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L’outlook 2025 di PGIM: “Teniamo duro, cavalchiamo il toro”

Alessandro Aspesi, Country Manageri di PGIM.
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Velasco25 Articolo

Ci sono momenti in cui il Mondo e la Storia sembrano correre più veloci della nostra comprensione.

In questi momenti di incertezza, l’attitudine a investire si fa più rigida e si ammorbidisce solo quando incontra una competenza in grado di rischiarare un cammino improvvisamente più buio.

È in un contesto di cambiamento globale che PGIM Investments compie i suoi tre anni in Italia e presenta a Milano l’Outlook obbligazionario per il 2025 dal titolo particolarmente significativo: “Resistere e cavalcare il toro”.

Alla conferenza stampa hanno parlato Gregory Peters, Co-Chief Investment Officer di PGIM Fixed Income, e Alessandro Aspesi, Country manager di PGIM Investments per l’Italia, il distributore delle soluzioni di investimento proposte da PGIM: l’attività globale di gestione degli investimenti di Prudential Financial Inc., 14° gestore di investimento più grande al mondo con circa $1,4 trilioni di patrimonio in gestione e una storia di 150 anni.

Proprio con Aspesi, Fortune ha fatto un bilancio dei primi 1000 giorni italiani di PGIM Investments, cominciando con il posizionamento dell’azienda nel panorama del risparmio gestito nel nostro Paese.

“Siamo molto soddisfatti dei risultati ottenuti sul mercato italiano, dove siamo partiti da società pressoché sconosciuta con l’opportunità di crescere. Abbiamo ottenuto ottimi risultati con il segmento dei clienti istituzionali – fondi pensione, fondazioni, investitori professionali… e il prossimo passo riguarderà la possibilità di offrire i nostri prodotti e servizi anche attraverso il mondo della distribuzione, banche e promotori finanziari in primis”.

Qual è il vostro DNA unico? E quali sono i punti di forza del vostro modello di business?

Il nostro DNA unico è legato alla nostra struttura. PGIM si basa su differenti affiliate, cioè differenti società di gestione specializzate in una singola classe di attivo: riusciamo a offrire ai nostri clienti il meglio grazie all’unicità di ognuna, a seconda della classe di attivo in cui vuole investire.

Chi vuole investire nei mercati obbligazionari ha PGIM Fixed Income come punto di riferimento; chi vuole investire nei mercati azionari può contare su una società come Jennison, che offre solo strategie azionarie.

Quello che offriamo è sempre a livello di eccellenza, perché le nostre persone sono dedicate al 100% e h24 a una particolare gamma di investimento.

Come si sviluppa l’offerta delle vostre soluzioni di investimento per il mercato italiano?

Partirei dalle richieste che abbiamo ricevuto dal mercato italiano, e cioè molte domande per le nostre soluzioni olistiche nell’ambito degli investimenti obbligazionari: si cerca la capacità di investire su differenti temi e differenti tipi di emissioni obbligazionarie con un forte controllo del rischio.

Quello italiano è un mercato molto esposto alle obbligazioni e la domanda che spesso ci viene posta riguarda il da farsi in caso il mercato cambi, per questo risultano vincenti le soluzioni multisettoriali che offriamo.

Altre tipologie di clienti ci hanno chiesto invece di accedere a strategie molto specializzate negli ambiti azionari: in questo momento di grande volatilità sul mercato e di grande incertezza sul settore tecnologico (e in merito ai dazi negli Stati Uniti) è cruciale la capacità di scegliere aziende che hanno vantaggi competitivi importanti nel lungo periodo.

Cogliamo la palla al balzo per dare uno sguardo agli scenari macroeconomici: con il secondo mandato Donald Trump alla Casa Bianca, come cambiano le prospettive degli investimenti per l’Europa, e naturalmente per l’Italia?

L’arrivo di Trump è solo l’ultimo, forte cambiamento a livello politico globale. Diciamo penultimo, perché ci sono appena state le elezioni in Germania, ma prima i venti sono cambiati anche in Francia, Regno Unito, Giappone.

In tutto questo l’Europa periferica sta attraversando una fase di crescita più interessante rispetto all’Europa “core”.

È chiaro che la politica di Trump, anche in relazione alle tariffe, avrà un peso sull’economia europea, anche perché il deficit che l’America ha nei confronti dell’Europa riguarda per lo più  beni, mentre il deficit che l’Europa ha nei confronti degli Stati Uniti è nell’ambito dei servizi: potenziali tariffe su tecnologia, digitalizzazione, processi di automatizzazione, data cloud… peserebbero molto sull’Europa, rallentando il processo di resilienza in questo contesto di mercato.

