Dal pollame ai bovini, con contagi nell’uomo in Usa e in Canada, una nuova mutazione che potrebbe rendere il virus più facilmente trasmissibile, l’allarme latte crudo. L’influenza aviaria torna a fare paura, ma che cosa sta succedendo? Fortune Italia lo ha chiesto all’epidemiologo Massimo Ciccozzi dell’Università Campus Bio-Medico, che con il suo team segue da vicino l’evoluzione del virus. E invita a tenere i nervi saldi, puntando sull’approccio One Health e sottolineando il ruolo degli allevamenti intensivi.
Il caso in Canada
Nei giorni scorsi a preoccupare era stato in particolare il caso di H5N1 canadese: qui un 14enne è stato ricoverato in condizioni critiche a causa del virus, scoperto tra l’altro in un lotto di latte crudo negli Usa. “Non dobbiamo, almeno per il momento, allarmarci e allarmare le persone – raccomanda Ciccozzi – Il caso dell’influenza aviaria A(H5N1) segnalato nella Columbia Britannica offre uno spunto cruciale per riflettere sul delicato equilibrio tra natura e scienza. La mutazione genetica Q226L, che sembra favorire il legame con i recettori umani, è un esempio eloquente di come un cambiamento apparentemente minore possa avere implicazioni significative per la salute pubblica”.
Il virus e gli allevamenti intensivi
“Sì, l’H5N1 muta, come tutti i virus, e continuerà a farlo a causa della pratica di allevamenti intensivi, dannosissimi da questo punto di vista. Ovvio che per ora il rischio di un passaggio all’uomo per spillover è bassissimo, e dunque non siamo al momento della trasmissione interumana. Ma questo non significa che dobbiamo smettere di monitorare l’influenza aviaria. Anzi”, aggiunge Ciccozzi.
La ricerca sulle mutazioni
Anche uno studio italiano firmato tra gli altri proprio da Ciccozzi ha esaminato la mutazione genetica dell’influenza aviaria che “sembra favorire il legame con i recettori umani”, come scrive l’epidemiologo insieme a Francesco Branda del Campus Bio-Medico di Roma e a Fabio Scarpa dell’Università di Sassari su ‘Nature’.
“La mutazione Q226L – ha puntualizzato Ciccozzi ad Adnkronos Salute – colpisce alcuni recettori dell’uomo e probabilmente il caso canadese di H5N1, che non aveva avuto contatti con allevamenti di bovini, è proprio legato ad essa”.
La lezione da non dimenticare
Studiando “le mutazioni del virus possiamo capire cosa sta accadendo in tempo reale. Questo episodio – dice lo specialista a Fortune Italia – ci ricorda l’importanza della sorveglianza e della preparazione continue. Viviamo in una società spesso distratta dai progressi tecnologici e dalla quotidianità, ma non possiamo permetterci di sottovalutare i rischi delle malattie emergenti. Sebbene il virus attualmente non sembri essere in grado di sostenere una trasmissione interumana, la possibilità che si adatti geneticamente nel tempo sottolinea la necessità di mantenere alta l’attenzione scientifica”.
“C’è anche una lezione etica da imparare: il nostro compito non si limita a proteggere noi stessi, ma si estende alla salvaguardia degli ecosistemi e delle specie con cui condividiamo il pianeta. La tutela della biodiversità e il rispetto degli equilibri naturali non sono solo un imperativo morale, ma strumenti essenziali per prevenire futuri eventi di spillover – dice con forza Ciccozzi – Questo approccio fa parte della visione integrata di One Health, che riconosce l’interconnessione tra la salute umana, animale e ambientale come chiave per affrontare le sfide sanitarie globali”.
One Health e collaborazione internazionale
Se non c’è confine tra salute umana e animale, “la vicenda dell’influenza aviaria mette in luce tutta l’urgenza della cooperazione internazionale. Solo attraverso il dialogo e l’azione collettiva, condividendo risorse e competenze a livello globale – conclude Ciccozzi – possiamo affrontare sfide di tale portata. In un mondo interconnesso, lavorare insieme non è solo una scelta, ma una necessità per garantire un futuro più sicuro e sostenibile”.