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Cervello: la nuova mappa dei neuroni che controllano il movimento

cervello movimento
Adyen Articolo
Velasco25

Dal pensiero all’azione: il nostro cervello impiega pochissimo tempo per tradurre gli impulsi in movimento, ma le aree che entrano in gioco sono numerose. Comprendere i ‘segreti’ del movimento è fondamentale per favorire il recupero dopo malattie o incidenti, ma anche per sviluppare robot in grado di muoversi agilmente su diverse superfici. Ebbene, dopo otto anni di lavoro  sui primati un gruppo di ricercatori italiani è riuscito a svelare nuovi meccanismi attraverso i quali il cervello controlla le azioni naturali. Uno studio da poco pubblicato su ‘Science’, realizzato grazie a tecnologie innovative e che promette di aprire nuovi orizzonti in campi come la neuroriabilitazione e la robotica.

Neurostimolatore nel midollo per tornare a camminare dopo una lesione/VIDEO

Il team

Il lavoro arriva a pochi giorni dalla notizie dei due pazienti con lesioni spinali tornati a camminare grazie all’impianto di un neurostimolatore nel midollo. Questa volta a firmare il nuovo lavoro sono stati gli scienziati del Laboratorio di Neuroetologia dei Primati non Umani del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Parma, guidati da Luca Bonini, e i colleghi dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Sant’Anna di Pisa coordinati da Alberto Mazzoni, con il contributo del ‘solito’ Silvestro Micera, docente di bioingegneria nonchè ‘guru’ della robotica.

Grazie a nuove tecnologie telemetriche, i ricercatori hanno registrato l’attività di centinaia di neuroni dalle regioni motorie del cervello di alcune scimmie completamente libere di esprimere comportamenti spontanei come camminare, arrampicarsi, o perfino sbadigliare, filmandole simultaneamente con un sistema multi-telecamera.

Cervello in movimento

A fare la differenza è stato proprio il fatto di poter ‘aprire una finestra’ sul cervello in movimento: finora le tecnologie costringevano gli scienziati a studiare ‘versioni’ immobili durante azioni apprese e stereotipate.

Ma “i nostri cervelli sono costantemente in movimento”, ha rimarcato Luca Bonini, “e questo nuovo approccio ha portato a modificare l’idea classica secondo la quale specifiche regioni cerebrali, o persino singole cellule neuronali, controllerebbero azioni specifiche come mordere, bere, o afferrare. In base ai nostri risultati, proprio come i singoli tasti di un pianoforte possono comporre molteplici melodie diverse, allo stesso modo i neuroni delle aree motorie del nostro cervello si combinano in sinergie complesse, consentendo di organizzare la varietà di azioni spontanee che siamo in grado di compiere, alcune delle quali fino ad ora erano persino impossibili da studiare in laboratorio”.

L’importanza del contesto

Non solo: il team ha potuto anche prevedere le azioni spontanee che gli animali stavano per compiere, a partire dai segnali generati dai neuroni. “I nostri risultati indicano che l’attività neuronale registrata durante il comportamento spontaneo è molto più informativa rispetto a quella ottenuta nei contesti classici di laboratorio, e ci consentono di capire come il cervello controlli la produzione di azioni volontarie in modo diverso a seconda del contesto”, ha aggiunto Alberto Mazzoni.

Le prospettive

L’augurio di Francesca Lanzarini, Monica Maranesi, Elena Hilary Rondoni e Davide Albertini e di tutti i colleghi coinvolti nel lavoro è che questo nuovo approccio “possa contribuire alla transizione dalla neurofisiologia classica alla neuroetologia in molti studi sulla relazione tra cervello e comportamento”. Con benefici non solo per la scienza, ma anche per gli stessi animali coinvolti in questi esperimenti.

Come ha precisato Silvestro Micera della Scuola Superiore Sant’Anna, “questo lavoro rappresenta un’ulteriore dimostrazione dell’impatto straordinario che i progetti Pnrr hanno avuto sulla ricerca italiana, per cui speriamo sarà possibile continuare queste collaborazioni nel prossimo futuro grazie a nuove iniziative di finanziamento sostenute dal nostro Paese”. Perchè per vincere le sfide della ricerca servono talenti, ma anche ‘benzina’.

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