L’amiloidosi è una malattia rara che, secondo le stime, in Italia colpisce meno di mille persone l’anno. Conosciuta finora solo da ricercatori, associazioni di pazienti e specialisti, in estate è finita sotto i riflettori dopo la rivelazione di Oliviero Toscani. Il grande fotografo italiano, che si è spento all’Ospedale di Cecina all’età di 82 anni, aveva raccontato la sua esperienza di malato al ‘Corriere della Sera’.
L’amiloidosi è dovuta all’accumulo di proteine anomale (‘amiloide’) in una serie di organi: cuore, cervello, reni, milza. I sintomi dipendono da quanto i diversi organi vengono danneggiati dai depositi di queste proteine anomale. Ne esistono diversi tipi, alcuni secondari ad altre malattie (mieloma multiplo, malattie infiammatorie croniche, quali artrite reumatoide o malattie infiammatorie croniche intestinali), altri legati ad alterazioni di un gene, che possono comparire ex novo o essere ereditate da un familiare.
Nell’intervista in cui parlava della sua esperienza di malattia, Toscani aveva spiegato di ricevere un trattamento sperimentale. “Sto vivendo un’altra vita. Vengo da una generazione, quella di Bob Dylan, dove eravamo forever young, il pensiero di invecchiare proprio non c’era. Fino al giorno prima di essere così, lavoravo come se avessi 30 anni. Poi una mattina mi sono svegliato e all’improvviso ne avevo 80”, ha raccontato Toscani. Un anno e mezzo fa, “alla fine di giugno, mi sono svegliato con le gambe gonfie, ero in Val d’Orcia. Ho cominciato a fare fatica a camminare”.
A diagnosticargli l’amiloidosi è stato un medico di Pisa, Michele Emdin, professore di Cardiologia alla Scuola Sant’Anna di Pisa e direttore del dipartimento Cardiotoracico della Fondazione Monasterio.
I numeri
Si tratta di una malattia rara sì, ma quanto? Come spiegano dall’Istituto superiore di sanità, si stima che ogni anno in Italia circa 800 persone si ammalino di amiloidosi sistemica. Si conoscono circa trenta tipi diversi di amiloidosi, ciascuno causato da una differente proteina.
Gli effetti
Il danno degli organi colpiti è progressivo e passa da un’iniziale reversibilità a una compromissione più grave. Nel frattempo la ricerca va avanti, e si stanno esplorando diverse vie. “Faccio da cavia – aveva detto il fotografo al quotidiano – a ottobre ho anche preso una polmonite virale e il Covid, mi hanno tirato per i capelli. Penso di essere stato anche morto, per qualche minuto: ricordo una cosa astratta di colori un po’ psichedelici. In un anno ho perso 40 chili. Neppure il vino riesco più a bere: il sapore è alterato dai medicinali”.
La ricerca
Attualmente, si legge ancora sul sito dell’Istituto superiore di sanità, non sono disponibili cure che possano rimuovere direttamente i depositi associati all’amiloidosi. Il trattamento mira a prevenire l’ulteriore produzione di catene leggere anormali e a seguire nel tempo e curare eventuali problemi che interessino gli organi colpiti. Ciò può dare al corpo abbastanza tempo per eliminare gradualmente i depositi prima che se ne formino altri, prevenendo così danni agli organi.
Nella maggior parte dei casi, è necessario l’utilizzo della chemioterapia per eliminare le cellule del midollo osseo anomale e impedire che producano proteine anormali. Qualora, a causa del deposito di amiloide, la capacità di funzionare di un organo si riduca e divenga insufficiente, è necessario intervenire con una cura specifica: ad esempio, con medicinali diuretici per l’insufficienza cardiaca o con la dialisi in caso di insufficienza renale.
Contro una forma di questa malattia, l’amiloidosi da transtiretina (ATTR), la buona notizia è arrivata dall’ultimo congresso della Società Europea di Cardiologia (Esc): qui sono stati presentati i risultati del trial di fase 3 su un nuovo farmaco per l’amiloidosi da transtiretina, il vutrisiran.
Il farmaco si è dimostrato in grado di ridurre in maniera significativa la mortalità e gli eventi cardiovascolari nei pazienti affetti da questa forma della malattia. Intanto a dicembre è stato pubblicato sul Giornale Italiano di Cardiologia il primo documento di consenso per la gestione e presa in carico dei pazienti con amiloidosi cardiaca. Frutto della collaborazione tra gli esperti della Società Italiana di Cardiologia (SIC) e dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO), ha come obiettivo l’ottimizzazione dell’assistenza attraverso un approccio diagnostico e percorsi di cura omogenei e condivisi su tutto il territorio nazionale, per accelerare la diagnosi e contrastare le criticità dei bisogni di cura dei pazienti.
Libero fino alla fine
Nella sua ultima intervista il grande fotografo, autore di scatti e campagne che hanno segnato la nostra epoca, ha parlato anche della fine. “Non ho paura. Basta che non faccia male. E poi ho vissuto troppo e troppo bene, sono viziatissimo. Non ho mai avuto un padrone, uno stipendio, sono sempre stato libero”.