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La strategia di Pfizer per adattarsi all’era Trump

Pfizer farmaceutica
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Velasco25 Articolo

Non solo i colossi Big Tech, ma anche le grandi case farmaceutiche come Pfizer stanno cercando di adattarsi ai nuovi equilibri dettati dall’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca. E del suo segretario alla Sanità, Robert F. Kennedy Jr, che in passato ha espresso pareri più che controversi sui vaccini.

Già un mese fa, Fortune.com sottolineava come sia le azioni Pfizer che quelle di Merck fossero state danneggiate dall’elefante nella stanza che è Kennedy Jr, le cui convinzioni rischiano peraltro di essere dannose non soltanto agli affari (il 69% dei principali Ceo favorevoli a Trump ha detto in privato a Fortune di credere che gli istinti no-vax di RFK potrebbero rappresentare una minaccia per l’economia americana), ma anche e soprattutto alla salute pubblica.

Pfizer, che ultimamente è conosciuta e identificata come “l’azienda dei vaccini Covid” – un’etichetta che con l’arrivo di Trump potrebbe risultare però tutt’altro che vincente – si sta dunque muovendo per cambiare pagina. E spostare il focus dall’impegno sui vaccini ad un altro settore della ricerca, quello sul cancro, più in linea con le priorità di The Donald. Non a caso, poche ore fa, il Ceo del colosso farmaceutico Albert Bourla ha scritto su X di essere rincuorato nel “vedere il forte impegno del Presidente Trump e della First Lady Melania per un mondo libero dal cancro”, sottolineando come l’azienda stia portando avanti la ricerca su farmaci innovativi per sconfiggerlo. “Abbiamo 10 studi clinici in corso – ha aggiunto Bourla – con risultati recenti convincenti per i pazienti affetti da un certo tipo di cancro metastatico del colon-retto”.

E poi c’è la questione dazi. Il Ceo ha dichiarato lunedì durante una conferenza che Pfizer potrebbe spostare la produzione negli stabilimenti statunitensi, se necessario, proprio per far fronte alle politiche del presidente ed evitare così le tariffe. “Abbiamo le capacità qui negli Stati Uniti – ha rimarcato Bourla – e i siti produttivi stanno operando bene in questo momento. Se dovesse succedere qualcosa, cercheremo di mitigare il problema trasferendoci”. L’azienda conta infatti dieci siti di produzione e due centri di distribuzione negli Usa. 

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