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I tedeschi ora si scoprono fannulloni e il Pil crolla

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Velasco25 Articolo

L’ennesima conferma di un cambio di paradigma. L’economia tedesca, la solida locomotiva invidia dell’Europa (e non solo), balbetta. Anzi è in recessione da un po’, tra crisi energetica, scioperi, cambi al vertice di imprese, salvataggi di Stato e incertezze politiche. Un motivo di questa frenata ormai conclamata la forniscono a sorpresa i dirigenti d’azienda tedeschi che hanno avvertito come gli alti livelli di assenze per malattia stiano danneggiando la competitività della più grande economia europea e aggravando i suoi problemi economici. I lavoratori hanno perso in media 19,4 giorni a causa di malattia nel 2023, secondo Techniker Krankenkasse, il più grande fornitore di assicurazioni sanitarie pubbliche del Paese.

Sembra dunque percepirsi un diffuso scoramento verso le istituzioni e le aziende, evidente anche nell’insofferenza verso l’attuale governo. Siamo, d’altronde, in un momento delicatissimo per la politica tedesca con le elezioni alle porte a febbraio 2025. Siamo probabilmente di fronte al Canto del cigno di un’intera classe dirigente presa in contropiede dalla guerra in Ucraina. Che ha scosso dalle fondamenta il modello produttivo tedesco basato sull’energia a basso costo proveniente dal gas russo, modello uscito travolto dall’invasione. Così finisce in discussione anche uno dei capisaldi della Germania iper-produttiva basata su una forza lavoro storicamente disciplinata e abituati ai sacrifici per spingere il proprio benessere.

I dati suggeriscono che la tendenza al lassismo si sta sedimentando nella popolazione lavorativa tedesca, esacerbando le sfide per un’economia che molti si aspettano di contrarsi per il secondo anno consecutivo. Sebbene sia notoriamente difficile confrontare i dati da un Paese all’altro, Christopher Prinz, esperto di occupazione all’Ocse, ha affermato che la Germania è «sicuramente tra i Paesi peggiori» per le assenze per malattia. Un dirigente di un produttore blue-chip ha lamentato, di recente, «una totale riluttanza», soprattutto tra i lavoratori più giovani, a comprendere i sacrifici necessari per mantenere l’attuale livello di prosperità e competitività. «E poi tutti si chiedono perché la Germania sia il malato d’Europa», ha attaccato Prinz. Paul Niederstein, amministratore delegato dell’azienda di zincatura dell’acciaio Coatinc, ha affermato di recente ai media tedeschi che l’alto tasso di assenze è un sintomo di una forza lavoro «troppo viziata e troppo sicura di sé». Uno studio pubblicato a gennaio dall’Associazione tedesca delle aziende farmaceutiche basate sulla ricerca (VFA) ha rilevato che se non fosse stato per il numero di giorni di malattia superiore alla media di altri Paesi in Europa, l’economia tedesca sarebbe cresciuta dello 0,5% l’anno scorso, invece di ridursi dello 0,3%. L’amministratore delegato di Mercedes-Benz, Ola Källenius, ha affermato che le assenze per malattia in Germania sono state il doppio rispetto ad altri Paesi, nonostante le stesse condizioni salariali. Considerazioni che arrivano nella più grande crisi della Volkswagen dalla sua nascita. In giorni in cui oltre 100mila lavoratori in Germania sono in agitazione per contestare il piano lacrime e sangue dell’amministratore delegato Oliver Blume che ha prospettato la chiusura di 2-3 impianti e oltre il 10% di taglio agli stipendi. Un bagno di realtà per l’industria dell’auto travolta dalla transizione all’elettrico. Ma anche lo scoramento dei lavoratori, non più convinti che il modello Germania funzioni, sta incidendo.

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