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Disabilità in Italia, una corsa a ostacoli per 3 mln di famiglie

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Adyen Articolo
Velasco25

Ci sono disabilità visibili, come quelle dei pazienti con malattie che costringono a spostarsi in carrozzina, e invisibili, come quelle dei malati oncologici. Circa 3 milioni di persone solo in Italia: ognuna delle quali affronta sfide e criticità quotidiane, in un Paese in cui anche solo la mobilità può essere un’impresa.

In Italia e nel mondo

Sfide che se moltiplicano al lavoro, ma anche nel caso degli anziani: 14 over 65 su 100 in Italia non sono autonomi per attività quotidiane come mangiare, vestirsi, lavarsi, spostarsi da una stanza all’altra. Limitazioni che pesano sulle famiglie, più che su Asl e Comuni, come emerge dagli ultimi dati disponibili della sorveglianza Passi d’Argento dell’Istituto Superiore di Sanità, relativi al biennio 2022-2023.

In occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità l’Organizzazione mondiale della sanità ricorda come, secondo le stime, “circa 1,3 miliardi di persone – ovvero il 16% della popolazione mondiale – soffrono oggi di una disabilità significativa. Le persone con disabilità hanno diritto al più alto standard di cure e assistenza raggiungibile come chi non ha nessun problema”. Il tema scelto dalle Nazioni Unite quest’anno è amplificare la leadership delle persone con disabilità per un futuro inclusivo e sostenibile.

L’identikit e i bisogni

Tornando al nostro Paese, scopriamo che oltre a crescere con l’età, la disabilità (che tocca il picco tra le persone con due o più patologie croniche) è più frequente nelle donne (17% rispetto al 10% negli uomini) e fra le persone socio-economicamente svantaggiate per difficoltà economiche o per bassa istruzione. Con fragilità che si sommano. E se la quasi totalità delle persone con disabilità (99%) può contare su degli aiuti, il 95% dichiara di riceverli dai propri familiari, il 37% di essere da badanti e il 10% da conoscenti. L’11% ha ricevuto aiuto a domicilio da operatori socio-sanitari e solo il 2% ha ricevuto assistenza presso un centro diurno. Una piccola quota è sostenuta da associazioni di volontariato (2%).

E ancora: una persona su 4 con disabilità riceve un contributo economico per la condizione, come l’assegno di accompagnamento. Esiste inoltre un gradiente Nord-Sud a svantaggio dei residenti nel Meridione (17% rispetto al 13% nel Centro e 10% nel Nord) che potrebbe riflettere anche una differente offerta o ricorso a strutture di ricovero, ricorda l’Iss.

I rischi economici

Una persona con disabilità su tre è a rischio povertà: una condizione inaccettabile che richiede interventi immediati e mirati. C’è bisogno di un impegno collettivo per garantire pari opportunità, accesso ai servizi e piena partecipazione alla vita sociale ed economica”, sottolinea il presidente del Cnel Renato Brunetta, ricordando l’Osservatorio per l’Inclusione e l’Accessibilità “che stiamo attivando presso il Consiglio, con il compito di analizzare, monitorare e proporre interventi per una società più inclusiva ed equa, in cui ogni cittadino, indipendentemente dalle sue condizioni, possa esercitare i propri diritti e contribuire al benessere collettivo”.

La disabilità oncologica

Fra le disabilità invisibili c’è quella dei malati di tumore. “La lotta contro il cancro è una battaglia difficile – sottolinea Elisabetta Iannelli, segretario generale della Favo (Federazione delle associazioni di volontariato in oncologia) – ma spesso si sottovalutano le sfide quotidiane che i malati di cancro devono affrontare. Non si tratta solo di sopravvivere, ma di vivere una vita dignitosa e degna di essere vissuta. In Italia, ci sono oltre 3 milioni di persone con disabilità e molti di loro affrontano le complessità del cancro, una lotta silenziosa che merita visibilità e sostegno. Va garantito a tutti il diritto a una vita di qualità, piena e inclusiva“.

Lavoro, AI e nuove tecnologie

Una sfida, quella di garantire una vita piena e inclusiva, che potrebbe beneficiare del contributo delle nuove tecnologie. A suggerirlo sono i risultati del Workmonitor Pulse, l’indagine realizzata da Randstad in 15 Paesi, con interviste a un campione di 800 lavoratori in Italia appartenenti a diverse generazioni, profili e settori, tra cui un 25% portatori di una disabilità sia grave che lieve (200 intervistati).

Ebbene, il 51% dei lavoratori con disabilità in Italia considera l’intelligenza artificiale uno strumento che facilita le proprie attività. Il 63% la utilizza con frequenza almeno settimanale, una percentuale molto più alta rispetto ai lavoratori senza disabilità (37%). E oltre la metà ritiene che l’AI renda il lavoro più interessante. Oltretutto, l’uso dell’intelligenza artificiale, secondo la ricerca, sembra favorire l’inclusione in azienda: il 57% dei lavoratori con disabilità, infatti, considera l’AI un valido supporto parallelo alle attività di supervisione “umana” per ridurre le disparità. E per il 52% l’utilizzo dell’AI può dare una spinta rilevante per rafforzare l’equità in azienda.

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