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Pfas: danneggiano lo scheletro e ‘mangiano’ l’osso

osteoporosi Pfas
Adyen Articolo
Velasco25

Nuove scoperte sugli effetti per la salute umana dei composti perfluoro-alchilici, gli ormai noti Pfas, scoperti nel latte materno e nel liquido spermatico. Questi inquinanti, infatti, non solo aumentano il rischio di infarto e minacciano la fertilità, ma “danneggiano le cellule dello scheletro e riducono la densità dell’osso, con conseguente liberazione di calcio circolante”.

Parola di Carlo Foresta, endocrinologo e presidente Fondazione Foresta Onlus, che ha realizzato l’ultimo studio – frutto di un lavoro di 4 anni – insieme ai colleghi dell’Università di Padova e dall’Ospedale di Vicenza, grazie ad un finanziamento regionale dal Consorzio per la Ricerca Sanitaria (CORIS) della Regione Veneto.

Vivere nell’area rossa

Il lavoro, pubblicato su Chemosphere, ha coinvolto 1.174 adulti provenienti da un’area da decenni interessata da contaminazione delle acque potabili. I ricercatori hanno misurato i livelli di Pfas, calcio, vitamina D e paratormone nel sangue di 655 uomini e 519 donne di età compresa tra i 20 e i 69 anni dell’area rossa del Veneto, scoprendo che i soggetti con concentrazioni più elevate di questi inquinanti presentavano anche livelli di calcio aumentati. Lo studio ha coinvolto ricercatori tra Padova, Vicenza e Napoli.

 

Pfas nelle acque italiane: la mappa e i rischi per la salute

Cosa sono i Pfas

Presenti in numerosi prodotti industriali e di consumo, i Pfas sono inquinanti capaci di danneggiare l’organismo in molti modi. La contaminazione delle acque nel Veneto, iniziata diversi decenni fa, ha reso evidente come un problema localizzato possa trasformarsi in una questione di salute pubblica. Ma le dimensioni reali del problema sembrano ancora in ombra. Veniamo ora all’impatto sulle ossa.

Nei soggetti esposti anche a bassi livelli di Pfas è frequente “l’osteoporosi, una maggior fragilità dell’osso tipica dell’invecchiamento ma che si può già manifestare in giovane età – spiega Foresta – laddove si sia esposti anche a basse concentrazioni di queste sostanze”.

I Pfas impattano sul recettore della vitamina D, che favorisce la calcificazione dell’osso e l’assorbimento intestinale del calcio dalla dieta, nonché un deposito di queste sostanze nell’idrossiapatite, cruciale per la densità ossea. “Un aumento del calcio circolante può essere dovuto a un aumentato assorbimento intestinale mediato dalla vitamina D, a un aumento del paratormone, oppure a un maggior rilascio di calcio dai siti di deposito. E il più grande deposito di calcio del corpo umano è proprio lo scheletro – puntualizza il professor Andrea Di Nisio, primo autore dello studio – Poiché nel nostro studio vitamina D e paratormone non sono modificati, i nostri risultati dimostrano che l’aumento di calcio, anche se ancora entro il range di normalità, può essere segno di un’interferenza dei Pfas a livello dell’osso, dove si accumulano in abbondanza”.

Il pericolo invisibile

Un’esposizione prolungata a PFAS, anche se invisibile, può “avere ripercussioni sulla salute a lungo termine”, conclude il professor Foresta. Anche perchè alti livelli di esposizione ai Pfas possono interferire con il metabolismo del calcio indipendentemente dallo stile di vita e dai fattori dietetici.

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