Qualcuno vuole fare l’Europa partendo dalle banche. È un’ipotesi, forse non la più popolare. Nella giornata in cui a Bruxelles la premier Giorgia Meloni tiene un bilaterale di un’ora con la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, sulle colonne del Financial Times il numero uno di Unicredit Andrea Orcel verga un editoriale con un messaggio forte e chiaro: senza l’unione bancaria l’Europa scompare; “senza un unico mercato dei capitali i nostri giovani scapperanno altrove in cerca di un futuro migliore”.
Unicredit è la grande protagonista del risiko bancario che scuote le fondamenta di quella che, come si soleva dire un tempo, è la “foresta pietrificata delle banche”, un mondo paludato e orientato al mantenimento dello status quo piuttosto che al cambiamento. Sul giornale dell’establishment finanziario della City, Orcel, banchiere romano di cui tutti riconoscono professionalità e visione, riporta le parole pronunciate, a inizio dicembre, da Ken Griffin, fondatore di Citadel Securities: “L’Europa sta scomparendo. È in letargo rispetto agli Stati uniti. La loro economia non sta crescendo. I loro numeri pro capite sono orribili”. Secondo Orcel, “quando uomini della finanza americana fanno questo tipo di valutazione sul nostro Continente, è tempo di svegliarsi e reagire”. L’Europa, che ha creato un mercato unico di circa 450 milioni di persone promuovendo prosperità e pace, deve compiere un ulteriore salto verso il completamento dell’unione dei capitali, come auspicato da Mario Draghi ed Enrico Letta nei rispettivi rapporti. “Senza mettere insieme – scrive Orcel – risorse critiche e intensificare la nostra crescita strutturale, l’Ue non può continuare a offrire standard di vita migliori. Rischiamo di restare troppo indietro rispetto ad altri blocchi come centri di innovazione e creatività. Potremmo alla fine perdere le libertà e gli ideali a cui teniamo”.
Ora, tutti concordano sulla necessità di creare campioni europei, anche in ambito finanziario, in grado di sprigionare una maggiore potenza di fuoco per finanziare nuove infrastrutture e processi di crescita aziendale. L’operazione di Unicredit che, sotto la regia di Orcel, è salita al 28 percento del capitale della tedesca Commerzbank, va in questa direzione. E tuttavia la “convergenza” tanto auspicata in ambito finanziario difficilmente potrà realizzarsi senza una profonda riforma dell’Antritrust europeo, non citato dal Ceo di Unicredit nel suo intervento. Se un tempo si diceva che gli Usa inventano, la Cina copia e l’Europa regolamenta, oggi sarebbe più corretto aggiungere che l’Europa regolamenta e “multa” ogni potenziale concentrazione di risorse e capitali. L’altro grande assente nella riflessione di Orcel sul Financial Times è il rischio di deindustrializzazione, che certamente ricade fuori dalle competenze del banchiere ma che oggi spiega la crisi europea molto meglio di tanti discorsi. Se entri in un bar e dici alla gente che per fare l’Europa dobbiamo unire le banche, non vieni compreso; se invece spieghi che l’Europa ha bisogno di un esercito comune contro le nuove minacce alla nostra sicurezza e che servono politiche industriali a favore delle imprese per non perdere, per esempio, l’automotive che ha fatto grande l’industria europea (e italiana), allora le persone capiscono che cosa vuoi dire. Ecco, serve un discorso che sia comprensibile a tutti. Operazioni “top down”, calate dall’alto e con scarso ancoraggio alla vita reale delle persone, rischiano di rendere l’edificio europeo ancora più impopolare e “a basso tasso di democrazia”, per dirla con un eufemismo.