La società israeliana BlueGreen ripulisce le riserve idriche dalle alghe tossiche e riduce la CO2 presente nell’atmosfera. Utilizzando anche l’AI.
“Rendiamo l’acqua sicura, è la nostra missione”. A riassumere in parole semplici i risultati di tecnologie complesse è Eyal Harel, Ceo e co-founder di BlueGreen Water Technologies, società israelo-americana fondata nel 2014 e presente alla COP29 di Baku.
“Tutto è iniziato – spiega il Ceo – con il lavoro di un paio di scienziati dell’Università Ebraica di Gerusalemme, impegnati in alcune ricerche sui cianobatteri”. Un tempo chiamati ‘alghe verdi-azzurre’ (in inglese, appunto, blue-green), si tratta di batteri diffusi in ambienti marini, ma anche d’acqua dolce, presenti sulla terra da oltre 3,5 miliardi di anni. “In determinate condizioni vanno fuori controllo, creando un problema di biodiversità. Si impadroniscono dell’intera nicchia ecologica, rilasciando tossine nell’acqua e dando vita a quelle che in gergo si chiamano zone acquatiche morte”. In altre parole, i batteri avvelenano le riserve idriche, rendendo l’acqua inutilizzabile e distruggendo la fauna dell’intero ecosistema. “Nonostante si trattasse di un fenomeno molto conosciuto e studiato, non si riusciva a trovare una soluzione al problema. Fino a quando, nel 2013, è arrivata l’idea, che non so se definire stupidamente geniale o genialmente stupida, che poi abbiamo brevettato”.
Nel giro di un paio d’anni, il team di scienziati di BlueGreen ha sviluppato, regolamentato e commercializzato la prima linea di prodotti per laghi e oceani. Come funziona? È ancora Harel a riassumerlo. “Interveniamo con tecnologie all’avanguardia per individuare ed eliminare selettivamente le alghe senza danneggiare altre forme di vita o lasciare tracce chimiche nell’acqua”. Con una sorta di applicazione chirurgica si innesca così una reazione biologica a catena, un suicidio collettivo dei cianobatteri. “Abbiamo identificato un pulsante rosso geneticamente codificato, che siamo in grado di premere con il minimo sforzo. Così causiamo il collasso selettivo dell’intera popolazione tossica nell’ambiente acquatico”. In questo modo, le specie autoctone potranno riprendere il controllo della nicchia ecologica, ricreandone la biodiversità. “E questo permetterà agli ecosistemi di rimanere sani per un periodo di tempo prolungato”, chiarisce il Ceo.
La tecnologia ‘Lake Guard View’, inoltre, permette a BlueGreen di monitorare la qualità dell’acqua e del livello di fioritura delle alghe. Come? Grazie a un sistema di AI in grado di produrre analisi accurate da remoto, basandosi su immagini satellitari o di droni. E poi c’è la questione delle emissioni di CO2. “Quando parliamo di cambiamento climatico dobbiamo considerare due grandi problemi, quello dei gas serra e quello della biodiversità: i cianobatteri rappresentano il loro punto d’incontro”.
Ma in che modo il fenomeno delle alghe verdi-azzurre si collega ai gas serra? “La maggior parte della CO2 che rilasciamo nell’atmosfera non vi rimane, ma finisce in acqua. Qui funge da fertilizzante per la fioritura delle alghe che fanno la fotosintesi. Questo è il motivo per cui spesso sentiamo dire, e non è affatto positivo, che gli oceani stanno diventando più verdi”. Ciò che resta dei cianobatteri dopo l’intervento di BlueGreen affonda gradualmente.
I sedimenti accumulatisi rimarranno quindi sul fondale, trasformandosi, dopo milioni di anni, in petrolio o gas naturale: più cianobatteri muoiono, più carbonio rimane intrappolato. “Quando trattiamo l’acqua, ci appoggiamo ai processi naturali per prendere il genio e rimetterlo nella lampada”, chiosa Harel. Agendo sui cianobatteri quindi, BlueGreen opera anche sulla presenza di CO2 nell’atmosfera. “La cosa importante per noi è che ora, grazie ai crediti di carbonio, possiamo finanziare le attività di pulizia delle acque”. Attualmente BlueGreen è attiva in Israele, negli Stati Uniti, in Cina, ma anche in Sudafrica e in Ecuador. “Possiamo arrivare, e stiamo per farlo – annuncia Harel – anche nelle comunità poco servite dei Paesi in via di sviluppo e offrire loro la possibilità di rendere l’acqua sicura”. Il Sud globale avrebbe così l’opportunità di affrontare un problema e di guadagnarci. “I risultati ottenuti con i crediti di carbonio ci permettono di fornire gratuitamente il risanamento delle acque alle comunità che non possono permettersi i trattamenti. Così creiamo supercrediti su cui le aziende e i Governi socialmente consapevoli possono fare affidamento”.