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Diversità come unicità, inclusione come integrazione

Nel corso del panel si è parlato di diversità e inclusione.
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Velasco25 Articolo

Giovedì 27 febbraio, presso l’Archivio di Stato a Roma, ho avuto l’opportunità di moderare il panel “Diversity as uniquiness – L’impresa come luogo dell’unicità e integrazione”, organizzato da Fortune Italia con il contributo incondizionato di Q8 Italia.

Negli ultimi decenni il tema che è stato definito come Dei – diversity, equity, inclusion – ha attirato una forte attenzione da parte delle aziende e vanno riconosciuti i progressi che in diversi ambiti sono stati fatti nel riconoscimento del valore di ciascuna persona e la creazione di condizioni per la sua piena espressione, attraverso il superamento di pregiudizi e limiti ingiustificati.

Al tempo stesso in questi stessi anni sono emerse anche critiche per una emergente burocratizzazione del tema e per specifiche situazioni in cui sistemi ed iniziative promossi hanno portato a risultati opposti rispetto allo scopo ed ai valori alla base di tale attenzione: tutti quei casi in cui si è andati a contraddire il merito personale e ad allontanare le persone le une dalle altre, creando parti e fazioni.

Le notizie più recenti ci parlano poi della chiusura da parte di diverse multinazionali di quelle funzioni e team “Dei”, aperti con grandi proclami non molti anni fa.

Possiamo parlare oggi di una crisi per tale impegno? In ogni caso le crisi non sono solo fonte di ripercussioni negative.

Le crisi hanno spesso alla base una domanda che ci interroga, che ci apre alla possibilità di evolvere e migliorare.

Questi i temi al centro della tavola rotonda che con Fortune Italia abbiamo animato all’Archivio di Stato, in una sala in cui ci siamo ritrovati circondati da segni di storia e di cultura.

Un importante richiamo da subito sulla dimensione su cui interrogarci: la cultura che siamo chiamati a sostenere.

In quali convinzioni di fondo possiamo ritrovarci e sulle quali rinnovare questo impegno.

I relatori della tavola rotonda

La conversazione è nata dal confronto fra:

  • Fortunato Costantino, Director of Human Resources, Legal and Corporate Affairs, Q8 Italia
  • Loredana Dall’Ora, Funzionario esperto di negoziati multilaterali per l’ambiente, DG affari europei ed internazionali e finanza sostenibile MASE
  • Francesca Fracassi, Finance Director and Board Member, Q8 Italia
  • Elvira Marasco, Co-Chair W20
  • Barbara Martini, professoressa di economia applicata e delegata del rettore alle pari opportunità ed inclusione, Università di Roma Tor Vergata

La conversazione si è articolata attraverso due giri di tavolo.

Il primo è stato dedicato ad una rilettura della Diversity secondo una lente maggiormente di “Uniqueness”: la consapevolezza che ciascuna persona è importante, ciascuno conta, a maggior ragione nell’affrontare un contesto di alta complessità e variabilità come quello che viviamo oggi.

Fortunato Costantino ha aperto la conversazione, evidenziando l’importanza di superare un approccio puramente normativo alla diversità.

“Il limite di tutti i processi di trasformazione, soprattutto quando sono fortemente regolamentati, è che rischiamo di guidare il cambiamento culturale attraverso la norma. Quando bisogna cambiare situazioni e circostanze, la compliance può aiutare, ma da sola non fa molto”, sottolineando la necessità di adottare un approccio maggiormente personalizzato e di coinvolgimento, che valorizzi la dimensione più umana.

Loredana Dall’Ora ha rappresentato alcune esperienze nate nell’impegno per l’ambiente e per lo sviluppo sostenibile: “è necessario affermare l’importanza dell’attività e dell’impegno dei singoli cittadini, sia da soli che nelle loro associazioni”, evidenziando come l’iniziativa personale sia cruciale nel contribuire a sforzi più ampi e duraturi.

Francesca Fracassi ha condiviso le sue esperienze personali, di una carriera in un ambito che ha visto storicamente la presenza quasi totale di uomini alla direzione, sottolineando l’importanza del “continuare a crederci” per poter affermare il proprio contributo distintivo.

“Ognuno di noi è unico nel suo genere, ognuno apporta le proprie competenze, un proprio modo di essere, un proprio modo di comunicare e ognuno deve riconoscere di essere unico tra persone uniche e quindi vivere con interesse e curiosità il rapporto con l’altro”, enfatizzando la necessità di un ambiente lavorativo che comprenda e valorizzi questa unicità mettendo al centro il dialogo e la comprensione reciproca.

Elvira Marasco ha espresso preoccupazioni sul futuro, ed in parte anche il presente, dei finanziamenti per le politiche di diversità.

