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Come cambia Il giornalismo, parla Lina Palmerini

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Saper comunicare su piattaforme diverse, semplificare il linguaggio all’occorrenza, “stare nella società in tutti i modi possibili”.
Lina Palmerini, storica firma del Sole 24 Ore, individua gli elementi essenziali al racconto dell’attualità.

Quello di Lina Palmerini con l’economia è un incontro casuale, che è stato in grado, però, di segnare un’intera carriera. Prima giornalista economica, poi notista politica e volto dei talk show, una delle firme più autorevoli del Sole 24 Ore racconta le svolte del suo percorso professionale, intrecciandole ai mutamenti in atto nel mondo del giornalismo.

Quando ha scelto il giornalismo e perché?
Non so bene come, ma io da bambina sapevo di voler fare la giornalista. Mi piaceva molto scrivere e ricordo che alle elementari mi regalarono un libro su 100 mestieri: la descrizione che c’era del giornalismo corrispondeva esattamente a quello che volevo fare. Un desiderio infantile che mi sono portata dietro. Dopo la laurea in Giurisprudenza, infatti, mi sono iscritta alla Scuola di giornalismo della Luiss. Grazie agli stage previsti dal corso, quindi, sono stata prima nella redazione del Tg5 e poi a Mondo Economico, settimanale del Sole 24 Ore.

L’incontro con il mondo dell’economia, dunque, arriva quasi subito.
Esatto. A Mediaset sapevo di non avere all’epoca nessuna possibilità, dunque terminata quell’esperienza ho chiesto alla Scuola un consiglio su dove poter continuare a lavorare. Furono loro a consigliarmi Mondo Economico, perché si trattava di una testata poco ambita: avrei dovuto specializzarmi sull’economia e per questo non avrei avuto troppa concorrenza. Iniziai così a occuparmi di finanza pubblica e poi, con il passaggio al Sole 24 Ore, di lavoro e sindacati, di pubblica amministrazione. Feci anche le prime inchieste sulla Lega.

Quali sono gli strumenti necessari per portare a termine un buon articolo economico?
Intanto capire: per scrivere con un linguaggio chiaro serve che i fatti siano prima chiari nella testa di chi li racconta. Inevitabilmente quindi bisogna studiare: le norme, gli emendamenti, le leggi finanziarie. Poi, se non si capisce bisogna saper chiedere. Anche per questo serve avere un rapporto molto stretto con le fonti, essere in grado di selezionare quelle che non ti portano fuori strada. Quando ho iniziato avevo spesso a che fare con senatori e deputati che sapevano di cosa parlavano. Adesso penso che la qualità si sia abbassata molto.

Da chi ha ricevuto gli insegnamenti più preziosi?
Tutti i miei colleghi, molti dei quali ormai sono in pensione, sono stati miei maestri. Dal primo all’ultimo. Mi hanno aiutato, sostenuto e formato: credo che questo aspetto della gestione del personale vada trattato con molta più cura dalle aziende editoriali. Il giornalismo è fatto di persone, di firme, di volti, di capacità di comunicare. Invece di fare prepensionamenti e tagli lineari, bisognerebbe prestare molta più attenzione alla risorsa umana. C’è un tipo di formazione che si può trasmettere solo nelle redazioni, che non può dare nessuna scuola, ma soltanto il lavoro di squadra che si fa in un giornale.

