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Il futuro dell’Europa passa (anche) dalle banche

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Velasco25 Articolo

Le banche svolgono un ruolo fondamentale: prestano i soldi a chi ne ha bisogno e finanziano la crescita delle imprese. Consentono alle famiglie di comprare casa e alle aziende di investire nei processi di sviluppo. L’economia cresce se c’è disponibilità di capitali da investire nelle trasformazioni in atto in campo ambientale, digitale, strategico e militare.

Il sistema bancario italiano, noto per la sua solidità, affronta oggi nuove sfide che vanno ben oltre gli angusti confini nazionali. Non soltanto per l’intraprendenza del Ceo romano di Unicredit, Andrea Orcel, o per la reattività del ‘terzo polo’ con un ruolo da protagonista per Banco Bpm, guidato da Giuseppe Castagna. La questione bancaria, oggi, s’impone per la sua dimensione continentale. All’Europa servono infatti campioni europei in grado di competere con le grandi banche internazionali. Ciò non significa rinunciare alla rete di piccole e medie imprese finanziarie, legate ai territori e alle identità locali, e tuttavia la sfida per l’Europa passa per uno ‘scale up’ dimensionale, su questo c’è ampia convergenza.

La vera domanda è: come raggiungere tale obiettivo? L’unione bancaria europea ha compiuto dieci anni ma, in un certo senso, è già vecchia, essendo venute meno le crisi bancarie e le relative urgenze che avevano portato, a metà 2013, all’adozione dei regolamenti sui requisiti europei di capitale e sulla vigilanza Bce. Il sistema bancario non è mai diventato davvero ‘europeo’, a dispetto delle istituzioni create per gestirlo come tale. Non ci sono soltanto le ‘gelosie’ nazionali, con i governi ostili alle acquisizioni da parte di soggetti esteri (si pensi al caso Commerzbank e all’opposizione dell’esecutivo dell’ex cancelliere Olaf Scholz), ma esistono anche limiti strutturali su cui l’Ue è chiamata a intervenire.

L’ex premier Mario Draghi, nel suo rapporto sul futuro della competitività europea, ha indicato alcune linee guida per favorire la creazione di soggetti bancari europei in grado, strutturalmente e dimensionalmente, di competere ad armi pari con i colossi americani. Tra le proposte dell’ex presidente della Bce, la più dirompente prevede la trasformazione della European securities and markets authority in una nuova ‘Commissione’, vale a dire un’autorità dotata sia di poteri regolamentari sia di vigilanza diretta sugli emittenti transnazionali, sui mercati più rilevanti e sulle controparti centrali. Il rapporto auspica anche il completamento dell’unione bancaria guardando non soltanto al problema dell’istituzione di un sistema centralizzato di protezione dei depositanti ma anche alla gestione delle crisi, suggerendo una revisione dell’attuale normativa al fine di assicurare che i gruppi transfrontalieri in crisi siano risolti a livello comunitario (e non a spese dei bilanci nazionali).

C’è poi l’urgenza di eliminare gli ostacoli di natura fiscale agli investimenti transfrontalieri interni all’Unione e di centralizzare maggiormente i processi di liquidazione e regolamento degli investimenti. Vaste programme, direbbe qualcuno, ma da qualche parte bisognerà pure iniziare per non ritrovarsi, tra dieci anni, a prendere atto dell’ennesimo gap ormai incolmabile.

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