Il 24 febbraio di tre anni fa il tonfo sordo delle prime cannonate russe nel Donbass non lo dimenticherò mai.
Oggi il conflitto nel cuore dell’Europa potrebbe venire congelato con l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca. E una robusta forza di caschi non solo europei sul campo, che separino i contendenti creando un’ampia zona cuscinetto. Una soluzione simile al 38esimo parallelo, non di ‘pace giusta’, ma che vedrebbe guadagnarci in prospettiva l’Ucraina, come la Corea del Sud rispetto alla dittatura di Ciccio bomba al Nord. Il nuovo Zar, Vladimir Putin, sventolerebbe una ‘vittoria’ di Pirro su una montagna di morti e feriti. Il 20% del territorio ucraino se gli va bene, dopo avere perso, con le buone o le cattive, il 50% dei territori occupati nel primo mese di invasione. Kiev avrebbe la strada spianata verso l’Unione europea favorita dal volano economico della ricostruzione. E un domani tutto può tornare in discussione se firmi una tregua e non una pace definitiva. La Terza guerra mondiale a pezzi, evocata anni fa da Papa Francesco, però, non evaporerà con un cessate il fuoco dopo tre anni di guerra in Ucraina.
Nel Vicino Oriente si arriverà, prima o dopo, a fermare il terribile conflitto a Gaza, ma si sta delineando un nuovo ordine regionale, che avrà ancora bisogno di cruenti scossoni per assestarsi facendo tacere le armi. La repentina caduta della dinastia Assad in Siria è un colpo durissimo per Hezbollah in Libano, già indebolito dall’attacco israeliano e l’Iran degli ayatollah, che ha visto spezzarsi la via giugulare del corridoio strategico da Teheran al Mediterraneo. L’incognita dell’illuminazione sulla via di Damasco del nuovo conquistatore Ahmed al-Sharaa/al Joulani, che si presenta come talebuono, pesa sul futuro del Paese. Il rischio è che non regga alla prova dei fatti e dei jihadisti duri e puri con il risultato di avere scoperchiato un vaso di Pandora, che l’Occidente pagherà per decenni.
L’obiettivo finale del ‘nuovo ordine’ in Medio Oriente è il regime iraniano, che non può cadere a colpi di bombe, ma solo dall’interno (con un aiutone esterno), come è successo allo Shah nel 1979. I Pasdaran lo sanno bene e puntano a far rivedere all’anziano leader supremo, Alì Khamenei, la politica nucleare arrivando alla bomba.
L’ultimo tassello della Terza guerra mondiale a pezzi è lontanissimo da noi, in Estremo Oriente, ma vicino per gli inevitabili riflessi economici e geopolitici. La vera sfida della presidenza Trump sarà il braccio di ferro con la Cina, non solo a livello di dazi commerciali. Xi Jinping, il nuovo Mao, vuole passare alla storia riprendendosi Taiwan. Da buon mandarino comunista giocherà con abilità su tempi e modi. Non sarà un conflitto classico, solo convenzionale oppure ibrido, ma uno scontro a tutto campo mai visto prima, che forse esploderà nei prossimi anni. Alla fine, però, deciderà se l’asse geopolitico mondiale, già in crisi, graviterà ancora, oppure no, ad Occidente, nel mondo libero.