È davvero antichissima la storia eruttiva dei Campi Flegrei, vasta area di natura vulcanica nel napoletano che celava, secondo la tradizione, uno degli ingressi agli inferi. Ebbene, grazie alla moderna ricerca oggi sappiamo che i ‘campi ardenti’ (dal greco antico φλέγω, “brucio”) hanno una storia molto più antica – e travagliata – del previsto, dal momento che uno studio italiano è riuscito a far luce su una delle eruzioni più potenti verificatesi in quest’area.
Una scoperta affascinante: “Suggerisce che la struttura della caldera, la depressione vulcano-tettonica che si forma durante le grandi eruzioni a seguito del rilascio di un ingente volume di magma in superficie, potrebbe essere molto più complesso di quanto ipotizzato finora”, sottolinea Jacopo Natale dell’Università Aldo Moro di Bari, fra gli autori della ricerca.
Giusto un paio di settimane fa, una scossa di terremoto di magnitudo 3.0 è stata registrata ai Campi Flegrei, l’ennesima di uno sciame che da mesi allarma gli abitanti della zona. Niente a che vedere con l’evento descritto dagli studiosi, che risalirebbe a ben 109.000 anni fa, ai tempi dell’Homo sapiens.
Quasi come l’Ignimbrite Campana
Secondo la stima degli scienziati di Cnr-Igag, Sapienza di Roma, Ingv e Università Aldo Moro di Bari, si trattò di un evento con una magnitudo di 7.6, poco meno violento dell’Ignimbrite Campana di circa 40.000 anni fa. Un dato interessante per storici e archeologi, ma anche per quanti studiano i rischi vulcanici in quest’area.
Il problema è che i Campi Flegrei, come sanno bene i cittadini campani, sono un complesso vulcanico attivo, circondato da una zona densamente abitata. Se cercate online, troverete testimonianze relative a un’attività vulcanica risalente a 40.000 anni fa. Ma ora geologi e geoingegneri spostano le lancette della conoscenza molto più indietro, come si legge su ‘Communications Earth and Environment di Nature’.
L’Eruzione di Maddaloni
Attraverso un approccio multidisciplinare, i ricercatori hanno ricostruito i principali parametri eruttivi di quella che è stata chiamata l’Eruzione di Maddaloni, ben documentata dalle ceneri depositate in aree remote, note con la sigla ‘X-6’ e rinvenute in un’ampia area del Mediterraneo, dall’Italia centrale fino alla Grecia (come si vede nelle immagini sotto).
Come spiegano Gianluca Sottili e Giada Fernandez della Sapienza, “la ricostruzione dell’intera storia eruttiva” dei Campi Flegrei “è cruciale per evidenziare alcuni parametri fondamentali per la definizione della sua pericolosità, quali la frequenza e la magnitudo degli eventi eruttivi. Le ceneri prodotte dalle grandi eruzioni depositate in aree remote rispetto al vulcano, offrono la possibilità di estendere molto indietro nel tempo lo studio della storia eruttiva di un vulcano, consentendone una ricostruzione più completa”.
Il segreto nelle ceneri…
Ma come sono riusciti i ricercatori a ricostruire la violenza di questo antichissimo evento? “Come le impronte digitali o il Dna distinguono i singoli individui – dice Biagio Giaccio, del Cnr-Igag di Roma – alcune proprietà stratigrafiche, chimiche e cronologiche dei livelli di cenere rinvenuti nei sedimenti marini o lacustri, anche a migliaia di chilometri dal vulcano, possono consentire di identificare la sorgente vulcanica e, in alcuni casi, persino il singolo evento eruttivo che le ha prodotte”.
… e nella pomice
Attraverso la datazione e l’analisi chimica dei micro-frammenti di pomice, di cui è costituito il materiale vulcanico trasportato dal vento in aree lontane, “è possibile ricostruire l’area di dispersione della cenere di uno specifico evento eruttivo”, assicura Giaccio. Da Sulmona a Palinuro, gli scienziati sono andati ‘a caccia’ delle ceneri dell’eruzione.
Poi, “con i dati già a nostra disposizione e tramite modelli di dispersione delle ceneri vulcaniche, abbiamo potuto ricostruire la dinamica e la magnitudo dell’eruzione. Abbiamo così ottenuto le stime di alcuni parametri fondamentali come, ad esempio, il volume del magma eruttato e l’altezza della colonna o nube di cenere e gas”, precisa Antonio Costa, dell’Ingv.
Ecco come è stato ricostruito l’identikit dell’Eruzione di Maddaloni, che secondo Costa è “il secondo più grande evento della storia eruttiva dei Campi Flegrei”.
Cosa ci dice lo studio
I risultati della ricerca gettano nuova luce sulla ricorrenza degli eventi di grande magnitudo ai Campi Flegrei ed evidenziano come, anche per un vulcano molto studiato, ulteriori indagini siano preziose per consentire una migliore valutazione della sua pericolosità.