Il nostro corpo, e in particolare l’intestino, dipende da un mix equilibrato di batteri per “mantenere livelli sani di zucchero nel sangue e colesterolo”, ma “bisogna nutrire i batteri”. Parola di Mehmet Oz, chirurgo cardiaco diventato conduttore televisivo diurno, ardente sostenitore di RFK Jr., ma anche dell’idrossiclorochina contro Covid-19 e ora possibile responsabile di Medicaid e Medicare per l’amministrazione Trump. Per favorire questo processo di bilanciamento intestinale, Oz (consulente globale per il marchio di integratori iHerb) ha evidenziato i benefici sia dei prebiotici che dei probiotici, anche nel suo ruolo di consulente globale per il marchio di integratori iHerb.
Integratori messi sotto il microscopio fra l’altro sul Washington Post dalla docente della facoltà di medicina di Harvard e medico Trisha Pasricha, che ha definito i probiotici “uno spreco di soldi”, raccomandando invece una dieta ricca di fibre. Quindi chi ha ragione? Ecco cosa ci dice la scienza.
Cosa sono i probiotici?
Il tratto gastrointestinale umano è colonizzato da una serie di microrganismi, tra cui batteri, virus, funghi e protozoi, spiega l’Office of Dietary Supplements del National Institutes of Health (NIH). L’attività e la composizione di questi microrganismi (noti come microbioma intestinale) possono influenzare la salute e le malattie umane.
I probiotici, secondo l’International Scientific Association for Probiotics and Prebiotics, sono “microrganismi vivi che, se somministrati in quantità adeguate”, possono giovare alla composizione del microbioma intestinale.
Sebbene siano naturalmente presenti negli alimenti fermentati, dai crauti alla curcuma fatti in casa che il dott. Oz menziona nel suo post di Instagram sui probiotici, possono anche essere aggiunti agli alimenti e sono disponibili come integratori alimentari.
“Tuttavia”, osserva il NIH, “non tutti gli alimenti e gli integratori alimentari etichettati come probiotici sul mercato hanno dimostrato benefici per la salute”. È qui che entrano in gioco una serie di opinioni diverse.
Cosa sappiamo
Come sottolinea Pasricha, negli oltre 1.000 studi clinici sugli integratori probiotici sono stati testati troppi ceppi diversi e sono stati trovati risultati variegati per affermare in modo affidabile che possono essere universalmente utili.
Una revisione del 2024 delle prove esistenti, pubblicata sulla rivista Advances in Nutrition, ha concluso che, da un lato, “ci sono prove sufficienti di efficacia e sicurezza affinché medici e consumatori prendano in considerazione l’uso di probiotici specifici per alcune indicazioni, come ad esempio per supportare la funzionalità intestinale durante l’uso di antibiotici o per ridurre il rischio di infezioni del tratto respiratorio, per alcune persone”.
Tuttavia, i ricercatori hanno concluso che “non abbiamo trovato un livello sufficientemente elevato di prove per supportare raccomandazioni incondizionate e valide per l’intera popolazione per altri endpoint preventivi che abbiamo esaminato per le persone sane. Sebbene per alcune indicazioni si suggeriscano i benefici preventivi dei probiotici, sono necessarie ulteriori ricerche”.
Esaminando il corpus di dati riguardanti l’effetto dei probiotici su sette diversi problemi di salute, i NIH riportano quanto segue:
Dermatite atopica
Nel complesso, le prove suggeriscono che l’uso di probiotici potrebbe ridurre il rischio di sviluppare dermatite atopica, ma potrebbe anche fornire solo un sollievo limitato. Gli effetti dipendono anche dal ceppo utilizzato, dal momento della somministrazione e dall’età del paziente.
Diarrea acuta pediatrica
Mentre un’ampia revisione ha rilevato che i probiotici mono e multi-ceppo hanno ridotto significativamente la durata dei sintomi, un’altra ha scoperto che non erano migliori di un placebo.
Diarrea associata ad antibiotici
Nel complesso, le prove disponibili suggeriscono che iniziare il trattamento probiotico con ceppi LGG (Lactobacillus) o Saccharomyces boulardii entro 2 giorni dalla prima dose di antibiotico aiuta a ridurre il rischio di diarrea nei pazienti tra i 18 e i 64 anni, ma non negli anziani.
Malattia infiammatoria intestinale
Nelle numerose revisioni che hanno esaminato gli effetti dei probiotici, i ricercatori sono giunti a conclusioni di questo tipo: alcuni probiotici potrebbero avere effetti modesti benefici sulla colite ulcerosa ma non sul morbo di Crohn.
Sindrome dell’intestino irritabile
Nel complesso, le prove disponibili mostrano che i probiotici potrebbero ridurre alcuni sintomi, ma sottolineano che sono necessari ulteriori studi clinici per confermare le specifiche di ceppo, dose e durata del trattamento.
Colesterolo alto
I ricercatori hanno studiato l’uso dei probiotici per migliorare i profili lipidici. E mentre, nel complesso, la ricerca suggerisce che l’uso di più ceppi probiotici potrebbe ridurre i livelli di colesterolo totale e LDL (cattivo), sono necessarie ulteriori ricerche.
Obesità
Ancora: sono necessarie ulteriori ricerche.
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