L’AI sta impattando sulla ricerca dei nuovi farmaci e promette di essere un prezioso alleato anche per la medicina di genere. Tra il 2020 e il 2023 l’impiego dell’intelligenza artificiale è cresciuto del 400% nello sviluppo di nuove molecole, contribuendo a un tasso di successo di quelle in fase I tra l’80 e il 90% e riducendo del 40% i tempi della ricerca preclinica. Così non stupisce che gli investimenti in nuovi progetti di R&S con l’AI siano arrivati a quota 13 miliardi di euro nel mondo.
Un’accelerazione, quella del pharma, promettente anche per la medicina di genere, troppo a lungo rimasta una ‘Cenerentola’, non solo in Italia. Se ne è parlato a “La Scienza per la differenza. La via multidisciplinare alla medicina di genere”, organizzato a Roma da Farmindustria.
Già oggi sono “1.200 i farmaci in sviluppo clinico nel mondo per le donne: 95 per patologie ginecologiche, 190 per tumore all’utero, 83 per tumore alle tube di Falloppio, 558 per tumore al seno, 251 per tumore alle ovaie, 22 per condizioni legate a gravidanza e parto”, ricorda il presidente di Farmindustria Marcello Cattani, rivendicando l’impegno crescente dell’industria. “Le imprese auspicano un maggior numero di donne arruolate negli studi per ridurre il gap che oggi esiste”, ammette.
Poche donne negli studi sui nuovi farmaci
Uomini e donne non rispondono allo stesso modo alle terapia, ormai lo sappiamo. Ma anche in Italia, malgrado 9 studi clinici su 10 siano aperti sia a uomini sia a donne, in alcune aree terapeutiche la presenza femminile è significativamente inferiore.
Strategie per favorire una ricerca in rosa
Occorre fare di più. Per facilitare la partecipazione femminile “andrebbero implementati il più possibile strumenti come gli studi clinici decentralizzati, che permettono di prendere parte alle sperimentazioni restando a casa, grazie a servizi come la consegna e la somministrazione del farmaco a domicilio, il telemonitoraggio da remoto dei parametri, le televisite di controllo, che riducono gli spostamenti verso i centri”, elenca Cattani.
“Si può fare ancora tanto. A partire dalla promozione di una maggiore trasversalità e multidisciplinarietà nella formazione dei professionisti della salute, nello sviluppo delle competenze necessarie, nella ricerca scientifica e nell’uso efficace delle tecnologie digitali. Insieme si possono raggiungere traguardi incredibili”, assicura Cattani.
Secondo Enrica Giorgetti, direttore generale di Farmindustria, ’”l’evento di oggi torna al tema della prima edizione”, dieci anni fa, “per valutare i progressi soprattutto dal punto di vista della cultura scientifica e di quella che si è prodotta più generalmente nella società nei dieci anni trascorsi, che hanno portato straordinari cambiamenti nella ricerca, nella demografia e nel contesto geoeconomico e sociale”. Il Paese è cambiato, e la farmaceutica non intende restare indietro. Parliamo di un settore che vanta, su 70.000 addetti totali, un 45% di donne, che salgono al 53% nella R&S. Nel pharma il tetto di cristallo è stato rotto: il 47% di quadri e dirigenti è donna e il gender gap in pratica non esiste nella fascia 30-49 anni. Non solo: in un’Italia alle prese con la denatalità, le aziende farmaceutiche contano un numero di figli superiore del 45% rispetto alla media nazionale.