. Il declino del pensiero profondo sarebbe è una conseguenza sfortunata o il cambiamento è inevitabile? Ed è necessariamente una cosa negativa? La teoria del carico cognitivo dice di no, ma per altri non è così.

Ogni grande balzo tecnologico, dalla stampa a Internet, è stato accompagnato dal timore che potesse spegnere l’intelletto umano. In effetti, questa linea di pensiero può essere fatta risalire a Socrate, che mostrava preoccupazione per il fatto che la dipendenza dalla scrittura avrebbe indebolito la memoria e la comprensione autentica degli esseri umani. Alla fine, però, ogni innovazione ha aperto la strada a nuove forme di progresso.

Analizziamo un esempio da entrambi i punti di vista. Oggi, nel mondo reale, l’AI è molto utilizzata nell’analisi dei dati, perché consente di studiare una grande serie di informazioni per identificare modelli, filtrare e prevedere tendenze. Da un lato, questo è ottimo perché scarica molto lavoro cognitivo, consentendo agli esseri umani di vedere correlazioni e prendere decisioni. Dall’altro, c’è chi sostiene che l’affidamento all’AI riduce la capacità dell’uomo di effettuare analisi approfondite e indipendenti.

L’intelligenza artificiale ci sta rendendo più stupidi?

La risposta è forse più inclinata verso il sì. Lo scarico cognitivo, pur liberando inizialmente risorse mentali, potrebbe alla fine diminuire le nostre capacità intellettuali. Alcuni studiosi avvertono che si sta sviluppando una “pigrizia cognitiva” delle persone, che diventano meno inclini a impegnarsi in un pensiero analitico approfondito. Delegare la memoria e le funzioni decisionali ai sistemi di intelligenza artificiale eroderà gradualmente la nostra capacità di svolgere questi compiti mentali in modo indipendente, compromettendo potenzialmente l’adattabilità e la resilienza cognitiva.

La nostra prolungata dipendenza dall’intelligenza artificiale per il supporto cognitivo indebolirà le facoltà mentali fondamentali, tra cui la memoria, l’analisi e la capacità di risolvere i problemi. Questa esternalizzazione sostenuta e crescente delle funzioni cognitive porterà all’atrofia dei processi mentali interni, con possibile deterioramento della funzione della memoria a lungo termine e del benessere cognitivo complessivo. Sarà il tempo a dirlo.

Ma è una cosa negativa? L’intelligenza artificiale può accelerare la “pigrizia cognitiva” secondo gli standard odierni, ma questo non significa che staremo peggio. Non molto tempo fa, il semplice utilizzo di una calcolatrice era considerato da “pigri”, ma ora ne portiamo una con noi ovunque andiamo (nel nostro telefono). Come accaduto per tutte le nuove tecnologie, l’umanità cresce e si trasforma per utilizzarle al meglio. Credo che la differenza con l’AI, tuttavia, sia la velocità con cui ci ha influenzato.

La domanda che ci si deve porre è: il declino delle capacità cognitive è un prezzo che vale la pena pagare per una comodità senza precedenti e per il progresso globale? Oppure è possibile che l’AI non stia diminuendo il nostro pensiero critico, ma lo stia facendo evolvere? È possibile che la capacità di sfruttare le intuizioni generate dall’AI, di adattarsi ai rapidi cambiamenti e di discernere la verità dalla disinformazione diventi un nuovo punto di riferimento per l’intelletto umano.

In ultima analisi, non si tratta di capire se stiamo perdendo le vecchie forme di pensiero mentre l’AI si infiltra in tanti aspetti della vita, ma se siamo pronti ad abbracciare le nuove.

Le opinioni espresse nei commenti di Fortune sono esclusivamente quelle degli autori e non riflettono necessariamente le opinioni e le convinzioni di Fortune.

Questa storia è stata pubblicata originariamente su Fortune.com

Foto JONATHAN RAA/NURPHOTO VIA GETTY IMAGES

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