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Diabete: il nuovo farmaco in Italia e la sfida dell’innovazione

Lilly diabete
Adyen Articolo
Velasco25

Probabilmente il diabete di tipo 2 rappresenta un “unicum” nel complesso e variegato mondo delle cronicità. Perché condivide con altre patologie (ad esempio cardiovascolare o respiratorie) problematiche sociali e sanitarie significative, dalla necessità di presa in carico globale della persona (e a volte anche del nucleo familiare) fino all’importanza di una diagnosi precoce, per giungere fino a un ottimale e mirato percorso di mantenimento dei valori glicemici ai target considerati.

Ma poi, rispetto a chi affronta altre condizioni patologiche, la persona con diabete tende ad essere maggiormente informata e a vivere con grande attenzione, anche nella sua rete sociale, il rapporto con la patologia e il bisogno di controllare il quadro. In questo senso, quindi, parole come innovazione, appropriatezza ed empowerment di chi vive con la malattia sono quasi uniche, in termini di conoscenza e competenze.

E allora? Allora la risposta è semplice, come emerso in occasione della presentazione di tirzepatide, farmaco “first in class” che potrebbe rappresentare un’importante innovazione nella gestione del diabete di tipo 2. Considerando tutti i tasselli dell’assistenza delle persone con diabete, questa condizione può diventare sempre di più una sorta di “manifesto” dell’approccio alle cronicità, attraverso un messaggio semplice quanto affascinante: “Investire in salute”. 

Cosa significa? Lo ricorda la presidente della Società Italiana di Diabetologia Raffaella Buzzetti. “Investire nella salute facilitando l’accesso all’innovazione è cruciale per le persone con diabete di tipo 2 per svariati motivi – segnala – Primo e imprescindibile motivo è che l’accesso a terapie innovative può migliorare significativamente gli esiti clinici e quindi la qualità di vita. Inoltre, può ridurre il carico clinico e sociale: Il diabete di tipo 2 è una malattia cronica con un impatto significativo sulla qualità della vita e sulla società. L’accesso a terapie innovative permette un miglior controllo della glicemia, riducendo il rischio di complicanze come malattie cardiovascolari, insufficienza renale e neuropatie. Ciò si traduce in minori ospedalizzazioni e in un miglioramento della qualità di vita per le persone con diabete di tipo 2”.

Insomma, innovazione si traduce in miglioramento degli esiti ed anche miglior gestione della patologia, magari anche favorendo l’aderenza terapeutica. Oltre che per il Servizio Sanitario “L’’innovazione terapeutica, come l’utilizzo dei farmaci più efficaci e sicuri (ad esempio, GLP-1 RA e SGLT2-inibitori e ora i doppi agonisti GLP-1 e GIP), aiutando a prevenire le complicanze a lungo termine, riduce i costi legati alle cure ospedaliere e alle disabilità correlate al diabete che rappresentano una delle principali voci di spesa per i sistemi sanitari”, riprende l’esperta. 

Attenzione però. Non bisogna mai dimenticare l’importanza di un’innovazione condivisa in un percorso di equità, indipendentemente dal reddito o dalla regione di residenza, di beneficiare delle migliori cure disponibili.

Questo è un elemento fondamentale per un sistema sanitario equo ed efficiente. E su questo aspetto l’advocacy non smette di battere. Stefano Nervo, presidente Diabete Italia rete Associativa ODV, ricorda che “in Italia l’accesso all’innovazione è regionalizzato, e questo comporta una disomogeneità e disequità tra le diverse strutture sanitarie regionali rispetto alla disponibilità in tempi rapidi dei farmaci più innovativi e a far arrivare tempestivamente questi farmaci ai pazienti”.

“Infatti, dopo che un nuovo farmaco viene approvato da Aifa, ogni Regione ha il compito di decidere come renderlo disponibile all’interno del proprio sistema sanitario regionale, causando talvolta purtroppo dei ritardi nell’accesso anche importanti – ricorda Nervo – è invece fondamentale che tutti i pazienti abbiano le stesse opportunità, indipendentemente dalla regione di residenza. Inoltre, per alcune classi di farmaci antidiabetici esiste la Nota 100, uno strumento di Aifa che ne regola la prescrizione e il rimborso, e che apre la possibilità prescrittiva anche ai medici di medicina generale. Come associazione apprezziamo molto questa ulteriore possibilità per i pazienti di essere trattati adeguatamente, ma è indubbio che questi professionisti debbano ricevere una formazione adeguata sull’utilizzo di questi farmaci, in modo da garantire al paziente che si rivolge al medico di medicina generale un trattamento adeguato e corretto con la nuova terapia”.

Perché l’innovazione diventi davvero patrimonio condiviso, quindi, occorrono l’impegno e la collaborazione di tutti gli stakeholder. E l’integrazione virtuosa e trasparente tra pubblico e privato deve essere l’ingrediente che consente la realizzazione di percorsi comuni. In questo senso anche Lilly, l’azienda che ha sviluppato tirzepatide, si trova chiamata ad assicurare il proprio impegno, in un percorso che la vede storicamente in prima linea al fianco delle persone.

L’azienda è stata la prima a mettere l‘insulina in commercio oltre un secolo fa e poi la prima insulina umana da Dna ricombinante, nel 1980. Federico Villa, Associate Vice President Governmental and Public Affairs​ di Lilly Italia, raccoglie la sfida. “Tirzepatide non solo migliora il controllo glicemico, ma supporta anche la perdita di peso, un fattore chiave nella gestione della malattia, rispondendo a un bisogno clinico ancora insoddisfatto – ricorda – Ora è fondamentale accelerare anche i processi regionali per evitare di creare differenze troppo forti a livello territoriale nell’accesso alle cure e garantire gli stessi livelli di cura a tutti i pazienti diabetici sul territorio nazionale”.

“Come azienda – sottolinea Villa – ci siamo impegnati molto per far sì che tirzepatide potesse essere disponibile per tutti i pazienti che ne avessero bisogno in ogni regione, andando anche a rispondere al problema delle carenze che ha caratterizzato questa classe di farmaci negli ultimi anni. Forti di un’alleanza che va avanti da anni, abbiamo lavorato con tutti gli stakeholder coinvolti nel percorso di cura del paziente, specialisti, medici di famiglia e farmacisti, al fine di valorizzare un percorso di cura integrato ed efficiente a beneficio del paziente, garantendo prossimità di cura e rapido accesso all’innovazione. Innovazione che a sua volta offre poi risparmi diretti e indiretti per il sistema, riducendo complicazioni e prevenendo il carico sugli ospedali e sul sistema sociale e previdenziale”.

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