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Sanità bersaglio dei cybercriminali: ospedali target, il report

cyber criminali
Adyen Articolo
Velasco25

Medici e infermieri stanchi, frustrati, in cerca di vie di fuga. Donne finalmente protagoniste, ma non se guardiamo alla carriera. E, soprattutto, un dilagare di attacchi informatici che fanno della sanità – sempre più tech – un bersaglio privilegiato di hacker e truffatori. Non è roseo il quadro delineato dal 3° Rapporto sulla Salute e il Sistema Sanitario realizzato da Eurispes ed Enpam. Una ‘fotografia’ che fa balzare agli occhi alcune delle sfide della sanità del futuro.

Gli attacchi informatici

Non è solo un problema italiano: la sanità a livello globale è trai settori più colpiti dagli attacchi informatici. Nel 2023 sono stati 396 i cyber attacchi a livello globale: il numero più elevato dal 2018 (Rapporto Clusit Healthcare). Più dell’80% degli attacchi informatici avvenuti nel 2023 hanno avuto conseguenze gravi o gravissime sulle strutture sanitarie coinvolte, comportando delle vere e proprie paralisi delle attività, con serie ripercussioni anche sulla salute dei pazienti. Alcuni studi hanno rilevato addirittura una correlazione positiva tra gli attacchi informatici e l’aumento della mortalità negli ospedali colpiti.

Nel 35% dei cyber attacchi i criminali hanno utilizzato malware, specie nella variante ransomware, attraverso cui criptano i dati dei pazienti e richiedono un riscatto per sbloccarli, causando interruzioni nei servizi sanitari. In Europa, tra gennaio 2021 e marzo 2023, i Paesi più colpiti sono stati Francia, Spagna, Germania, Paesi Bassi e appunto Italia, i cui sistemi sanitari hanno registrato più del 60% dei cyber attacchi. Gli ospedali europei si sono confermati il target prediletto dai cybercriminali, con il 42% degli incidenti totali. Seguono autorità, agenzie ed enti sanitari (14%) e industrie farmaceutiche (9%).

Ma come mai? Gli attacchi alle strutture ospedaliere, oltre al clamore mediatico, possono fornire un cospicuo bottino ai criminali informatici, spiegano gli autori del report. I dati contenuti nelle cartelle cliniche sono, infatti, tra i dati più ambiti nel dark web, con acquirenti disposti a pagare centinaia di dollari per una singola cartella (Agenda digitale, 2022).

Le nuove tecnologie

Non solo cybercriminali: è tempo di innovazioni tecnologiche in sanità, che portano ad un risparmio di tempo e ad una maggiore efficienza nel lavoro di medici e infermieri, con effetti positivi o molto positivi sulla produttività. Dalla refertazione a distanza, alle cartelle cliniche digitali, alle diverse applicazioni di telemedicina. L’utilizzo crescente di robot nella chirurgia permette non solo di eseguire particolari sequenze di operazioni in modo più preciso, migliorando la qualità delle prestazioni, ma anche una maggiore rapidità di esecuzione.

Come impatteranno sul lavoro? I rischi maggiori, si legge nel report, sono presenti per alcune occupazioni di livello “inferiore” con competenze prevalentemente manuali, come gli ausiliari. Allo stesso modo, i livelli bassi o medio-bassi delle stratificazioni occupazionali sono ingrossati dalla crescita degli operatori addetti all’assistenza di base, con mansioni dal contenuto fortemente relazionale che sembrano ancora abbastanza al riparo dalle innovazioni tecnologiche di tipo sostitutivo.

AI in sanità

Questo è un settore in cui l’AI ha già mostrato le sue potenzialità: nell’attività diagnostica, nell’analisi dei dati e di medicina predittiva, nell’assistenza ai pazienti, si calcola che potrebbe ridurre del 17% il tempo che i medici impiegano in compiti di natura amministrativa, che attualmente corrisponde al 50% del tempo di lavoro. Una sburocratizzazione che potrebbe favorire il rilancio.

Una delle principali sfide individuate dall’Eurispes per il Ssn riguarda il livello di competenze digitali del personale, ancora troppo basso. L’Italia è 18esima per grado di digitalizzazione tra i 27 Paesi dell’Ue. Inoltre l’incertezza normativa costituisce un ostacolo molto rilevante alla diffusione dell’AI.

L’AI Act dell’Ue individua proprio nella salute uno degli interessi primari da tutelare. In Italia è in esame un Ddl che riconosce l’utilizzo di sistemi di Intelligenza artificiale in àmbito sanitario, purché ciò avvenga nel rispetto dei diritti, delle libertà e degli interessi della persona, anche in materia di protezione dei dati personali, l’aspetto forse più complesso e che coinvolge la comunicazione tra medico e paziente.

Per avere un’idea di quello che accadrà, pensiamo solo che l’AI ha il potenziale di generare, a livello globale, da 2,6 a 4,4 trilioni di dollari di valore in tutti i settori economici. Anche il settore farmaceutico e dei prodotti medicali è destinato a registrare una crescita economica notevole grazie all’adozione dell’AI generativa. Nello specifico, il settore sanitario potrebbe vedere i suoi ricavi aumentare dall’1,80% al 3,20%, corrispondenti a ulteriori 150-260 miliardi di dollari.

Serve un approccio diverso

“Occuparsi di salute – sottolinea il presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara – richiede un approccio olistico, intersettoriale, dinamico, nazionale e internazionale, ma richiede anche la capacità di calarsi, di volta in volta, in precise aree disciplinari o problematiche specifiche, al fine di osservarle, analizzarle e formulare osservazioni e proposte”.

Dal canto suo il presidente della Fondazione Enpam, Alberto Oliveti, evidenzia come “nei cambiamenti in atto, demografico, generazionale, valoriale, tecnologico, la professione medica deve riconquistare rilevanza sociale e autorevolezza. In quest’ottica, quindi, vanno rivalutati il ruolo e l’atto medico. Questo è il fulcro del problema. Per riappropriarci dell’ars medica dobbiamo ripartire dalla sua definizione e quindi da: scienza, coscienza e sapienza, ben consapevoli che l’Intelligenza artificiale, nel suo essere pervasiva, cambierà pratiche, politiche ed etica”.

Sanità sempre più donna (ma non al vertice)

Un’altra sfida per la sanità italiana è legata al lavoro femminile: due terzi degli operatori del settore oggi sono donne. Tuttavia le posizioni dirigenziali e apicali sono ancora prevalentemente occupate da uomini; il lavoro su turni, le difficoltà organizzative, la carenza di servizi di conciliazione vita-lavoro gravano particolarmente sulle professioniste. Sia come sia, a dicembre 2021 erano 450.066 le donne che lavorano con contratto a tempo indeterminato presso le strutture del Ssn, un trend in crescita costante negli ultimi anni. Più di un medico su due è donna (51,3%), una percentuale destinata a crescere, considerata la prevalenza femminile nelle classi di età più giovani.

Permangono inoltre forti squilibri di potere: nel 2022 dei 106 presidenti degli Ordini professionali provinciali, 11 soltanto sono donne (10%), e solo il 19,2% dei primari è di sesso femminile. Una situazione analoga emerge quando si analizzano i dati del personale docente e ricercatore in scienze mediche presso le Università italiane: le professoresse ordinarie costituiscono appena il 19,3% del totale e, per vedere aumentata la loro presenza, è necessario scendere verso le posizioni più basse della gerarchia accademica. Tale sproporzione di genere è fortemente legata alla composizione per età anagrafica e alla struttura della piramide per età dei medici.

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