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Perché Trump vuole la Groenlandia e cosa potrebbe ottenere

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Velasco25 Articolo

Per cinque secoli lo stemma reale della Danimarca ha contenuto tre corone, simbolo dei regni di Norvegia, Svezia e Danimarca, che guidava la cosiddetta Unione di Kalmar tra 1397 e 1523. Nello stesso quadrante erano presenti l’orso polare e l’ariete, a rappresentare Groenlandia e Isole Faroe. I due animali ora hanno un quadrante a testa, e le corone sono sparite: è probabile che siano state le minacce di annessione di Donald Trump ad indurre il re danese Frederik X a cambiare lo stemma e lanciare un messaggio chiaro agli americani.

L’analisi politica più diffusa è questa, ma in realtà il tema dell’indipendenza dell’isola (che è un territorio autonomo sotto sovranità danese, ma con un forte autogoverno) è stato sollevato dagli stessi abitanti, indipendentemente dalle velleità del presidente eletto statunitense.

Il vecchio e il nuovo stemma danese – Kongehuset

Cosa vogliono gli abitanti della Groenlandia

Il primo ministro Mùte Egede ha parlato di un referendum per l’indipendenza già nei prossimi mesi, ma ha anche risposto a Donald Trump, ricordando ancora una volta che l’isola non è in vendita: la questione dell’indipendenza è lunga anni, ma le richieste di Trump, che ha mandato in missione sull’isola il figlio e che è arrivato in questi giorni ad accennare anche a un intervento militare, l’hanno riportata al centro della questione. In generale, portare avanti un’espansione territoriale degli Stati Uniti sembra quasi impossibile, nonostante l’insistenza di Trump. “Non esiste sufficiente consenso politico, se non in una sparuta minoranza di persone fissate con una geopolitica da inizio 900, per portare avanti espansioni territoriali contro la volontà dei popoli”, spiega a Fortune Italia Riccardo Alcaro, coordinatore delle ricerche e direttore del programma ‘Attori globali’ dell’Istituto affari internazionali.

“L’insistenza sulla Groenlandia viene da lontano e Trump ne aveva già parlato durante il suo primo mandato. Non ha mai mollato l’idea, e ora ha legato la questione al Canale di Panama: il motivo è il controllo delle rotte commerciali con un’idea di geopolitica che passa per il controllo diretto invece che dalla collaborazione con Paesi amici, come la stessa Danimarca o il governo panamense”.

Perché la Groenlandia?

Perché questa immensa isola (grande sette volte l’Italia ma con 56.800 abitanti) è al centro del piano di ‘annessioni’ del presidente, insieme a Canale di Panama e Canada? Se Trump riuscisse ad ottenere quello che vuole, per gli Usa si tratterebbe di un Alaska 2.0: lo stato comprato dalla Russia nel 1867 ha portato in dote oro e petrolio. Ora Trump vuole prendersi anche il versante ‘atlantico’ del Nord.

Ecco qualche punto da tenere a mente:

  • Metalli rari e risorse naturali: la Groenlandia è ricca di metalli rari e materie prime “critiche” fondamentali per la costruzione di microchip e batterie. Su queste sostanze ha un monopolio assoluto la Cina. Un monopolio che le risorse dell’isola difficilmente possono mettere in discussione. Ma in ogni caso le risorse dell’isola sono ritenute considerevoli, abbastanza da ridurre la dipendenza da Pechino: secondo l’Ue qui ci sono il 20% delle riserve globali di terre rare. E ci sono anche petrolio e gas nell’elenco di risorse naturali dell’isola, che, va ricordato, vanta anche la più grande area naturale protetta del mondo.
  • Sicurezza nazionale: questo è il motivo dichiarato dal presidente eletto in una conferenza stampa a Mar-a-lago. Secondo Trump una Groenlandia a stelle e strisce sarebbe fondamentale per avere un avamposto nel mare Artico, oggi pieno di navi cinesi e russe (anche se Trump ha menzionato solo le prime).
  • Nuove rotte e scioglimento dei ghiacci: dalla Groenlandia passa la rotta più breve tra Europa e America. Un tassello potenzialmente fondamentale per il controllo militare e commerciale dell’Atlantico settentrionale. Il cambiamento climatico sta accelerando il ritiro dei ghiacciai artici, inoltre, aprendo nuove rotte marittime attraverso l’Artico. La Groenlandia, trovandosi al centro di queste trasformazioni, potrebbe diventare un hub per i traffici commerciali tra Asia, Europa e Nord America, che negli ultimi dieci anni sono già aumentati di oltre un terzo.
  • Basi militari: già durante la Seconda Guerra Mondiale, l’isola aveva svolto un ruolo cruciale per le basi militari statunitensi, come quella ancora attiva di Thule. Oggi che le tensioni geopolitiche si riaccendono, il controllo su questa rotta può assumere nuovamente un’importanza strategica. Proprio a Thule gli Usa furono responsabili di un gravissimo incidente nucleare nel 1968, quando dopo un incidente aereo quattro bombe nucleari all’idrogeno furono compromesse, contaminando con materiale radioattivo una vasta area.

Cosa può ottenere Trump

“Sarei sorpreso se alla fine Trump non ottenesse qualcosa”, dice Alcaro. Anche se è quasi impossibile un’espansione territoriale, una pressione forte degli Usa potrebbe portare a nuove concessioni e margini competitivi per gli Usa e per le aziende americane rispetto ad altri Paesi. Non si potrebbe forse parlare di “espansionismo commerciale”, spiega l’esperto, ma sicuramente di una maggiore penetrazione, senza dimenticare la possibilità di installare strutture militari. Il principale ostacolo è interno: gli Usa non sono un paese espansionista storicamente al di là del territorio americano, una forma di coercizione per ottenere un espansione territoriale sembra fuori discussione nonstante Trump abbia in mano il partito Repubblicano.

Il fatto che Trump non abbia escluso un intervento militare, considerando che significherebbe un’invasione in un Paese Nato da parte del leader dell’alleanza, sembra fuori discussioni. Sarebbe una violazione del Trattato, e Alcaro non crede che sia possibile. D’altra parte, il mondo del “politicamente accettabile negli Usa sta cambiando: qualche anno fa non sarebbe stato nemmeno immaginabile che il presidente dicesse cose del genere”.

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