Tra polveri sottili, bioassido di carbonio e altre particelle inquinanti in alcune città della Penisola l’aria è decisamente più pesante. Un problema ‘cronico’ per la Pianura Padana, che però ‘contagia’ anche altre zone, per così dire insospettabili. Scorrendo la lista dei quattro centri urbani con i dati peggiori sul fronte dell’inquinamento secondo Legambiente, a sorprendere (di nuovo) è il primo posto: per la seconda volta Frosinone precede Milano, Verona e Vicenza.
Inquinamento: con Pm10 più rischi di Parkinson, la ricerca italiana
Il bilancio 2024 del report Mal’Aria sull’inquinamento atmosferico nei capoluoghi di provincia accende i riflettori sul Nord del Paese: 50 centraline in 25 città su 98 hanno superato i limiti giornalieri di Pm10. “L’inquinamento atmosferico rappresenta una delle sfide sanitarie più urgenti del nostro tempo”, commenta a Fortune Italia Alessandro Miani, presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima) e docente di Prevenzione ambientale all’Università degli Studi di Milano.
“I dati del rapporto Mal’Aria di Legambiente raccontano una realtà allarmante: nel 2024, ben 25 capoluoghi di provincia italiani hanno superato i limiti di legge per il PM10, con città come Frosinone (70 giorni di sforamento), Milano (68) e Verona (66) in cima alla lista nera. E se oggi alcuni centri urbani riescono ancora a rimanere nei limiti normativi, il quadro peggiorerà con i nuovi standard previsti per il 2030. Le stime sono chiare: 70 delle 98 città analizzate non rispetteranno il nuovo tetto per il PM10, fissato a 20 µg/m³. Ma soprattutto dietro queste cifre si nasconde un impatto concreto e drammatico sulla salute umana”, aggiunge Miani.
I nuovi target europei
In effetti, con i nuovi limiti previsti per il 2030, stando a Legambiente sarebbero fuorilegge il 71% delle città per il PM10 e il 45% per l’NO2. “Con soli cinque anni davanti a noi per adeguarci ai nuovi limiti europei al 2030, dobbiamo accelerare drasticamente il passo”, ha detto Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente.
Inquinamento in città: la lista
Ma vediamo prima più in dettaglio la classifica sullo smog nelle nostre città: dopo le prime quattro troviamo Padova, dove la centralina Arcella ha registrato 61 sforamenti e Mandria 52, mentre a Venezia via Beccaria ha toccato quota 61. Nel capoluogo veneto altre quattro centraline hanno superato i limiti: via Tagliamento con 54 giorni, Parco Bissuola con 42, Rio Novo con 40 e Sacca Fisola con 36. Non si sono salvate neanche le città di Cremona, Napoli, Rovigo, Brescia, Torino, Monza, Modena, Mantova, Lodi, Pavia, Catania, Bergamo, Piacenza, Rimini, Terni, Ferrara, Asti e Ravenna.
Ma nel 2030…
Allargando lo sguardo al 2030, tra le città più indietro sul PM10 si segnalano Verona, Cremona, Padova e Catania, Milano, Vicenza, Rovigo e Palermo. Per il biossido di azoto (NO2) oggi, il 45% dei capoluoghi (44 città su 98) non rispetta i nuovi valori di 20 µg/m³. Le situazioni più critiche si registrano a Napoli, Palermo, Milano e Como, dove è necessaria una riduzione compresa tra il 40% e il 50%.
L’impatto sulla salute
Non parliamo di un rischio teorico: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità “l’inquinamento atmosferico è responsabile di oltre 7 milioni di morti premature all’anno. Le sostanze nocive sospese nell’aria – ricorda Miani – penetrano nel nostro organismo, scatenando malattie cardiovascolari, problemi respiratori cronici e aumentando il rischio di cancro ai polmoni. L’Agenzia Europea dell’Ambiente ha stimato che solo in Italia, nel 2021, 11.300 persone siano morte a causa dell’esposizione eccessiva al biossido di azoto”.
Il cuore e i polmoni sono gli organi più colpiti
Respirare veleni uccide. “L’80% dei decessi prematuri correlati all’inquinamento è legato a malattie cardiache e ictus – continua il presidente Sima – Particolato fine e ossidi di azoto scatenano infiammazioni sistemiche, aumentando il rischio di infarti e problemi circolatori. Nel frattempo, i polmoni subiscono un deterioramento progressivo, con un’incidenza crescente di asma, bronchiti croniche e riduzione della funzione respiratoria. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato il particolato fine come cancerogeno, confermando il legame tra l’esposizione prolungata al PM2.5 e un aumento del rischio di tumore ai polmoni”.
Inquinamento e cervello
Ma non finisce qui. “Negli ultimi anni, studi scientifici hanno rivelato una connessione inquietante tra inquinamento atmosferico e malattie neurodegenerative. Le particelle ultrafini presenti nell’aria riescono ad attraversare la barriera emato-encefalica, raggiungendo il cervello e contribuendo a processi infiammatori e degenerativi. Diverse ricerche indicano che vivere in aree altamente inquinate può aumentare il rischio di sviluppare patologie come Alzheimer e Parkinson. Uno studio pubblicato su Neurology ha evidenziato una correlazione tra l’esposizione prolungata a PM2.5 e un incremento delle placche amiloidi nel cervello, segnale distintivo dell’Alzheimer”, evidenzia lo studioso.
Insomma, “l’inquinamento atmosferico non è solo un problema ambientale, ma un’emergenza sanitaria che tocca milioni di persone ogni giorno, riducendo la qualità della vita e mettendo a rischio il nostro futuro. Ignorare questi dati significa accettare che il respiro stesso diventi un fattore di rischio, un lusso che sempre meno persone possono permettersi”, conclude Miani.
Microplastiche nelle arterie, come l’inquinamento colpisce al cuore