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Sogni: perché c’è chi li ricorda perfettamente (e chi no)

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Adyen Articolo
Velasco25

La notte per qualcuno può essere molto impegnativa, e non per colpa della mancanza di sonno. Vi capita mai di ricordare vividamente i sogni e le avventure vissute dormendo, con buona pace di chi fatica a rievocare anche solo un singolo dettaglio? Se per Sigmund Freud sono il modo in cui l’inconscio comunica con noi, bisogna dire che l‘abilità nel rievocarli è molto diversa fra le persone. A cercare di svelare le ragioni di queste differenze è ora uno studio italiano firmato dai ricercatori della IMT Scuola Alti Studi di Lucca su ‘Communications Psychology’.

Sogni: ecco perchè sono preziosi per il cervello

Il mistero dei narratori di sogni

Alcuni studi precedenti sostengono che le donne, i giovani ma anche le persone con una tendenza a sognare a occhi aperti, tendono a ricordare meglio i sogni notturni. Altri lavori, però, non hanno confermato queste affermazioni. Anche le ipotesi secondo cui tratti della personalità o capacità cognitive giochino un qualche ruolo non sono state supportate dalle ricerche.

Effetto Covid

Durante la recente pandemia di Covid-19, inoltre, è stato segnalato un brusco aumento del ricordo dei sogni. Per saperne di più la ricerca italiana, realizzata in collaborazione con l’Università di Camerino, ha coinvolto dal 2020 al 2024 oltre 200 partecipanti tra 18 e 70 anni. Tutti hanno registrato quotidianamente i loro sogni per 15 giorni, mentre i dati sul sonno e l’attività cognitiva veniva monitorata tramite dispositivi indossabili e test psicometrici. A ogni partecipante allo studio è stato dato un registratore vocale per riferire, ogni giorno subito dopo il risveglio, le esperienze avute durante il sonno.

Inoltre per tutta la durata della ricerca i partecipanti hanno indossato un actigrafo: un orologio da polso per il monitoraggio del sonno che ne rileva la durata, l’efficienza e gli eventuali disturbi. All’inizio e alla fine del periodo di registrazione dei sogni, i partecipanti sono stati sottoposti a test psicologici e questionari su aspetti come i livelli di ansia, l’interesse per i sogni, la propensione a divagare con la mente, la capacità di memoria e di attenzione selettiva.

Il vantaggio di chi sogna a occhi aperti

Risultato? La probabilità di svegliarsi al mattino con impressioni e ricordi di un’esperienza onirica è influenzata da diversi fattori. Lo studio mostra che le persone con un atteggiamento positivo verso i sogni e una tendenza a divagare con la mente avevano più probabilità di ricordarli.

I sogni bianchi

Anche chi sperimenta periodi più lunghi di sonno leggero ha una maggiore probabilità di svegliarsi con un ricordo preciso delle ‘avventure oniriche’. Proprio come i più giovani, mentre i più anziani hanno spesso sperimentato “sogni bianchi” (la sensazione di aver sognato senza ricordare però alcun dettaglio).

Nel bel mezzo di un gelido inverno

Non solo: la ricerca mette in luce interessanti variazioni stagionali, con i partecipanti che hanno segnalato di ricordare i sogni meno spesso in inverno che in primavera. Insomma, “i nostri risultati suggeriscono che il ricordo dei sogni non è solo una questione di fortuna, ma un riflesso di come interagiscono atteggiamenti personali, tratti cognitivi e dinamiche del sonno”, spiega l’autore principale del lavoro Giulio Bernardi, professore di psicologia generale presso la IMT. Elementi che “hanno anche implicazioni sull’esplorazione del ruolo dei sogni nella salute mentale e nello studio della coscienza umana”, conclude lo specialista.

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