Squilla il telefono. Rispondo o non rispondo? Guardo chi chiama, da dove arriva la telefonata, considero il tempo a disposizione, controllo la situazione. Pensate a quanta complessità c’è dietro una scelta semplice come questa. E quante volte, nel corso di una giornata, le nostre decisioni sono il frutto di una serie di combinazioni neurobiologiche di cui nemmeno ci rendiamo conto. E con un sistema nervoso sempre esposto a stimoli multipli, e continui, le complicazioni sono dietro l’angolo.
Creare il giusto mix non è semplice. Ma ora una ricerca sugli animali, potenzialmente traslabile nei suoi meccanismi più intimi nell’essere umano, ci aiuta a capire quali sono le “centraline” che lavorando assieme possono consentirci un adattamento alla vita di ogni giorno.
Quali sono, allora? Sostanzialmente, stando a quanto riporta una ricerca apparsa su Current Biology e condotta dagli esperti dell’Università della California a Santa Barbara, questo compito di sintesi rapida ed adattamento, che poi ci porta a scelte immediate, è in gran parte mediato dall’interazione tra corteccia orbitofrontale e ippocampo.
Insieme le due aree del cervello ci aiutano a risolvere le ambiguità, ovvero situazioni in cui il significato degli stimoli cambia a seconda del contesto. Come è appunto la decisione si cliccare il tasto verde quando sentiamo suonare lo smartphone.
Secondo Ron Keiflin, che dirige il laboratorio impegnato a studiare i circuiti neurali alla base della valutazione e del processo decisionale, le decisioni in base al contesto occasionale offrono proprio questo. Ed è per questi meccanismi che un robot non potrà avvicinarsi all’essere umano in questo campo. Come segnala lo stesso Keiflin in una nota dell’ateneo, a differenza dei robot “che rispondono sempre allo stesso modo a ogni stimolo, la nostra capacità di comprendere che il significato di determinati stimoli dipende dal contesto è ciò che ci dà flessibilità; è ciò che ci consente di agire in modo appropriato alla situazione”.
Proviamo allora a comprendere anatomicamente e biologicamente di cosa stiamo parlando. L’area orbitofrontale occupa la parte anteriore del cervello appena sopra gli occhi. È associata alla valutazione della ricompensa, alla pianificazione, al processo decisionale e all’apprendimento. L’ippocampo dorsale si trova più indietro, più in profondità nel cervello, ed è associato alla navigazione spaziale e alla memoria episodica.
“L’idea è che queste due regioni del cervello codifichino una ‘mappa cognitiva’ della struttura del mondo – commenta ancora l’esperto – È una mappa della struttura causale dell’ambiente; puoi usare questa mappa per simulare mentalmente le conseguenze delle tue azioni e scegliere il percorso migliore da seguire”.
L’importanza del contesto
Questa mappa cognitiva è esattamente ciò di cui si ha bisogno per capire che il significato di un segnale dipende dal contesto. Per capire come queste due regioni contribuiscano al processo, ecco la sintesi dell’esperimento. I ricercatori hanno esposto i ratti a brevi segnali uditivi, presentati in un contesto luminoso o scuro (il contesto veniva cambiato accendendo o spegnendo una lampadina).
I segnali uditivi a volte portavano a una ricompensa (un po’ di acqua zuccherata), ma non sempre; altre volte gli stessi segnali non avevano conseguenze, rendendoli predittori ambigui. Alla fine i ratti tendono ad imparare che un segnale uditivo risulta premiato solo nel contesto luminoso, ma non in quello scuro; mentre il contrario era vero per l’altro segnale. In altre parole, i ratti sarebbero riusciti a capire che il significato degli indizi dipendeva dal contesto.
Grazie alla chemiogenetica, che permette di inattivare temporaneamente l’area orbitofrontale e l’ippocampo, gli studiosi hanno scoperto che l’inattivazione della prima aveva effetti profondi sul compito. Se questa zona non funziona, i ratti non sono stati più in grado di usare il contesto per informare la loro previsione e regolare il loro comportamento di ricerca della ricompensa. Ma anche l’ippocampo sarebbe importante. Perché la conoscenza non è cruciale solo per ricordare l’apprendimento passato, ma anche per quello futuro.
Tanta complessità, insomma, domina scelte che appaiono occasionali. Grazie a questa ricerca ne sappiamo un pochino di più. E soprattutto abbiamo capito che le due aree del sistema nervoso hanno un ruolo. Nella certezza che il contesto impatta, eccome. Tanto da risultare una chiave invisibile nelle nostre scelte.