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Cosa ne pensa Wall Street delle minacce di Trump sui dazi

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Velasco25 Articolo

Il presidente Donald Trump potrebbe aver eroso la fiducia dei suoi partner commerciali in seguito alla riduzione dei dazi, avverte UBS, mentre la minaccia di tali politiche getta ancora un’ombra sui mercati. I fondamentali dell’economia sembrano buoni, aggiunge il professor Jeremy Siegel, e lo Studio Ovale deve fare attenzione a non deludere gli elettori con le promesse di prezzi stabili. Trump ha mostrato le sue carte: i dazi sono una minaccia che è disposto a fare e a ritirare, purché ottenga parte di ciò che vuole.

Se da un lato questa tattica potrebbe rivelarsi un costoso gioco per l’economia statunitense, dall’altro significa che Wall Street è convinta che una parte significativa della retorica che esce dallo Studio Ovale sarà, nel migliore dei casi, di breve durata. Ricapitolando, nel fine settimana il presidente Trump ha confermato l’imposizione di una tariffa del 25% sulle importazioni provenienti da Messico e Canada. Anche la Cina dovrà affrontare un dazio del 10% sulle sue merci. Poi, il 3 febbraio, i dazi su Messico e Canada sono stati rimandati. Lo Studio Ovale ha dichiarato che entrambe le nazioni avevano preso immediatamente le misure necessarie per combattere “la crisi dell’immigrazione illegale e delle droghe illecite”, evitando così le tariffe. Le sanzioni alla Cina invece sono andate avanti, scatenando una guerra commerciale che ha coinvolto anche grandi aziende come Google.

Colpo di frusta

La reazione di Wall Street lunedì è stata di sorpresa e rimprovero per gli analisti che non avevano creduto o messo in conto che il comandante in capo avrebbe portato avanti i suoi piani tariffari. Ora, a distanza di 24 ore – e con i dazi su Messico e Canada rinviati, così come quelli sulla Colombia – gli analisti si preparano a un’era di incertezza, ma sperano che i bluff politici futuri non facciano deragliare la fragile salute dell’economia americana nel lungo periodo. “Il presidente Trump si è nuovamente ritirato dall’imporre tasse aggressive sui consumatori statunitensi”, ha scritto il capo economista di UBS Paul Donovan in una nota di martedì mattina visionata da Fortune. “Anche se le tasse sui beni provenienti da Messico e Canada sono in teoria rimandate di un mese, dopo tre ritiri di fila è improbabile che i mercati prendano sul serio questa minaccia”. Ma questo non significa che non ci sia stato alcun impatto, osserva ancora l’economista di UBS. “Le conseguenze a lungo termine rimangono. I Paesi stranieri hanno meno motivi per credere che gli Stati Uniti rispetteranno i trattati commerciali, riducendo l’incentivo a fare concessioni”, continua Donovan. “I consumatori statunitensi potrebbero essersi spaventati per le tasse commerciali, cambiando il loro comportamento”.

Altre sfide in arrivo

Gli analisti di Wall Street notano che sarebbe ingenuo presumere che il presidente Trump – avendo raggiunto alcuni dei suoi obiettivi con la manovra – non userà nuovamente questa leva in futuro. Come ha detto Jim Reid di Deutsche Bank nella sua nota sulle prospettive macro di martedì mattina: “I commenti di Trump suggeriscono che cercherà di usare il ritardo per ottenere concessioni economiche più ampie”. “Possiamo aspettarci che le tariffe, probabilmente lo strumento economico più forte quasi completamente a discrezione del presidente, continueranno ad essere utilizzate sia per creare una leva negoziale che per perseguire obiettivi diversi come la sicurezza delle forniture, la generazione di entrate e la riduzione del deficit commerciale”. Tuttavia, aggiunge Reid, l’utilizzo delle entrate tariffarie per compensare i tagli alle imposte nazionali potrebbe richiedere l’implementazione di un’intera nuova serie di tariffe. Per questo motivo, “c’è motivo di aspettarsi una persistente incertezza sui mercati ed è improbabile che questa sia la fine della storia”, conclude Reid.

Una minaccia a breve termine

Mentre i mercato hanno sofferto quando sembrava che il presidente Trump stesse portando avanti il suo piano, gli indici sono rimbalzati rapidamente alla notizia della cancellazione. Come sottolinea Reid, l’S&P 500 era sceso fino all’1,93%, ma è salito dell’1% subito dopo l’annuncio dei ritardi per il Messico. Anche prima che i dazi venissero rimandati, Wall Street non si stava rassegnando a un prolungato aumento dei prezzi ed è convinta che questo non segni un cambiamento permanente nella politica commerciale con i paesi vicini. Gli analisti ritenevano piuttosto di assistere a uno strumento di negoziazione di accordi commerciali. Come ha scritto Bank of America in una nota pubblicata ieri da Fortune, le minacce di dazi su Messico e Canada dureranno fino alla rinegoziazione di un nuovo USMCA 2.0. “L’accordo commerciale tra Stati Uniti, Canada e Messico (USMCA) dovrà essere rivisto nel 2026. Le notizie suggeriscono che il presidente Trump intenda effettuare la revisione prima”, spiegano gli economisti Claudio Irigoyen, Aditya Bhave, Carlos Capistrán Carmona e Helen Qiao. “A nostro avviso, i dazi contro Canada e Messico mirano ad aumentare la leva degli Stati Uniti in questi negoziati”. Anche Solita Marcelli, chief investment officer di UBS, ha concluso che le minacce di Trump non si tradurranno probabilmente in dazi a lungo termine. “L’amministrazione Trump non vorrebbe mettere a repentaglio la crescita economica degli Stati Uniti o rischiare un aumento dell’inflazione lasciando le tariffe in vigore per un periodo prolungato, e una significativa volatilità del mercato azionario potrebbe portare a un cambiamento di approccio”, ha scritto Marcelli.

Incertezza del mercato

Il professor Jeremy Siegel della Wharton School dell’Università della Pennsylvania aggiunge che, dazi a parte, la salute dell’economia statunitense sembra essere relativamente buona. Scrivendo per WisdomTree – una società di investimento di cui Siegel è economista senior – l’esperto scrive: “La crescita rimane stabile, con le richieste di sussidi ai disoccupati a 207.000 e il PIL tra il 2,5% e il 3% per il primo trimestre. Non si tratta di un contesto che grida all’urgenza di tagli dei tassi, soprattutto quando le metriche dell’inflazione di base rimangono in linea con gli obiettivi”. Ma come sa chiunque a Wall Street, un fattore che il mercato non ama affatto è l’incertezza. Gli avvertimenti di Trump sul fatto che la questione dazi non sia ancor conclusa lasceranno probabilmente una nuvola grigia sulle previsioni economiche. Siegel aggiunge: “Le nuove tariffe di Trump non sono intelligenti né dal punto di vista economico né da quello politico… l’impatto politico sarà probabilmente molto negativo per il programma di Trump, in quanto l’aumento dei prezzi (della benzina e di alcuni prodotti alimentari) avrà grande visibilità sui media tradizionali e farà pressione su alcuni legislatori”.

Questa storia è stata originariamente pubblicata su Fortune.com

Foto ANNA MONEYMAKER – GETTY IMAGES

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