Un 2024 da record per la farmaceutica italiana, anche grazie alla forza delle esportanzioni. Anche se, inutile negarlo, il clima è cambiato. Ecco perchè il numero uno di Farmindustria, Marcello Cattani, chiede di “procedere alla veloce definizione di una Strategia nazionale sulla farmaceutica, con una profonda revisione della governance che continui ad aumentare le risorse e introduca nuovi modelli basati sul valore delle cure, per migliorare l’accesso ai medicinali e attrarre sempre nuovi investimenti e competenze”. Le premesse, comunque, sono davvero buone, come mostrano nero su bianco le ultime elaborazioni Farmindustria su dati Istat e Iqvia.
I numeri della locomotiva farmaceutica
La crescita dell’export a 54 miliardi di euro ha spinto la produzione a superare i 56 miliardi di euro per l’industria farmaceutica in Italia nel 2024. Un ulteriore progresso rispetto ai 52 miliardi dell’anno precedente. Sale anche l’occupazione: 71 mila addetti (+1,5%) con un picco in R&S e produzione del 3%.
L’Italia del pharma ha fatto meglio dell’Ue negli ultimi 5 anni (+65% rispetto a +57%), mentre il peso delle esportazioni di medicinali sul totale manifatturiero è passatodal 3,5% del 2004 al 9,1% nel 2024. Un balzo di quasi tre volte nel giro di due decenni. Il saldo estero di farmaci e vaccini è oggi di +21,2 miliardi, pari al 18% di quello complessivo dell’industria manifatturiera.
Un altro dato spicca come una medaglia sul petto delle imprese della farmaceutica: il gradino più alto del podio come settore che ha contribuito alla crescita del Pil tra il 2022 e il 2024: +17,7% a fronte di un +1,4% del Pil totale.
“Innovazione scientifica e tecnologica e nella produzione. Investimenti crescenti sul territorio. Eccellenza delle risorse umane e nelle capacità manageriali e imprenditoriali. Sistema pubblico con molte eccellenze e un Ssn rafforzato dalle politiche di questi anni sono i fattori che hanno guidato la crescita dell’industria farmaceutica in Italia”, secondo Cattani.
Le Fab13
Hanno cuore e cervello in Italia ma crescono anche all’estero le FAB13 le multinazionali del farmaco italiane dal fatturato complessivo che sfiora i 17 miliardi di euro. Come ha evidenziato il Rapporto di Fondazione Edison l’unione di Alfasigma, Abiogen Pharma, Angelini Pharma, Chiesi Farmaceutici, Dompé Farmaceutici, I.B.N. Savio, Italfarmaco, Kedrion, Menarini, Molteni, Neopharmed Gentili, Recordati e Zambon sta contribuendo all’export italiano: circa 13 dei quasi 17 miliardi di fatturato derivano infatti dalle vendite all’estero.
“Questo accade perché nello scenario italiano i prezzi sono controllati dal Ssn”, come ha spiegato Marco Fortis, vicepresidente di Fondazione Edison. Dunque l’export è una leva importante per crescere. Anche sul fronte dell’occupazione: con 67 siti produttivi e 43 centri di ricerca in tutto il mondo, sono oltre 47mila gli impiegati delle Fab13. Di questi, 15mila lavorano in Italia, +3% rispetto al 2022.
“La sfida è duplice”, ha affermato Sergio Dompé, presidente del Gruppo Dompé, a margine della presentazione del Rapporto. “Dobbiamo riuscire a mantenere attivo e vitale il Ssn e consentire al mondo del lavoro e della ricerca di fare quegli investimenti che qualificano il futuro e lo sviluppo del nostro settore”.
Le sfide per la farmaceutica
Un tema che coinvolge l’intero pharma tricolore. “Il Governo ha posto come obiettivo per l’export nel quinquennio 2022-2027 l’aumento da 626 a 700 miliardi, il che equivale al +12% – riprende Cattani – Le nostre aziende in due anni hanno già superato il target, raggiungendo il 13%. Risultati straordinari ottenuti a fronte di un incremento dei costi complessivi della produzione del 30%, che sono in ulteriore aumento e con prezzi dei prodotti rimborsati stabili o in diminuzione”.
Insomma, c’è la consapevolezza che – nonostante i risultati da celebrare – sia arrivato il momento di attrezzarsi per poter affrontare le non poche sfide all’orizzonte: dai dazi, ai conflitti, passando per i costi delle materie prime e l’impatto dell’AI. Ma l’orgoglio del pharma poggia su solide basi. “Possiamo farcela: noi ci siamo”, conclude Cattani.