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Gennaio caldo per l’Ssn: fra tariffe e liste d’attesa, i medici si mobilitano

liste d'attesa
Adyen Articolo
Velasco25

Si preannuncia un gennaio decisamente caldo per la sanità italiana. Le liste d’attesa che ormai costringono troppi italiani a rinunciare alle cure sono state fra i temi evidenziati nel discorso di fine anno dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha voluto sottolineare il patriottismo “dei medici dei pronto soccorso, che svolgono il loro servizio in condizioni difficili e talvolta rischiose”.

Parole apprezzate dai medici dell’emergenza urgenza e da tutti gli operatori sanitari, da tempo in prima linea in difesa del Servizio sanitario nazionale (Ssn). Ma anche dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, ben consapevole delle difficoltà della sanità pubblica, mai davvero superate dopo il super lavoro in pandemia. Se i ‘camici bianchi’ preannunciano una nuova mobilitazione a fine mese in difesa della professione e del Ssn, il ministro promette nuovi sforzi per incidere sulle attese, sollecitando le Regioni a fare di più.

Lungotevere Ripa e il “buon uso delle risorse”

Quello di Mattarella, per Schillaci, è stato uno sguardo “saggio, autorevole e profondamente umano ai temi più urgenti e preziosi del nostro presente. In particolare ringrazio il Capo dello Stato per le sue parole sul patriottismo dei medici dei pronto soccorso, un riconoscimento ricco di significato, e per il richiamo alle liste d’attesa cui stiamo dedicando massima attenzione e su cui occorre uno sforzo maggiore anche da parte delle Regioni”, puntualizza Schillaci. Sollecitando al contempo il “buon uso delle risorse che abbiamo messo a disposizione e degli strumenti introdotti con la nuova legge per un sistema più efficiente, a beneficio dei cittadini”.

La mobilitazione

La sensazione, insomma, è che occorre fare di più per far scendere la febbre al Ssn e mettere un freno al fenomeno della grande fuga di medici e infermieri. Per la fine del mese i ‘camici bianchi’  preannunciano una dura fase di mobilitazione. “I professionisti non sono contenti, il malessere della categoria è palpabile. A fine gennaio i sindacati presenteranno una piattaforma rivendicativa per chiedere al Governo le risposte che fino ad oggi non sono arrivate”, ha detto all’Adnkronos Salute il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli. “Si tratta di una mobilitazione sindacale, ma la Federazione sarà a loro fianco, come sempre su questi temi che riguardano profondamente la professione”.

Con questa mobilitazione “i medici vogliono, in qualche maniera, esprimere in maniera unitaria il forte disagio che in questo momento pervade la professione”, sottolinea Anelli, prospettando la possibile adesione anche degli infermieri alla protesta.

Come ha ricordato Pierino Di Silverio, segretario nazionale Anaao Assomed, “i medici, nonostante tutti i problemi, riescono a fare oltre 2,5 milioni di prestazioni sanitarie al giorno”. L’unica ricetta per salvare il Ssn secondo il leader del sindacato è “mettere da parte la demagogia che abbiamo visto nella legge di Bilancio e investire contestualmente sugli operatori e sul sistema con una vera riforma. Altrimenti medici e infermieri prenderanno ancora di più la via dell’estero”. E a quel punto chi curerà gli italiani? Per Di Silverio basta lasciare che il sistema non funzioni per trasformare l’Ssn in “un’altra cosa”.

Una due giorni decisiva

Intanto a metà mese è in programma un incontro cruciale per il rinnovo contrattuale del comparto sanità. L’appuntamento dei sindacati con il presidente Aran, Antonio Naddeo, è per il 13 e 14 gennaio. L’obiettivo di Naddeo è arrivare alla conclusione delle trattative e, dunque, alla firma del contratto per 680mila lavoratori della sanità pubblica. Ma le posizioni fra le parti, dopo l’ultimo incontro del 2024, sembravano ancora piuttosto distanti.

Intanto sul fronte dei ricoveri…

Nel frattempo la Relazione 2024 sui servizi pubblici del Cnel ci racconta che l’Italia è diventato il Paese europeo che fa minor ricorso all’ospedalizzazione, dopo l’Olanda. Anche se la degenza media è fra le più alte in Europa: l’ipotesi è che il minor ricorso al ricovero in ospedale si accompagni ad una selezione dei pazienti più severi, in un Paese in cui la popolazione è decisamente anziana.

E ancora: circa un quarto (27,1%) dell’attività di ricovero viene erogata da strutture private accreditate, con una importante variabilità a livello regionale, e circa il 35% di tutti i ricoveri chirurgici viene effettuato in strutture private. Dati che ci aiutano a contestualizzare gli allarmi sul futuro del Ssn. Nell’ultimo quinquennio è cresciuto il ricorso alle strutture private accreditate per tale tipologia di ricoveri di 2,3 punti percentuali, e quasi esclusivamente per attività di tipo chirurgico. Nell’ultimo decennio (2012-2022) si sono ridotti i ricoveri ordinari in acuzie del -20,9%; seguono quelli diurni in acuzie, con una riduzione del -37,5%, mentre quelli in riabilitazione ordinaria si sono ridotti del -16,0% rispetto al 2012 e quelli diurni del -47,0%. Infine, i ricoveri in lungodegenza si sono ridotti del -36,5%.

Il caso ‘decreto tariffe’

C’è poi ancora da sciogliere il nodo del decreto tariffe, giudicate insostenibili dagli operatori della sanità. Nei giorni scorsi il Tar del Lazio lo aveva sospeso, revocando poi lo stop a stretto giro perchè il rischio era quello di mandare in tilt il sistema. L’appuntamento ‘decisivo’, in questo caso, è per il 28 gennaio.

Sanità: che sta succedendo con il decreto tariffe

 

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