Dopo il taglio di gennaio, il Consiglio direttivo della Bce ha deciso nuovamente di ridurre di 25 punti base i tre tassi di interesse di riferimento. I tassi di interesse sui depositi presso la banca centrale, sulle operazioni di rifinanziamento principali e sulle operazioni di rifinanziamento marginale saranno ridotti rispettivamente al 2,50%, al 2,65% e al 2,90%.
Inflazione al 2,3% nel 2025
Il processo disinflazionistico, ripete la Bce come fatto nelle ultime rinioni, è ben avviato. “L’andamento dell’inflazione ha continuato a rispecchiare pressoché le attese dei nostri esperti e le ultime proiezioni sono strettamente in linea con le prospettive di inflazione precedenti. Gli esperti indicano ora che l’inflazione complessiva si collocherebbe in media al 2,3% nel 2025, all’1,9% nel 2026 e al 2,0% nel 2027. La revisione al rialzo dell’inflazione complessiva per il 2025 riflette la più vigorosa dinamica dei prezzi dell’energia. L’inflazione al netto della componente energetica e alimentare si porterebbe in media al 2,2% nel 2025, al 2,0% nel 2026 e all’1,9% nel 2027.
Bce, basta tagli? La paure di allentamento ‘eccessivo’
La mossa della Bce, nell’ottica dell’allentamento monetario iniziato qualche mese fa, era attesa. La previsione degli analisti, già nella scorsa riunione, era di tagli almeno fino a giugno, motivati da una parte dall’inflazione in discesa e dall’altra dalle preoccupazioni per la crescita economica. Cominciano a aesserci però i primi dubbi che la politica di allentamento possa continuare a lungo. Secondo un’analisi firmata prima dell’annuncio del nuovo taglio da Martin Wolburg, Senior Economist di Generali Investments, “la discussione nei mercati e all’interno del Consiglio Direttivo (GC) si sta spostando verso il punto di arrivo di questo ciclo di allentamento. Le proiezioni aggiornate sull’inflazione probabilmente rimarranno coerenti con l’idea che l’inflazione sia sulla buona strada per raggiungere nuovamente l’obiettivo e vediamo un potenziale per una revisione al ribasso delle prospettive di crescita. Sebbene ciò supporterebbe ulteriori tagli dei tassi, vari membri del GC hanno recentemente suggerito che la direzione ai tassi chiave attuali diventa meno chiara e avvertono di un eccessivo allentamento”.
Il Consiglio direttivo che il suo obiettivo principale è il 2% di inflazione a medio termine. “Soprattutto nelle attuali condizioni caratterizzate da crescente incertezza”, dice la Bce, questo “definirà l’orientamento di politica monetaria adeguato seguendo un approccio guidato dai dati”.
Secondo Richard Flax, Cio di Moneyfarm, “la preoccupazione più pressante è il potenziale impatto dei dazi del 25% proposti dal Presidente Trump sulle importazioni dall’Unione Europea, che potrebbero innescare una contrazione economica significativa nella regione. Inoltre, i “colloqui di pace” in corso per porre fine all’invasione russa dell’Ucraina hanno implicazioni dirette sui mercati energetici, in particolare in Europa. In questo contesto di incertezza geopolitica ed economica, la BCE rimane cauta, manifestando una certa riluttanza a ricorrere a tagli più drastici nel breve termine”.
Le preoccupazioni sulla crescita
Secondo la Bce “l’economia fronteggia perduranti difficoltà e i nostri esperti hanno nuovamente corretto al ribasso le proiezioni di crescita: allo 0,9% per il 2025, all’1,2% per il 2026 e all’1,3% per il 2027. Le revisioni al ribasso per il 2025 e il 2026 riflettono la diminuzione delle esportazioni e la continua debolezza degli investimenti, in parte a seguito dell’elevata incertezza sulle politiche commerciali e su quelle economiche più in generale. L’aumento dei redditi reali e il graduale venir meno degli effetti dei rialzi passati dei tassi di interesse restano le principali determinanti alla base dell’atteso incremento della domanda nel corso del tempo”.
L’inflazione secondo la Bce
Secondo la banca centrale il processo disinflazionistico è ben avviato.
“L’inflazione ha continuato a evolvere sostanzialmente in linea con le proiezioni dei nostri esperti e dovrebbe tornare all’obiettivo del Consiglio direttivo del 2% a medio termine nel corso dell’anno. Le misure dell’inflazione di fondo suggeriscono perlopiù che si attesterà stabilmente intorno all’obiettivo”.
Per la Bce l’inflazione interna resta elevata, principalmente perché salari e prezzi in determinati settori si stanno ancora adeguando al passato incremento dell’inflazione con considerevole ritardo. La crescita delle retribuzioni si sta però moderando secondo le attese e i profitti ne stanno parzialmente attenuando l’impatto sull’inflazione.
I riflessi sui mutui
Facile.it e Mutui.it hanno stimato che, con un taglio da 25 punti base, la rata di un finanziamento variabile standard dovrebbe diminuire passando dagli attuali 650 euro a 633 euro.
L’Euribor a 3 mesi dovrebbe arrivare a 2,16% a giugno per poi scendere al di sotto del 2% entro la fine dell’anno: se queste previsioni fossero corrette, la rata del mutuo variabile standard preso in esame arriverebbe, entro dicembre 2025, a 611 euro, con un risparmio di circa 40 euro rispetto ad oggi, per poi fermarsi.
Meglio tasso fisso o variabile?
Chi è ora alle prese con la richiesta di un finanziamento meglio punti sul tasso fisso o su quello variabile? I variabili “pur continuando nella loro corsa al ribasso rimangono ancora più costosi rispetto ai fissi”. Secondo le simulazioni di Facile.it e Mutui.it, “guardando alle migliori offerte a tasso fisso disponibili online per un mutuo standard, i TAN partono dal 2,54%, con una rata pari a 568 euro. Per i variabili, invece, le migliori offerte partono da un TAN pari al 3,30%, con una rata iniziale di 617 euro”.