Siamo pronti alla bistecca vegetale? In un contesto socio-economico-salutistico che può condurre a scelte votate al consumo di alternative alla carne, viene da chiedersi davvero cosa ne pensano le persone in un mercato che – a fronte dell’elevato consumo globale di carni – vede una crescita lenta delle opzioni vegetali.
In base a cosa selezioniamo? Probabilmente, più che i dilemmi etici o ambientali, o ancora la percezione visiva (e gustativa), a indirizzarci nelle scelte potrebbe essere l’aspetto economico. O almeno questa è la visione che traspare da un’indagine realizzata su 2.100 clienti negli Usa, riportata su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS).
La ricerca è stata realizzata da esperti di marketing della Martin Luther University Halle-Wittenberg (MLU), della Humboldt University Berlin e della Georg August University di Göttingen. Cosa emerge? Sostanzialmente che il prezzo delle alternative alla carne è il fattore chiave per la loro accettazione, mentre la somiglianza con la versione originale non avrebbe particolare importanza. E rimane forte il piacere per le carni animali, in termini di preferenze. Lo studio è stato condotto negli Usa, va detto, dove il consumo di carne è particolarmente elevato: stando ai dati del 2023 siamo intorno a quasi 25 chilogrammi di manzo pro capite.
Studio sulla carne, la prima fase
La ricerca, estremamente composita, si è svolta in diverse fasi. Innanzitutto si è partiti da quattro diversi hamburger alternativi, accompagnati da immagini e descrizioni scritte. Si è proposto il classico hamburger di manzo, un hamburger a base vegetale che imitava la carne (analogico), un hamburger vegetariano che imitava solo l’aspetto ma non il sapore o la consistenza della carne (semi-analogico) e un hamburger di falafel (non analogico).
Come riporta una nota, il 75% circa degli intervistati ha scelto il manzo. Ma anche l’occhio vuole la sua parte, anche se in chiave non propriamente positiva. Colpisce in particolare come l’hamburger analogico si sia classificato all’ultimo posto. Non solo. Dallo studio appare come la maggior parte dei consumatori opterebbe per un’alternativa se non fosse disponibile alcun hamburger di carne. Solo un terzo rifiuterebbe del tutto di mangiare alternative a base vegetale.
Seconda parte dell’esperimento, concentrata sul fattore economico
L’indagine mostra come questo elemento sia importante: se a parità di costo finale non ci sono effetti tangibili sulle scelte delle persone, infatti, quando i sostituti della carne sono apparsi significativamente meno costosi delle loro controparti animali, i ricercatori hanno riscontrato un cambiamento evidente nel comportamento dei consumatori.
Abbassare il prezzo dell’hamburger analogico del 10%, ad esempio, ha portato a un aumento previsto del 14% nelle vendite. Se le alternative costassero circa la metà dell’hamburger di carne, il numero di persone che optano per un’alternativa a base vegetale raddoppierebbe. Questa scelta “economica” è particolarmente apprezzata dalle donne. Insomma, le alternative vegetariane o vegane potrebbero trovare più spazio se offrissero sostituti della carne a prezzi inferiori rispetto alle opzioni di carne. Non conta quindi la capacità di imitare l’aspetto, quanto piuttosto ragionare sul prezzo.
Nel frattempo, come ha recentemente ricordato Manuela Vanni nella sua tesi di laurea al Master di I livello in Comunicazione della Scienza presso l’Università di Torino, avanzano le opzioni offerte dalla carne coltivata. Magari con termini nuovi, come “risocarne”, che prende spunto da un esperimento coreano che vede cellule muscolari bovine cresciute su chicchi di riso. Siamo comunque di fronte ad una prospettiva che potrebbe rivelarsi di grande importanza in chiave di nutrizione globale del 2050, quando si prevede che la popolazione mondiale raggiungerà 9,7 miliardi di persone.
Sia chiaro: anche le parole hanno un significato. La carne coltivata è il risultato di una procedura che al momento è ammessa in tre Paesi: Singapore, Stati Uniti e Israele. L’Europa è ancora in fase preliminare. Il processo di produzione parte da cellule da un animale vivo o da carne fresca. Si procede quindi ad estrarre le staminali che vengono poi fatte sviluppare simulando il procedimento che avviene naturalmente nel corpo di un animale e se ne lavorano le fibre muscolari. Tutto questo senza dover usare contaminanti e l’uso di antibiotici, per giungere ad una sorta di “tritato” che viene poi compattato.
Nel 2023 sono state presentate le prime richieste di regolamentazione per la vendita di carne coltivata in Svizzera e nel Regno Unito e nel luglio 2024, un’azienda francese ha presentato la prima domanda di autorizzazione all’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA). Insomma, ci vuole tempo. Anche se non siamo di fronte ad una novità. Per la cronaca il primo hamburger di manzo coltivato al mondo è stato presentato a Londra nel 2013.