“La possibilità che vengano tolti dei finanziamenti alle agenzie che si occupano di sostegno ai marginalizzati è un problema gravissimo che non sempre i media trattano nella sua gravità” ha commentato, invitando ad un maggiore impegno istituzionale e sottolineando anche lei il valore dell’attivismo.

Barbara Martini ha introdotto una riflessione sull’integrazione delle unicità nei contesti educativi e organizzativi offrendo una prospettiva economica sulle differenze di genere.

“L’impresa ricerca la realizzazione di profitto, quindi se le funzioni Hr lavorano efficacemente la persona è al posto giusto e quindi valorizzata. A quel punto non si pone il problema del genere, perché si parla di unità di lavoro. La questione si presenta quando entra in gioco il concetto di merito e quindi la comparazione tra individui unici. Il problema risiede nel concetto dietro a quello di merito: quello di equità inteso come avere le stesse condizioni di partenza. Perché spesso le condizioni di partenza non sono sullo stesso livello” ha osservato parlando anche di lavoro avido: un lavoro che tende a fagocitare la vita che c’è fuori e mettere in difficoltà chi intende preservarla.

In un secondo giro abbiamo raccolto i punti di vista sull’altra faccia della medaglia: il tema della inclusione, ma rinnovata attraverso uno sguardo maggiormente di “Integrazione”. Se parliamo solo di unicità rischiamo di continuare una narrazione individualista delle organizzazioni. E forse proprio i legami di reciprocità sono fra i diversi elementi che distinguono l’intelligenza umana da quella artificiale.

Fortunato Costantino ha ripreso la discussione, concentrandosi sulla necessità di una cultura organizzativa che guardi alla vita nel suo insieme, considerando il benessere e la sostenibilità delle persone come fondamenta.

“Questo è un obiettivo che le funzioni HR, non soltanto quelle private ma anche quelle pubbliche, devono avere. È un obiettivo che si deve concretizzare con l’adozione di politiche di organizzazione del lavoro socialmente sostenibile dove al centro sia la reciprocità” ha spiegato, condividendo attraverso esempi concreti come Q8 Italia abbia implementato pratiche specifiche su benessere digitale e riconoscimento del merito.

Loredana Dell’Ora ha condiviso esperienze dalle dinamiche di negoziazione internazionale, sottolineando come queste abbiano vissuto una significativa evoluzione.

Da condizioni di rapporti di forza, di dominanza, alla creazione di condizioni di maggiore equilibrio ed integrazione.

Ancora una ispirazione da tali ambiti anche per le organizzazioni. Ha illustrato come le lezioni apprese possono guidare una più efficace integrazione e collaborazione all’interno anche delle aziende.

Francesca Fracassi ha discusso l’importanza di costruire una cultura organizzativa basata sulla reale cooperazione tra le persone, evitando di ingenerare fazioni e divisioni.

“La qualità oggettiva di fare la scelta senza rendersi conto di chi hai davanti, come se uno avesse uno schermo e scegliesse per quello che sa di quella persona, allontanandosi dal genere, dal colore della pelle o altro” ha enfatizzato, sottolineando come sia essenziale creare le condizioni per una reale integrazione anche tra generazioni e tra diversi background culturali.

Su questo ha riflettuto anche Elvira Marasco che ha toccato un punto critico riguardante le pratiche di selezione e inclusione nel contesto lavorativo.

“Una cosa interessante e intelligente che alcune aziende in America e nel Regno Unito hanno iniziato a fare è stata quella di fare il primo screening dei curricula senza alcune delle informazioni sensibili”.

Rinforzando una fra le buone pratiche raccontate da Q8 Italia. Elvira Marasco ha con passione criticato la resistenza a cambiare pratiche antiquate e sottolineando l’importanza di rompere le barriere per una vera equità.

Barbara Martini ha concluso il panel enfatizzando la necessità di riconsiderare gli approcci organizzativi e di leadership.

“La quota rosa da un lato è un’imposizione, dall’altro è l’unico modo per sfondare un famoso tetto di vetro. Il processo top-down è stato troppo top-down. È ora di adottare un approccio che sia meno un’imposizione e più un coinvolgimento consapevole” , ha detto, invitando a una riflessione su come i modelli di leadership possano essere rinnovati per promuovere una partecipazione più attiva e significativa di tutti i membri dell’organizzazione.

Una conversazione che ha risuonato sul rinnovare sistemi e pratiche ritornando ai valori di fondo: fare in modo che ciascuna persona possa trovare le condizioni per esprimente il suo vero potenziale e le sue personali ambizioni, attraverso sempre il riconoscimento del merito, armonizzando le azioni istituzionali con l’iniziativa e responsabilità personale e valorizzando i legami di reciprocità.

Francesco Limone è co-founder di Humanistic Esg, società benefit e professore presso la Sole 24 ore Business School.

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