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Selfie-mania e neuroni specchio, i rischi per i giovani

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Velasco25 Articolo

Faremmo di tutto pur di  ottenere il selfie pefetto, perfino rischiare letteralmente la vita. Se ormai è stato coniato il termine killfie per indicare i selfie estremi dai tetti dei palazzi o dalle cime delle montagne, che sarebbero già costati la vita a centinaia di persone nel mondo, la selfie-mania dilaga a tutte le latitudini e a tutte le età.

È stata fortunata nelle scorse ore la donna di 58 anni salvata in mezzo al torrente Enza, all’altezza di Montecchio Emilia, dai vigili del fuoco grazie a un elicottero decollato da Bologna. Sarebbe rimasta bloccata lì per scattare delle foto col telefonino, come riferisce ‘Il Resto del Carlino’. Ma cosa ci spinge a chiudere gli occhi di fronte al pericolo pur di postare uno scatto perfetto?

L’analisi

“In un mondo come quello di oggi, in cui l‘importante è essere visibili e non importa il perchè, si arriva a fare cose incredibili per un selfie. Tutto ciò fa parte di una visione distorta: esisti se c’è una tua foto da qualche parte e qualcuno ti mette dei like. Questa è la tragedia dei nostri tempi, il modello che stiamo dando ai giovani”. È una riflessione amara, quella di Alessandra Graziottin, ginecologa e psicoterapeuta, direttore del Centro di ginecologia e sessuologia medica del San Raffaele Resnati di Milano, sentita da Fortune Italia sul dilagare della selfie-mania.

I neuroni specchio

“Forse non ce ne rendiamo conto, ma i bambini filmano il comportamento dei genitori attraverso i neuroni specchio, che sono le telecamere nel nostro cervello che registrano la verità di ciò che ci circonda. Possiamo fare i discorsi migliori del mondo – dice Grazziottin – ma quello che i bimbi registrano è ciò che vedono e filmano attraverso i neuroni specchio. Il punto è che se hanno davanti agli occhi genitori impegnati tutto il  tempo sul telefonino, tra selfie e like, cosa credete che salterà fuori? Purtroppo sta passando il messaggio che esisti se sei visibile. Dovremmo invece tornare a dare valore al fatto di essere riusciti a esprimere al meglio noi stessi. Quello che secondo me è il capolavoro dell’esistenza – aggiunge la specialista – è poter dire di aver messo a frutto i talenti che mi sono stati dati, in armonia e al meglio, tanto che sono felice della mia verità quotidiana”.

Visibilità costi quel che costi

Nel caso dei giovanissimi, allora, oggi più che mai “genitori e insegnanti dovrebbero aiutarli a sviluppare al meglio le loro qualità, modulando i limiti che tutti hanno. Invece il fatto di puntare tutto sulla visibilità, indipendentemente dal motivo per cui l’abbiamo raggiunta, è davvero tragico: corriamo il rischio di cadere o annegare, pur di fare il selfie perfetto. Con sprezzo della vita propria e altrui, ma per che cosa? Per ottenere un attimo di visibilità“.

E allora? “Torniamo a dar valore alla sostanza. Le uniche che reggono sono le famiglie che trasmettono ai figli, nei fatti, il valore di essere ed esprimere se stessi”, avverte Graziottin. “E questo grazie allo sport, alla musica, al teatro, a una passione che è anche incanto. Certo, anche questi ragazzini faranno i loro selfie, ma queste foto non saranno la chiave della loro esistenza. Chiediamoci allora che spazio occupano certe azioni nella nostra vita e quanto tempo dedichiamo ad allenare i nostri talenti e a perseguire i nostri sogni”.

“Coltivare il progetto di sè, che può variare nel corso dell’infanzia, esplorandolo nel nostro immaginario e nei tentativi nei fatti, fa sentire soddisfatti. Ecco perchè c’è questa pandemia di depressione e ansia”, conclude Graziottin. Evidentemente, qualcosa non sta funzionando. “Diamo allora ai giovanissimi l’opportunità di sperimentare e coltivare il meglio di sè. Perché se il paradigma dell’esistere è la visibilità indipendentemente dal motivo, quello che abbiamo davanti è un percorso suicidario”.

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