Oltre che all’economia il suo sguardo è ormai da molto tempo rivolto anche alla politica. Quanto è importante, per restituire una visione d’insieme dei fenomeni, riuscire a raccontare quest’intreccio?
Moltissimo, e aggiungo che il racconto di questo legame non è affatto scontato e non è sempre esistito. Ricordo che agli inizi della mia carriera, l’economia era considerata un settore quasi esoterico, un mondo a parte di cui pochissimi volevano occuparsi. Le connessioni con la politica quindi venivano spiegate poco. Fu Ferruccio De Bortoli, arrivato a dirigere il Sole, a spostarmi alla redazione politica nel 2005, assieme a una collega: io cominciai a scrivere di centro-sinistra e lei di centro-destra. Venendo dall’economia, penso di aver avuto un bel vantaggio competitivo durante questo passaggio. Adesso mi sembra che tutto sia più circolare e forse sono state le crisi finanziarie a favorire una maggiore comunicazione del legame tra economia, politica e società. Oggi ad esempio è scontato scrivere di taglio del cuneo fiscale, ma le prime volte, quando se ne parlò con Prodi, molti colleghi che seguivano la politica erano disorientati.

Cosa significherà a livello economico per l’Europa, e in particolare per l’Italia, la vittoria di Trump?
La preoccupazione per una nuova guerra commerciale o per gli effetti di un neoprotezionismo americano è qualcosa di cui già si parla con insistenza nelle analisi di queste settimane, anche in quelle degli stessi leader. L’Italia è un Paese esportatore – il nostro Pil si regge sulla capacità di esportare – quindi naturalmente per noi quest’elezione potrebbe rivelarsi una pessima notizia. Quello che ho imparato recentemente, però, è che è davvero difficile fare previsioni. I cambiamenti oggi sono molto più rapidi, i fattori, le variabili, sono tantissimi: al momento non me la sento di fare delle previsioni su quella che sarà la politica di Trump e non soltanto per l’imprevedibilità del personaggio. Viviamo in un mondo complicato che avvantaggia chi sa adattarsi più velocemente. Vedremo cosa succederà.

Come pensa stia cambiando il giornalismo?
Quando sono stata assunta al Sole 24 Ore quello che mi piaceva fare, e in cui si esauriva il mio lavoro, era fondamentalmente scrivere articoli. Adesso un giornalista non fa e non può fare solo questo. Bisogna saper comunicare su tutte le piattaforme, dalla radio ai social, dalla televisione alla carta stampata. Credo che l’obiettivo delle aziende editoriali sia oggi stare nella società in tutti i modi possibili: la richiesta delle persone non è più soltanto quella di essere informate, ma anche di essere intrattenute. In questo senso, un fenomeno assolutamente nuovo per noi sono i festival: ormai quasi ogni giornale ne ha uno. Si tratta di una formula quasi teatrale con cui incontrare i lettori ed entrare in contatto con loro su una grande quantità di temi. Esiste ancora un grande bisogno d’informazione.

Il percorso di Lina Palmerini
Dagli esordi nell’economia al passaggio nella redazione politica del Sole 24 ore.

Gli studi
Si laurea in Giurisprudenza con una tesi in Filosofia del diritto, alla Sapienza di Roma, dove si era trasferita dall’Abruzzo. Prosegue gli studi frequentando, negli anni ’90, la Scuola di giornalismo della Luiss, sempre nella Capitale.

L’incontro con il giornalismo economico
Dopo un primo stage nella redazione del Tg5, su consiglio della Scuola approda a Mondo Economico, settimanale del Sole 24 Ore.
Si tratta di una scelta dettata dalle circostanze del periodo, in cui in pochi erano disposti a dedicarsi all’economia. Nel 1995, dopo tre anni di collaborazione, viene assunta e inizia a scrivere di finanza pubblica. Nel 1998 passa alla redazione economica del Sole e qui si occupa stabilmente di lavoro, welfare e sindacato.

Il passaggio alla redazione politica
Nel 2005, sotto la direzione di Ferruccio De Bortoli, viene spostata nella redazione politica per seguire il centro-sinistra. Dal 2012 diventa quirinalista e dal 2014 scrive la rubrica ‘Politica 2.0’. Nel 2019 vince il premio giornalistico intitolato a Carlo Casalegno e il premio Biagio Agnes. È coautrice di due libri sui temi del lavoro: ‘Il lavoro in affitto’ e  ‘Carriere in azienda’.

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