Quali potrebbero essere secondo voi gli effetti concreti dei dazi sui risparmiatori europei? 

In generale, gli USA restano ancora il partner commerciale numero uno per l’Europa, quindi dazi molto selettivi potrebbero portare a una riduzione del PIL europeo dello 0.1%, mentre dazi indiscriminati, applicati a tutti i beni e servizi, potrebbero arrivare a ridurre il PIL fra lo 0.3 e l’1%, con un forte rallentamento nella crescita.

Quali potrebbero essere quindi gli effetti sui risparmiatori italiani?

Tra gli investitori azionari i più esposti sono quelli che investono su beni destinati alle esportazioni – food, lusso e manifatturiero in particolare; dall’altra parte una pressione sui prezzi delle importazioni italiane potrebbero rallentare il circolo virtuoso di riassorbimento dell’inflazione.

 In questo momento di grande incertezza geopolitica quali sono le priorità degli investitori? Come possono proteggersi?

Lasciamo da parte gli investitori istituzionali, che hanno orizzonti molto lunghi e quindi logiche di acquisto tutte loro.

Per quanto riguarda gli investitori privati italiani sono tipicamente sovraesposti al mercato obbligazionario, spesso e volentieri con percentuali consistenti di debito pubblico italiano: una priorità potrebbe essere quella di proteggere le loro posizioni con soluzioni obbligazionarie a ritorno assoluto, cioè concentrate verso l’ottenimento di una performance con una propensione al rischio molto bassa.

Va benissimo cavalcare il toro ma con la sella, possiamo dire. D’altro canto, i mercati azionari sono quelli con l’investimento più efficiente nel medio-lungo periodo ma in questo contesto di mercato vanno approcciati attraverso dei piani di accumulo: non cercare di fare gli indovini scegliendo una soluzione puntuale su un determinato tema, ma optare per una programmazione costante che permetta di mediare la volatilità del mercato.

 Quali sono gli asset su cui puntare? Obbligazionario governativo, corporate o alto rendimento?

Prendiamo sempre la situazione media dell’investitore privato.

Oggi vediamo ancora valore nell’ambito corporate, o investment grade, perché la situazione relativa ai bilanci delle aziende è ancora sana e c’è tantissima liquidità che deve essere ancora investita nel mercati: i fondi monetari negli Stati Uniti non hanno mai raggiunto i picchi di questi giorni, quindi c’è una montagna di denaro parcheggiata che piano piano verrà inserita sul mercato con un abbassamento dei tassi di interesse.

Quindi, l’ambito corporate / investment grade è quello più sano su cui cominciare a investire. Agli altri due estremi abbiamo alto rendimento e governativo che consentono di bilanciare, nel primo caso cogliendo opportunità più tattiche e, nel secondo, mitigando i rischi di mercato.

 Dedichiamo uno sguardo anche all’azionario.

Rispetto all’azionario ci sono almeno due linee. Gli investitori che non vogliono pensare al lungo periodo devono cercare di diversificare.

Gli investitori che pensano al medio-lungo periodo ma sono soggetti a volatilità devono investire in “aziende crescita”, quelle cioè che crescono più velocemente del mercato, meno indebitate, e che reinvestono i propri ricavi in processo produttivo di beni o servizi.

La tecnologia è un settore in cui si trovano molte di queste imprese, ad esempio quelle legate alla fornitura di software per l’intelligenza artificiale, quelle che disegnano i software o quelle che sviluppano le app, prima societarie e poi per i privati.

Un altro settore molto vivace è il fintech, cioè le banche legate ai processi digitali (soprattutto nei paesi emergenti), mentre si prevede una rinascita di fusioni e acquisizioni nell’ambito della Biotecnologia, con tante opportunità che si aprono in relazione agli investimenti sul trattamento di malattie sociali importanti come il diabete e il sovrappeso.

Da tenere d’occhio anche tutto il processo di digitalizzazione industriale, cioè il miglioramento dei processi produttivi attraverso l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, che ormai non è più un tema a sé stante ma un tema globale.

Vediamo meno opportunità invece per le aziende più esposte al ciclo economico e molto indebitate: questo tipo di realtà patisce molto il rallentamento dell’economia, perché il loro debito diventa un macigno.

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