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Melanoma e mocrobiota: prima paziente trattata con mix di batteri buoni

melanoma
Adyen Articolo
Velasco25

Interessanti novità nella lotta al melanoma, tumore che nel 2024 ha segnato un drammatico record di casi in Italia. Questa volta i ricercatori sono andati a cercare nuove armi nel microbiota, l’insieme di batteri, funghi e microrganismi che abitano nel nostro intestino, selezionandone nove.

L’idea è quella di usarli per ‘attivare’ il microbioma, spingendolo risvegliare i ‘soldati’ del nostro sistema immunitario per attaccare e uccidere le cellule tumorali. Ebbene, a Napoli questo mix è stato appena utilizzato nel primo paziente, a quanto apprende Fortune Italia una donna di 45 anni, all’interno di uno studio internazionale che coinvolge l’Istituto Nazionale Tumori Irccs “Fondazione G. Pascale” di Napoli e il ‘guru’ italiano della ricerca sul melanoma: Paolo Ascierto.

I 9 batteri buoni e l’anno nero dell’Italia

I batteri intestinali sono stati scelti con la speranza di migliorare l’efficacia dell’immunoterapia contro una forma insidiosa della malattia: il melanoma avanzato resistente.

In generale l’anno appena concluso è stato drammatico in termini di nuovi casi. Nell’ultimo rapporto “I numeri del cancro in Italia 2024”, dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), si prevede che le diagnosi di melanoma possano raggiungere quota 17.000, circa 4.300 casi in più rispetto ai 12.700 del 2023.

La possibilità che quello appena passato sia “un’anno nero è alta. Certo, questo numero così elevato può essere letto sia come una maggiore sensibilità della popolazione a sottoporsi a controlli regolari, che come una maggiore esposizione ai fattori di rischio, ad esempio ai raggi solari senza adeguata protezione o il ricorso ai lettini abbronzanti”, ha commentanto qualche tempo fa lo stesso Ascierto, che sta sperimentando anche il vaccino a mRna contro il melanoma.

Melanoma, il primo paziente italiano riceve il vaccino a mRna

Lo studio

Per sconfiggere le forme più ostiche di questo cancro della pelle, MELODY-1 coinvolgerà decine di pazienti provenienti da 18 centri tra Regno Unito, Francia, Spagna e Italia. Il primo a ricevere il nuovo trattamento è la paziente arruolata e in cura presso il Pascale, come hanno spiegato gli esperti recentemente riuniti a Napoli, in occasione del meeting annuale della Società camapana di immunoterapia oncologica (Scito), presieduta da Ascierto.

Microbiota e microbioma

Iniziamo con il fare un po’ di chiarezza. Per microbiota, come abbiamo visto, si intende la popolazione di microrganismi (batteri, funghi, protozoi e virus) che colonizza un ambiente, come ad esempio il nostro intestino, ma anche la bocca o altri organi. Per microbioma si intende invece la totalità del patrimonio genetico espresso dal microbiota.

Le potenzialità del microbiota

“Negli ultimi anni – ricorda Ascierto, che al Pascale dirige anche l’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative – è diventato sempre più chiaro che il microbiota intestinale, oltre a svolgere un ruolo cruciale nella digestione del cibo e nella protezione dalle infezioni, interagisce anche in maniera stretta con il sistema immunitario”.

Il farmaco vivente

Studi precedenti hanno portato alla scoperta in persone sane e in pazienti oncologici che rispondono all’immunoterapia, dei 9 batteri ‘buoni’. “Uniti insieme, questi hanno portato alla creazione di un nuovo prodotto bioterapeutico vivo, ribattezzato MB097, che verrà appunto testato nello studio clinico di Fase I”, continua Ascierto.

Come funziona la sperimentazione

Il mix sperimentale verrà somministrato una volta al giorno per via orale in combinazione con il pembrolizumab, un farmaco che rientra nella categoria degli “inibitori dei checkpoint immunitari”, mirati a eliminare i freni che impediscono al nostro sistema immunitario di attaccare il tumore.

Tutti i pazienti coinvolti riceveranno MB097 e pembrolizumab per un massimo di 6 mesi. Prima di iniziare la terapia, la metà sarà trattata anche con vancomicina, un antibiotico noto per ridurre la flora batterica intestinale. Questo “ci permetterà di capire se può favorire l’attecchimento e la crescita dei ceppi batterici. Alla fine dei primi 6 mesi i pazienti che trarranno beneficio dal trattamento potranno continuare a ricevere il pembrolizumab per altri 18 mesi, quindi circa 24 in totale”, precisa l’oncologo.

Gli obiettivi

Oltre a valutare la sicurezza e la tollerabilità della nuova terapia, la sperimentazione permetterà anche di misurare l’efficacia del trattamento oncologico standard, l’attecchimento dei ceppi batterici e i cambiamenti nei diversi biomarcatori immunitari.

Gli specialisti sono cautamente ottimisti, come racconta Margaret Ottaviano, dirigente medico all’Unità Melanoma Immunoterapia e Terapie innovative al Pascale: “Studi preclinici hanno dimostrato che MB097 è in grado di attivare i linfociti T citotossici e le cellule Natural Killer, i ‘soldati’ del nostro sistema immunitario, affinché siano in grado di attaccare e uccidere le cellule tumorali. Inoltre la ricerca ha indicato che i novi batteri, oltre ad attivare la risposta immunitaria, favoriscono la produzione di metaboliti che agiscono direttamente nel sito del tumore“.

“La nostra speranza – conclude Ascierto – è che l’aggiunta di una terapia di precisione mirata sul microbioma possa migliorare le chances di cura anche per i pazienti” che non rispondono alle terapie disponibili”.

C’è ancora un po’ di strada da fare, ma di fatto da Napoli arriva una nuova speranza contro quello che in Italia è il terzo tumore più frequente al di sotto dei 50 anni.

*Articolo aggiornato

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