Cosa succederebbe se potessi sfruttare il potere di tutti i tuoi dati genetici, per accelerare la scoperta di farmaci e prevenire e curare le malattie? Proprio questa è la sepranza dei ricercatori impegnati nel Truveta Genome Project, pubblicizzato come il database del Dna più grande e diversificato al mondo.
Truveta, startup di dati sanitari lanciata nel 2020, ha annunciato l’enorme impresa il 13 gennaio insieme alla società biotecnologica Illumina e al Regeneron Genetics Center, una divisione della società Fortune 500 Regeneron Pharmaceuticals. Regeneron stessa ha investito 119,5 milioni di dollari nel round di finanziamento di serie C di Truveta, mentre Illumina ha contribuito con 20 milioni di dollari. Inoltre, 17 dei 30 sistemi sanitari partner di Truveta hanno contribuito collettivamente con 180,5 milioni di dollari.
Per “scoprire la scienza dell’umanità”, il Truveta Genome Project raccoglierà i dati del Dna de-identificati di decine di milioni di volontari. Truveta pubblicizza l’iniziativa come più di 10 volte più grande di altri database sanitari, come la celebre UK Biobank, che include 500.000 partecipanti reclutati tra il 2006 e il 2010. L’All of Us Research Program, guidato dai National Institutes of Health (NIH), mira ad arruolare almeno un milione di persone. Avendo unito le forze con più di due dozzine di sistemi sanitari in tutto il Paese, come Henry Ford Health con sede a Detroit (89.ma nella lista delle aziende più innovative del 2024 di Fortune), l’attuale set di dati di Truveta rappresenta già il 18% di tutta l’assistenza clinica, dice a Fortune il co-fondatore e Ceo Terry Myerson.
Tuttavia, sono sorte domande a cui quei dati non potevano rispondere. Ad esempio, perché la vaccinazione Covid funziona meravigliosamente per alcuni, mentre altri soffrono di infezioni importanti? “Una tesi è che la nostra genetica, la nostra genetica fondamentale, sia al centro di questa e di tante altre cose”, afferma Myerson. “Ma quei dati non sono disponibili. Non lo sono su nessuna scala. Sono disponibili per specifici biomarcatori genetici che determinano la cura del cancro, ma per tutto il resto (anemia falciforme, demenza, obesità, così tante cose) non abbiamo dati genetici su nessuna scala per comprendere davvero la biologia di queste malattie in modo da poterle curare meglio, prevenirle, ideare nuove terapie”.
Nell’era della medicina di precisione, l’assistenza sanitaria uguale per tutti sta diventando obsoleta. Ecco perché la diversità è una pietra angolare del Truveta Genome Project, afferma Myerson, che esaminerà anche i determinanti sociali della salute. Ad esempio, nonostante la significativa ricerca biomedica stimolata dalla UK Biobank, questa si basa su una popolazione prevalentemente caucasica. “Truveta è incredibilmente diversificata”, afferma Myerson, riferendosi alle sue reti di partner. “Hawaii Pacific Health ha il suo pubblico polinesiano; Providence si estende da Juneau, Alaska, fino al centro-sud di Los Angeles; Northwell Health (di New York) parla di curare pazienti che parlano [più di 200] lingue diverse… è la diversità degli Stati Uniti”.
C’è molto da recuperare, poiché la maggior parte della ricerca medica si è basata sul Dna degli occidentali maschi. Il NIH Revitalization Act del 1993 ha sollecitato “un aumento del numero di donne e individui provenienti da contesti svantaggiati (incluse minoranze razziali ed etniche) nei campi della ricerca biomedica e comportamentale”. Eppure è stato solo nel 2016 che il NIH ha richiesto che gli studi considerassero il sesso come variabile biologica. Nel frattempo, le misure di diversità, equità e inclusione (DEI) vengono ridimensionate in massa mentre il presidente eletto Donald Trump si prepara a prendere il controllo della Casa Bianca per la seconda volta.
Se tutto andrà come previsto, afferma Myerson, il Truveta Genome Project sbloccherà approfondimenti sull’assistenza ai pazienti e promuoverà la scoperta di farmaci. “Il mondo aveva bisogno di questo per esistere”, afferma Myerson.
Il potere del Dna
Il Regeneron Genetics Center si è impegnato a sequenziare gli esomi, le parti dei genomi che codificano le proteine, dei primi 10 milioni di pazienti volontari. Questi dati si uniranno all’attuale database sanitario di Regeneron collegato alla sequenza del Dna di quasi 3 milioni di persone.
Parte dell’interesse dell’azienda nell’aderire al Truveta Genome Project era l’ambizione di colmare le lacune nei dati nel sistema sanitario “frammentato” della nazione, afferma il dottor Aris Baras, vicepresidente senior di Regeneron e responsabile del suo Genetics Center. “Purtroppo non abbiamo grandi piattaforme di dati in questo Paese per comprendere la salute e le malattie umane”, dice Baras a Fortune. “Non abbiamo cartelle cliniche centralizzate. Se si fa un confronto con il Regno Unito e il suo National Health Service, vediamo che sono famosi per i loro database centralizzati e per quanto questi siano potenti per tutti i ceti sociali, per i fornitori, gli scienziati, il governo per comprendere la malattia, i suoi costi, le sue conseguenze, come gestirla”. Sebbene il Truveta Genome Project possa sembrare un’entità astratta accessibile solo ad accademici e sviluppatori di farmaci, Baras sottolinea che il pubblico americano ne raccoglierà i benefici, relativamente presto.
“Il potere della genomica è molto reale”, afferma Baras. “[La genomica] era una nicchia, ma ora è mainstream”.
Ad esempio, sappiamo che le mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2 sono associate a un rischio più elevato di cancro al seno e alle ovaie nelle donne e di cancro al seno e alla prostata negli uomini. Le persone possono sottoporsi a test genetici per vedere se hanno ereditato tali errori, per prendere decisioni più consapevoli sulle cure preventive. I pazienti oncologici che in seguito scoprono queste mutazioni potrebbero essere idonei a terapie mirate. “Stiamo davvero per aprire le porte… saremo in grado di usare il genoma e questi grandi set di dati di informazioni sanitarie in modo da sapere, con una precisione molto migliore, quali sono i rischi maggiori per tutti”, afferma Baras, notando che la medicina tende a essere più reattiva che proattiva. “Quello che abbiamo dimostrato nell’assistenza sanitaria è che, quando si anticipano le cose, tutto diventa molto più facile”.
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