La sanità italiana “è a un punto di svolta: l’Italia è ormai il secondo Paese più anziano al mondo, la spesa sanitaria è rimasta costante nel tempo, mentre le esigenze dei cittadini continuano a evolversi e questi si aspettano un servizio sostenibile ed efficiente. La realtà è però sotto gli occhi di tutti: il Ssn presenta evidenti contraddizioni, che peggioreranno in mancanza di una rivoluzione nelle logiche di governo del sistema”. Non usa troppe perifrasi Francesco Longo, responsabile scientifico del Rapporto Oasi (Osservatorio sulle Aziende e sul Sistema sanitario Italiano), commentando il documento pubblicato oggi dal Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale (Cergas) di Sda Bocconi School of Management.
Una ‘fotografia’ non priva di ombre, che però può divenire uno strumento utile per la ripartenza. “La consapevolezza delle evidenze dello scenario attuale, seppur critiche e complesse – dice infatti Alberto Ricci, coordinatore del Rapporto Oasi – è il primo strumento che i manager del Ssn hanno per continuare a crescere e ad essere generativi. Il nostro Rapporto offre le basi per avviare il confronto tra tutti gli attori del sistema sanitario italiano e, auspicabilmente, imprimere una nuova rotta”.
La nota dolente
Se il finanziamento della sanità divide la politica, c’è da dire che il Servizio sanitario nazionale “è da decenni tra i meno finanziati in Europa, per una cifra oggi pari al 6,3% del Pil pur essendo il secondo Paese più anziano al mondo. Per portare la sanità pubblica italiana ai livelli dei grandi Paesi europei servirebbero almeno 40 miliardi, vale a dire metà dell’attuale spesa annua per l’istruzione. Una cifra enorme, in uno scenario caratterizzato da una situazione demografica critica che implica un’elevata spesa pensionistica e minore popolazione in età da lavoro”, sottolineano gli autori.
L’analisi, elaborata dal gruppo di ricerca coordinato da Francesco Longo e Alberto Ricci, identifica le criticità principali del Ssn che, pur proponendosi come universalistico, risulta ormai incapace di fare fronte ai bisogni crescenti dei cittadini.
Il confronto internazionale è impietosi. Se Francia, Germania e Regno Unito finanziano i rispettivi sistemi sanitari nazionali intorno al 9-11% sul Pil, l’Italia si è mantenuta costante nel tempo intorno al 6,3% sul Pil, cifra che si prevede resterà sostanzialmente invariata nel 2025 e 2026. Contrariamente a quanto si possa pensare, anche la spesa sanitaria privata cresce meno del Pil, e si attesta al 2,2% nel 2024, circa il 26% della spesa sanitaria complessiva. Il dato, in sostanziale continuità con gli anni precedenti a Covid-19 – è chiaro: l’Italia non è disponibile a spendere per la salute, né pubblicamente, né privatamente”.
Liste d’attesa: le ragioni del fenomeno
Se uno dei mali della sanità pubblica sta nelle attese, il report sottolinea come “la mancanza di criteri di priorità di accesso ai differenti servizi e le logiche prescrittive spesso lontane dalle linee guida cliniche aggravano il problema”. Per l’accesso ai servizi “non si tiene conto di criteri di prioritizzazione quali, ad esempio, aree di patologia, cluster di popolazione per reddito o livello di istruzione, portafogli di tecnologie da includere nel contenuto dei servizi garantiti dal Ssn. Questo è un meccanismo molto importante ma quasi mai esplicitato, che ha portato il Ssn a prescrivere molte più prestazioni rispetto alla sua effettiva capacità erogativa. Nei territori dove sono maggiori le prescrizioni, spesso sono elevati anche i consumi per abitante, ma cresce anche la distanza tra prescritto ed erogato, con conseguente incidenza sull’allungamento delle liste d’attesa”.
Nelle mani dei singoli
Secondo Rapporto Oasi 2024, si legge su Adnkronos Salute, oggi il problema sta anche nell’idea irrealistica di dare qualsiasi prestazione a tutti in tempi brevi. Ebbene, proprio la mancanza di governance finisce per genere quello che abbiamo sotto gli occhi: “La possibilità o meno di ottenere una prestazione è lasciata di fatto al cittadino, alla sua rete e alle sue risorse personali, generando un senso di disorientamento e impossibilità di programmazione. Questa logica genera inefficienze e diseguaglianze, con risorse allocate senza un chiaro processo di valutazione”.
Per gli esperti, “anche i consumi di prestazioni per abitante risultano disomogenei e non correlati al bisogno epidemiologico, a livello sia nazionale che regionale e persino locale. I motivi possono essere vari, ma si rileva in particolar modo l’attenzione dell’agenda manageriale e di governo non tanto verso le cause di questa disparità di consumo, bensì sulla produttività delle singole strutture sanitarie”.
Ebbene, il Rapporto Oasi sottolinea l’importanza di “governare le aspettative: esplicitare i limiti del Ssn e ridefinire i criteri di priorità per le prestazioni esigibili è il primo passo fondamentale per allineare le aspettative dei cittadini alle risorse effettivamente disponibili”. Insomma, il Rapporto Oasi 2024 sottolinea l’urgenza di scelte concrete e strategiche. “Attualmente, il dibattito pubblico è troppo focalizzato sui finanziamenti, mentre la vera sfida è utilizzare meglio le risorse disponibili per garantire un sistema efficace e sostenibile”, scrive il presidente della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere, Giovanni Migliore, nella postfazione al Rapporto.
“Anni di definanziamento hanno portato a una condizione critica; sebbene i recenti aumenti siano significativi, non sono sufficienti. È dunque fondamentale abbandonare la logica delle prestazioni e concentrarsi sul valore reale: risultati di salute per i cittadini e utilizzo efficiente delle risorse. Le opportunità offerte dal Pnrr – si legge – devono essere gestite con visione e pianificazione, non come un mero obbligo amministrativo. È essenziale elaborare una strategia per la sostenibilità a lungo termine delle nuove infrastrutture. Senza una programmazione strategica adeguata, non possiamo affrontare sfide cruciali come i nuovi modelli di cura. Dobbiamo riportare al centro il management sanitario, semplificare la burocrazia e valorizzare i professionisti – conclude Migliore – per rispondere alle esigenze della popolazione. È tempo di agire con coraggio e rapidità per dotare il Ssn della capacità di affrontare le sfide attuali e future”.