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Trump sanziona l’Aia per i mandati contro Netanyahu e Gallant

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Velasco25 Articolo

Mentre in Italia continuano le polemiche sul rilascio da parte del Governo di Nijeem Osama Elmasry (meglio conosciuto con il nome di Al-Masri), generale libico e spietato torturatore di migranti con un mandato di cattura da parte della Corte penale internazionale che ora punta il dito sul nostro paese, negli Stati Uniti è Donald Trump ad alzare la voce contro la Cpi.

Il presidente degli Stati Uniti, recentemente, ha firmato un ordine esecutivo che sanziona il Tribunale dell’Aia per i mandati di arresto comminati contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e contro l’ex ministro della difesa Yoav Gallant, accusati di crimini di guerra e crimini contro l’umanità per le iniziative intraprese nei confronti dei civili palestinesi a Gaza dopo il terribile attacco di Hamas a Israele avvenuto il 7 ottobre 2023.

L’ordine è stato firmato in occasione della visita di Netanyahu a Washington. Questo martedì i due leader hanno avuto un colloquio e nella giornata di  ieri il premier israeliano ha incontrato i legislatori statunitensi nella sede del Congresso, a Capitol Hill.

“La Corte penale internazionale non ha giurisdizione sugli Stati Uniti“, si legge nell’ordine esecutivo sottolineando che né gli Stati Uniti né Israele riconoscono il Tribunale dell’Aia. Il documento, inoltre, accusa la Cpi di aver creato un “pericoloso precedente” con le sue azioni. “La Corte penale internazionale ha intrapreso azioni illegittime contro gli Stati Uniti e il nostro stretto alleato Israele” prosegue l’ordine esecutivo, che ritiene i provvedimenti contro Netanyahu e Gallant “privi di fondamento“. Si parla, inoltre, di “conseguenze tangibili e significative” contro i responsabili delle “trasgressioni” della Cpi. Queste, nei fatti, possono concretizzarsi attraverso il blocco di beni o proprietà o con il divieto d’ingresso negli Stati Uniti per i funzionari dell’Aia, per i loro dipendenti e per i loro parenti.

La reazione degli attivisti

Immediate le reazioni degli attivisti per i diritti umani che hanno definito “raggelante” l’effetto che questo provvedimento potrebbe avere sulla Corte.

“Le vittime di abusi dei diritti umani in tutto il mondo si rivolgono alla Corte penale internazionale quando non hanno altro posto dove andare, e l’ordine esecutivo del presidente Trump renderà più difficile per loro trovare giustizia”, ha affermato Charlie Hogle, avvocato del progetto sulla sicurezza nazionale dell’American Civil Liberties Union. Ha poi continuato: “L’ordine solleva anche serie preoccupazioni per il Primo Emendamento, perché mette le persone negli Stati Uniti a rischio di dure sanzioni per aver aiutato il tribunale a identificare e indagare su atrocità commesse ovunque, da chiunque” e ha concluso definendo l’ordine esecutivo come “un attacco sia alla responsabilità che alla libertà di parola”.

La difficile relazione tra Washington e l’Aia

Nonostante questo appaia come un provvedimento senza precedenti, occorre ricordare che né gli Stati Uniti né Israele sono membri della Corte penale internazionale e che, negli anni passati, si è già assistito ad altri episodi di attrito tra Washington e l’Aia.

Una legge approvata nel 2002, il secondo anno dell’era Bush (uno dei più implacabili avversari di Trump all’interno dell’establishment repubblicano), autorizza il Pentagono a liberare qualsiasi americano o alleato degli Stati Uniti detenuto per conto della Cpi. Nel 2020 il presidente Donald Trump ha sanzionato Fatou Bensuda, predecessore dell’attuale procuratore capo Karim Khan, per aver aperto un’inchiesta su tutti gli attori coinvolti nella guerra in Afghanistan, tra cui gli Stati Uniti. Le sanzioni sono state revocate durante la presidenza di Joe Biden e sotto la guida dell’ex senatore de Delaware e ex vicepresidente di Barack Obama, è iniziata una tiepida collaborazione con il tribunale, soprattutto dopo che nel 2023 Khan ha spiccato un mandato internazionale di arresto per il presidente russo Vladimir Putin, accusato di crimini di guerra in Ucraina.

Questa iniziativa intrapresa dal tycoon newyorkese, da poco reinsediatosi alla Casa Bianca per il suo secondo mandato, torna a inasprire i rapporti tra le due istituzioni.

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