L’aveva detto chiaramente, e davvero non ha perso tempo. Donald Trump, appena insediato per il secondo mandato alla Casa Bianca, tra i circa cento ordini esecutivi ha firmato anche quello per far uscire gli Stati Uniti dall’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms).
L’attrito fra il neo presidente e l’Agenzia di Ginevra risale agli anni della pandemia e non si è sanato. E adesso? Il presidente Trump deve ottenere l’approvazione del Congresso all’exit e gli Usa dovranno rispettare gli obblighi finanziari nei confronti di Ginevra per l’attuale anno fiscale. Ma la strada sembra segnata.
Da Paese fondatore alle critiche di The Donald
Sembra passato davvero molto tempo dal 1948, anno in cui gli Stati Uniti entrarono nell’Oms tramite una risoluzione congiunta approvata da entrambe le camere del Congresso. Una decisione poi sostenuta da tutte le amministrazioni, che obbliga Oltreoceano a un preavviso di un anno qualora gli Usa decidessero di lasciare l’Oms.
“Gli Stati Uniti sono stati un membro fondatore dell’Oms nel 1948 e da allora hanno partecipato alla definizione e al governo del lavoro dell’agenzia, insieme ad altri 193 Stati membri, anche attraverso la loro partecipazione attiva all’Assemblea mondiale della sanità e al Consiglio esecutivo. Per oltre 7 decenni – ricordano da Ginevra in una nota – l’Oms e gli Usa hanno salvato innumerevoli vite e protetto gli americani e tutte le persone dalle minacce per la salute. Insieme, abbiamo posto fine al vaiolo e insieme abbiamo portato la poliomielite sull’orlo dell’eradicazione. Le istituzioni americane hanno contribuito e tratto beneficio dall’appartenenza all’Oms”.
Le prime critiche
Storia antica, direbbe qualcuno. Forse è bene ricordare che già nel 2020 Donald Trump aveva deciso di sospendere i finanziamenti all’Oms, criticando duramente la gestione dell’emergenza Covid e l’atteggiamento dell’Agenzia, giudicata troppo accondiscendente con Pechino. Nel frattempo le diverse indagini tentate dall’Oms sull’origine della pandemia si sono concluse con un nulla di fatto e il comportamento dell’Oms in epoca Covid ha suscitato non poche perplessità a livello internazionale. Nonostante ciò, il Dg Tedros Adhanom Ghebreyesus nel 2022 è stato confermato per un secondo mandato.
La reazione
Così oggi all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) non resta che esprimere “rammarico” per la decisione annunciata da Donald Trump. “Ci auguriamo che gli Stati Uniti riconsiderino” la loro posizione, ha dichiarato il portavoce dell’Oms, Tarik Jasarevic, durante un punto stampa a Ginevra.
“Ci auguriamo che gli Stati Uniti ci ripensino e non vediamo l’ora di impegnarci in un dialogo costruttivo per mantenere la partnership tra Usa e Organizzazione mondiale della sanità, a beneficio della salute e del benessere di milioni di persone in tutto il mondo”, ha affermato l’Oms, cercando di riaprire il dialogo.
L’impatto sull’Europa
E ora cosa succederà? La doccia fredda dell’uscita degli Usa dall’Oms potrebbe alla fine rivelarsi un’opportunità per l’Europa della ricerca. A suggerirlo è Matteo Bassetti, direttore di Malattie infettive dell’ospedale policlinico S.Martino di Genova. “Pensavamo tutti che fosse una boutade elettorale – confida l’infettivologo all’Adnkronos Salute – invece non è così e non è una buona decisione. L’Oms ha bisogno degli Usa perché sono una parte fondamentale per il mondo scientifico. Vedere un primo atto così forte non fa ben sperare. Temo che gli Usa vadano incontro ad un periodo di oscurantismo e rischiano di mettersi fuori dalla partita medico-scientifica”.
Ma l’exit americana “potrebbe essere l’opportunità per l’Europa di tornare a guidare il fronte della ricerca e essere protagonista della scena medico-scientifica”, ipotizza Bassetti. Perchè la corsa all’innovazione in sanità non si ferma, e se il pharma si troverà di fronte a lacci e lacciuoli (vedi la tendenza no-vax di Robert Kennedy Junior), potrebbe decidere di migrare verso ecosistemi in cui il valore della ricerca viene meglio apprezzato.