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Giuseppina Falcucci (Lottomatica): “Non delegare la generatività alle macchine”

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Velasco25 Articolo

In questa nuova conversazione di The Human Factor – la rubrica di people strategy di Digit’Ed a cura di Francesco Limone che, attraverso conversazioni con esperti e leader di settore, esplora scenari, trend e best practice per affrontare le sfide del cambiamento- ci confrontiamo con le riflessioni di Giuseppina Falcucci.

Grandi dimissioni, dimissioni silenziose e il più recente fenomeno del job hopping. Sono tempi di crisi per il rapporto fra le persone ed il lavoro. Come questo interroga la leadership in azienda?

La situazione attuale richiede un’evoluzione significativa della leadership aziendale, orientata a una dimensione di cura e attenzione verso le persone. Il rapporto tra manager e collaboratori si è profondamente trasformato, ma ciò che è cambiato in modo ancora più rilevante sono le aspettative delle persone nei confronti dei propri leader. Un tempo, l’obiettivo principale del management era garantire il buon funzionamento dei processi aziendali. I dipendenti si limitavano a svolgere i compiti assegnati, in cambio di uno stipendio, rispettando scadenze e obiettivi. Era un sistema più lineare e meno complesso dove il successo organizzativo dipendeva principalmente dall’efficienza e dalla puntualità. Oggi, le aspettative sono molto più complesse e articolate. Le persone non vogliono più essere semplicemente ‘gestite’; desiderano essere ascoltate, comprese e supportate. Questo implica un impegno più profondo, sia a livello individuale che collettivo, e rende il ruolo della leadership molto più sfidante. La figura del leader non è più concepita come puramente direttiva, ma riguarda la capacità di comprendere, motivare e costruire relazioni solide e genuine con i propri collaboratori. Un leader moderno deve investire tempo di qualità con le proprie risorse, ma è fondamentale che questo investimento sia autentico. Le persone sono in grado di percepire immediatamente se il dialogo è sincero o solo una formalità.

Un leader moderno non può limitarsi a gestire i task: deve essere una guida capace di ispirare, motivare e guidare le persone, aiutandole a sviluppare una mentalità positiva.

Oggi, un capo che desidera coltivare un rapporto solido con i propri collaboratori deve prima di tutto essere credibile, nonché in grado di ispirare un senso di protezione e sicurezza, creando un ambiente in cui le persone possano esprimersi liberamente e affrontare le sfide con maggiore coraggio. Questo approccio è fondamentale nelle organizzazioni, per lo sviluppo di una cultura aziendale basata sulla fiducia reciproca e sull’impegno condiviso.

Si va verso un contesto dove l’AI sarà sempre più pervasiva nelle nostre organizzazioni. Come lo state leggendo nel vostro ruolo?

In questo scenario, occuparsi di persone implica affrontare nuove sfide, ma anche cogliere importanti opportunità. È fondamentale mantenere un approccio critico per evitare di subire passivamente questa trasformazione. Con il rapido progresso tecnologico a cui assistiamo oggi e l’introduzione di strumenti sempre più avanzati, il vero rischio non è che la tecnologia prenda il sopravvento, come spesso ci raccontano certi film: piuttosto noi, come esseri umani, rischiamo di perdere la nostra capacità critica, che finisce per atrofizzarsi. L’essere umano tende per natura a optare per soluzioni comode: se un sistema ci offre una scorciatoia, siamo spesso inclini a prenderla. Questo può portarci a lasciare che la nostra mente si ‘impigrisca’, ma non è un processo inevitabile; è una scelta che facciamo, spesso inconsapevolmente. Sta a noi valutare se gli strumenti che utilizziamo siano davvero utili, corretti e in linea con ciò in cui crediamo. Il rischio, infatti, è che, per abitudine o pigrizia, accettiamo tutto passivamente, perdendo la nostra capacità generativa, che è uno dei valori più importanti che possediamo.

L’AI occuperà solo lo spazio che decidiamo di darle. Come è accaduto con la meccanizzazione, il suo valore principale è nel supporto a compiti ripetitivi e massivi. Tuttavia, se iniziamo a delegare anche gli aspetti più creativi senza mantenere un controllo critico, rischiamo di svuotare di significato quella che è la nostra vera unicità: la capacità di pensare, confrontarci e creare insieme.

Occuparsi di persone in questo contesto significa formarle e supportarle affinché restino protagoniste, non pigre spettatrici di ciò che accade. Dobbiamo coltivare un equilibrio tra l’uso dell’AI per migliorare l’efficienza e la preservazione della nostra capacità creativa e critica. Solo così potremo sfruttare al massimo il potenziale della tecnologia, senza perdere di vista ciò che ci rende umani.

Di fronte a queste sfide, quale evoluzione per il ruolo della cosiddetta funzione HR?

In questo contesto, il mondo HR si pone come un ponte tra diverse realtà: le aspettative dei giovani, le richieste dei manager di ottenere risultati e la necessità di garantire efficacia ed efficienza nei processi. Il ruolo HR diventa sempre più quello di tradurre queste esigenze in azioni concrete, applicabili in un contesto aziendale in rapida trasformazione. Il valore principale risiede nella capacità di cogliere i fenomeni esterni con maggiore rapidità rispetto ad altre aree aziendali. Anticipare i cambiamenti è essenziale: senza questa capacità, si rischia di non riuscire a trattenere i talenti e di perdere di vista i bisogni delle persone a tutti i livelli dell’organizzazione.
È fondamentale sviluppare una sensibilità nell’osservare e comprendere i fenomeni da due prospettive che devono essere integrate: quella individuale e quella collettiva. Con la consapevolezza che la nostra conoscenza non sarà mai completa, ma può tendere verso una comprensione più profonda. Oggi il ruolo dell’HR è decisamente più complesso e rilevante. In passato, infatti, noi professionisti delle risorse umane eravamo spesso relegati a un ruolo più nascosto, anche per scelta. Tuttavia, la pandemia ha spinto questa funzione al centro delle organizzazioni, offrendoci un’opportunità unica. Ora sta a noi prepararci, studiare e avere il coraggio di esprimere le nostre opinioni, anche quando ci interfacciamo con ruoli apicali per i quali la percezione e la comprensione di queste dinamiche può essere meno immediata. È necessario sviluppare una capacità comunicativa che ci permetta di coinvolgerli, portandoli a comprendere l’importanza di certe questioni. I cambiamenti aziendali, pur coinvolgendo il management, devono partire da una funzione con una visione trasformativa e orientata al futuro. Senza questa guida, le aziende rischiano di rimanere statiche o, peggio, di implodere di fronte a processi ormai obsoleti. Il business non può reggersi da solo, e i processi non avanzano senza l’elemento umano. Le persone fanno sempre
la differenza nelle organizzazioni.

 

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