Transizione senza ideologia, è questo il mantra del governo Meloni. La destra al governo, forse in modo inaspettato per alcuni, non ha dismesso l’agenda “zero emission” di marca europea, ma sta tentando un’impresa epica: farla confrontare con i fatti al fine di decarbonizzare, sì, ma con juicio. Senza rinunciare alle ambizioni di un’economia industriale.
Dalla Sustainability Week di Abu Dhabi, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni porta con sé non soltanto il foulard donatole dal premier albanese Edi Rama per il suo compleanno, ma soprattutto un importante accordo con gli Emirati Arabi Uniti e con Tirana in materia di energia pulita. Di cosa si tratta? Il patto prevede che il consorzio emiratino-albanese Kesh&Masdar si impegni a realizzare centrali idroelettriche per 3 GW in Albania, con l’Italia che, a seguito della costruzione di una interconnessione sottomarina da 1 GW sotto l’Adriatico, ne acquisterà l’energia prodotta, equiparandola fiscalmente a quella delle rinnovabili prodotte sul suolo italiano. Non a caso, a presenziare alla firma dell’intesa tripartita c’era anche l’ad di Enel Flavio Cattaneo. Secondo il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, presente ad Abu Dhabi, l’accordo avrà “un impatto di circa l’1 percento sul fabbisogno nazionale”.L’obiettivo della premier Meloni è quello di trasformare l’Italia in un “hub energetico”, facendo leva sulla nostra collocazione geografica e sul ruolo di ponte tra Europa e Africa. In questo quadro, dalle oasi del deserto emiratino passa anche il futuro del Piano Mattei (con cento milioni di euro il presidente degli EAU Mohammed bin Zayed è per ora l’unico co-finanziatore del fondo ad hoc costituito presso la Banca di Sviluppo africana). Nel suo intervento, Meloni ha inoltre evocato la “sfida storica” della transizione energetica: “La fusione nucleare può produrre energia pulita, sicura, illimitata e trasformare l’energia da arma geopolitica a una risorsa accessibile, che può cambiare la storia”.
Quel che è certo è che, in un periodo di bollette che tornano a salire, con la chiusura del flusso di gas russo attraverso l’Ucraina, l’Italia ha davanti sé una missione irrinunciabile: dotarsi di un sistema energetico che garantisca prezzi dell’energia accessibili per famiglie e imprese. In mancanza di una strategia nazionale per una sicurezza energetica accessibile (l’accento si pone sul secondo aggettivo), il rischio è la graduale ma inesorabile desertificazione industriale in un Paese che è la seconda manifattura d’Europa e la terza economia continentale. Gli attuali costi elevati gravano come un macigno sulle imprese italiane che pagano l’energia tre o quattro volte in più rispetto ai competitor tedeschi e francesi. È un programma ambizioso che, come dimostra il patto italo-albanese-emiratino, non intende rinunciare all’impegno per la sostenibilità ma deve invece alimentarsi di nuove iniziative volte ad assicurare al nostro Paese energia pulita e a prezzi più contenuti.