PGIM_970x250_HEADER

Big Tech licenzia: utili da capogiro ma l’AI taglia posti di lavoro

Punto vendita della big tech Dell a Taiwan.
PGIM_970x250_ARTICOLO
Velasco25 Articolo

Dell ha appena aperto la strada tagliando 18.500 posizioni. Intel e Amazon 15mila posti ciascuno. Solo nel 2024 oltre 157mila licenziamenti, più della metà da aziende statunitensi. Altri 26mila tagli solo a gennaio 2025.

Cifre che riflettono una tendenza al ridimensionamento in tutto il settore delle big tech, guidata da misure di riduzione dei costi e da una rivalutazione delle priorità. L’implementazione su larga scala di strumenti di intelligenza artificiale sta rimodellando le strutture aziendali, portando all’eliminazione di interi team. La crisi della forza lavoro è diventata la norma.

D’altronde c’è un’enorme differenza nel mercato del lavoro e nelle strategie aziendali rispetto a venti o dieci anni fa, con molte delle posizioni che ora sono temporanee, simili a lavori occasionali. E man mano che le aziende passano a nuove tecnologie alcuni lavori diventano ridondanti.

Peccato che il 2023 e il 2024 siano stati estremamente redditizi. Dell ha visto crescere i suoi ricavi su base annua per tre trimestri consecutivi, con un aumento del 9,51% a novembre 2024. Il suo utile lordo, tuttavia, si è ridotto tra il 2023 e il 2024 di oltre 1,8 miliardi di dollari.

Amazon ha avuto buone prestazioni su tutti i fronti: le vendite nette sono cresciute dell’11% a 158,9 miliardi di dollari nel terzo trimestre del 2024, l’utile operativo è aumentato del 55,6% a 17,4 miliardi di dollari e l’utile netto è cresciuto del 55,2% a 15,3 miliardi di dollari (1,43 dollari per azione diluita, in aumento del 52,1%). Quindi, perché le aziende tecnologiche licenziano persone quando dovrebbero assumere?

Le big tech sono “fabbriche di abilità e servizi“, che spaziano dai prodotti software per le aziende e privati (Oracle e Microsoft) all’intrattenimento (Netflix), dall’Internet retail basato sul commercio elettronico (Amazon, eBay ed Expedia) ai servizi Internet (Alphabet e Meta).

Eppure tagliano sempre più forza lavoro. Macinano utili da capogiro, riducono gli occupati.

Presentano ingenti flussi di cassa che alimentano molti investimenti finanziari, come liquidità e buy-back, ma quelli fisici sono da sempre limitati e inferiori alle aziende manifatturiere e questo è il principale teorema di chi accusa l’economia digitale di aver accentuato ulteriormente le disuguaglianze.

Senza contare che sfruttano sistemi di triangolazione fiscale tra i Paesi in modo da pagare meno tasse.Proprio nel momento in cui gli Stati Uniti hanno deciso di sacrificare la Global Minimum tax che imponeva un’aliquota fissa del 15% per i profitti delle multinazionali nei vari Paesi.

La competizione fiscale, che attrae capitali, non sempre in forma trasparente, sarebbe un fattore di crescita e di creazione di reddito e di occupazione. Ma sta avvenendo esattamente il contrario.

Un dilemma esistenziale. Anche perché l’erosione dei sistemi fiscali, che a sua volta erode lo Stato sociale, distrugge le democrazie rappresentative.

Se esistono società che sfuggono del tutto a qualsiasi forma impositiva degli Stati e hanno fatturati superiori al loro prodotto lordo, non è remoto il rischio che l’erosione finisca per minare le basi dei sistemi democratici. Le prime si fanno Stato. I secondi perdono la loro essenza.

PGIM_300x600_ARTICOLO side
PS25 Box

Leggi anche

Ultima ora

Iscriviti alla nostra Newsletter

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.