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Da Jefferson a Polk: Trump pronto a schierare l’esercito sul Canale di Panama

Canale di Panama
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Velasco25 Articolo

Donald Trump passa da Andrew Jackson a James Polk. La narrativa del tycoon newyorkese non è più quella di restituire l’America agli americani, ma di restituire all’America l’egemonia sul continente americano.

Per questo dalla Casa Bianca è arrivata la disposizione all’esercito di incrementare la presenza militare a Panama, per rivendicare il pieno possesso del Canale, le cui quote, per il 90%, sono state comprate a inizio marzo da un consorzio guidato da BlackRock alla società cinese (con base a Hong Kong) Ck Hutchinson Holdings.

A riportarlo è stata la Nbc, secondo cui Trump sarebbe pronto a tutto pur di aumentare la presenza militare statunitense nell’area. Dal soft power e quindi la via della trattativa con le autorità e l’esercito panamensi, all’hard power, uno scenario in cui Washington prenderebbe il controllo del Canale manu militari.

Il Canale di Panama, tra idealismo e realtà

I canali, nati per unire, rischiano di essere un fattore di divisione. Questo è il pensiero che aleggia nell’opinione pubblica in questi giorni

E il Canale di Panama per il continente americano è stato un progetto che ha cullato sogni e speranze a partire dal 1829, quando gli studi dell’ingegnere inglese John Lloyd, commissionati dal “libertador” Simon Bolivar, ne confermano la fattibilità.

Ma l’idealismo, prima o poi, deve cedere il testimone alla realtà. Così nel 1901 gli Stati Uniti, sotto la presidenza di “quel maledetto cowboy” di Theodore Roosevelt, che nella guerra contro il morente Impero spagnolo aveva allargato lo sguardo di Washington oltre i confini del Pacifico assicurando agli Usa la protezione su Cuba e le Filippine, ottengono dal governo colombiano, che allora controlla l’isola di Panama, l’autorizzazione per la costruzione del Canale.

Un permesso che viene ritirato nel 1903. Subito dopo gli Stati Uniti rispondono scatenando una rivolta sull’isola e minacciando il governo colombiano di un intervento militare in caso di eventuali tentativi di repressione. Panama diventa così una repubblica indipendente, gli Stati Uniti ottengono il controllo sull’omonimo istmo, un solco che taglia in due Oceano Atlantico e Pacifico, e nel 1907 iniziano i lavori di costruzione del canale, ultimati nel 1914.

Da Andrew Jackson a James Polk

Trump non ha mai fatto mistero delle sue velleità di ripristinare l’egemonia statunitense sul continente: riprendersi il Canale di Panama, annettere la Groelandia (dove nelle elezioni di questa settimana c’è stato il boom delle forze favorevoli all’indipendenza dalla Danimarca) e fare del Canada il 51° stato Usa.

Dichiarazioni che i media hanno sempre accolto con una certa ilarità ma che Trump ha ribadito a più riprese. Persino nella giornata di ieri, durante un incontro con il Segretario generale della Nato Mark Rutte. Quello che sembrava un bluff può rivelarsi un’intenzione seria e per capirlo basta alzare lo sguardo e soffermarsi sul volto che ora campeggia sulle pareti dello Studio ovale.

Nel primo mandato il tycoon newyorkese aveva sostituito il ritratto di Thomas Jefferson con quello di Andrew Jackson, settimo presidente degli Stati Uniti, ammirandone il convinto isolazionismo e la politica di decentramento territoriale in favore dei singoli stati.

Ora, secondo alcune indiscrezioni, Trump avrebbe proposto allo speaker della Camera dei rappresentanti uno scambio: il volto di Jefferson con quello di James Polk.

L’undicesimo inquilino della Casa Bianca che, dal 1845 al 1849, ha allargato il territorio degli Stati Uniti strappando al Messico il Texas, la California, l’Oregon, lo Utah, il Nevada, il Colorado e il Wyoming. “Conquistò molte terre”, questo il commento con cui Trump ha motivato la sua scelta, un commento che sembra lasciare poco spazio a eventuali dubbi.

 

 

 

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