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Fascicolo sanitario elettronico: ecco dove funziona meglio

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Velasco25 Articolo

Si fa presto a dire fascicolo sanitario elettronico. Come per ogni innovazione, infatti, le Regioni italiane procedono a velocità diverse. Anche se, in questo caso particolare, la lista dei ‘primi della classe’ è un po’ diversa dal solito. A costo di rovinare la suspance, lo diciamo subito: il Lazio spicca al vertice della classifica per completezza di documenti e servizi, mentre in Puglia siamo appena al 63%.

A passare al setaccio l’operatività del fascicolo sanitario elettronico è il nuovo report di Fondazione Gimbe. Una ricognizione che, ancora una volta, evidenzia “profonde disomogeneità regionali, che configurano vere e proprie ‘fratture digitali’ sia in termini di servizi offerti che di utilizzo da parte di cittadini e professionisti sanitari”.

Uno strumento chiave

L’impressione è che per qualcuno questo tema sia finito in secondo piano. Eppure il fascicolo sanitario elettronico “è cruciale per l’accessibilità ai servizi sanitari”, come sottolinea il presidente Nino Cartabellotta dal 19° Forum Risk Management di Arezzo. “Non è solo uno strumento con cui il cittadino può tracciare e consultare la propria storia sanitaria, condividendola in maniera sicura ed efficiente con gli operatori sanitari, ma rappresenta una leva strategica per migliorare accessibilità, continuità delle cure e integrazione dei servizi sanitari e socio-sanitari”. Ma “la mancata armonizzazione del fascicolo sanitario elettronico rischia di lasciare i cittadini senza accesso a dati essenziali per la propria salute in caso di spostamento tra Regioni”.

I dati, aggiornati al 31 agosto estratti ed elaborati dal portale Fascicolo sanitario elettronico 2.0 del ministero della Salute e del Dipartimento per la Trasformazione Digitale, parlano chiaro.

Completezza

“Oggi solo 7 tipologie di documenti sono accessibili su tutto il territorio nazionale: lettere di dimissione ospedaliera, prescrizioni farmaceutiche e specialistiche, referti di laboratorio, di radiologia e di specialistica ambulatoriale, verbali di pronto soccorso”, elenca Cartabellotta.

A livello regionale è presente ancora una forte disomogeneità nella disponibilità dei documenti nel fascicolo sanitario. Solo per fare qualche esempio, il profilo sanitario sintetico, il documento di erogazione delle prestazioni specialistiche e quello di erogazione dei farmaci e il referto di anatomia patologica sono disponibili in oltre l’80% delle Regioni. Il certificato vaccinale è presente in 16 Regioni e Province autonome (76%) mentre il taccuino personale dell’assistito e della scheda della singola vaccinazione si trovano nei Fse di 12 Regioni (57%).

La cartella clinica, invece, è disponibile esclusivamente in Lazio, Sardegna e Veneto. A livello nazionale sono messi a disposizione degli utenti il 79% dei documenti.

Regione che vai…

E qui veniamo alle differenze di performance territoriali: il Lazio è l’unica Regione che include nel fascicolo sanitario tutte le tipologie di documenti previsti dal decreto, mentre le altre Regioni presentano livelli di completezza che vanno dal 94% del Piemonte al 63% di Marche e Puglia. Qui sotto la ‘classifica’ completa.


Consenso alla consultazione

Sono anche i cittadini, però, a mostrare un certo grado di freddezza sul tema. Al 31 agosto 2024 (per il Friuli Venezia Giulia i dati sono al 31 marzo 2024) solo il 41% dei cittadini ha espresso il consenso alla consultazione dei propri documenti sanitari da parte di medici e operatori del Ssn, in linea con le finalità del DM 7 settembre 2023.

Anche su questo fronte si rileva un’ampia variabilità: l’adesione varia dall’1% in Abruzzo, Calabria, Campania e Molise all’89% in Emilia-Romagna. Tra le Regioni del Mezzogiorno, solo la Puglia con il 69% supera la media nazionale. L’atteggiamento dei cittadini, soprattutto nelle Regioni del Mezzogiorno, “evidenzia l’urgenza di infondere una maggiore fiducia nella popolazione. È fondamentale rassicurare i cittadini sulla sicurezza dei dati personali e sull’utilità concreta del fascicolo sanitario elettronico”, dice Cartabellotta, convinto che “senza un intervento mirato in questa direzione, gli sforzi compiuti dai servizi sanitari regionali rischiano di essere vanificati”.

Maneggiare con cura?

E ancora, tra giugno e agosto 2024 (per il Friuli Venezia Giulia i dati sono gennaio-marzo 2024), appena il 18% dei cittadini ha consultato il proprio fascicolo sanitario elettronico almeno una volta, considerando coloro per cui nello stesso periodo è stato reso disponibile almeno un documento. Si passa dall’1% nelle Marche e in Sicilia al 50% della Provincia autonoma di Trento. Nelle Regioni del Mezzogiorno, il tasso di utilizzo è generalmente molto basso, con percentuali pari o inferiori al 3%, fatta salva la Sardegna che raggiunge il 10%. L’unica eccezione positiva è rappresentata dalla Campania, che con il 18% si allinea alla media nazionale. In questo caso, forse, sarebbe opportuno investire in formazione digitale. 

E i medici?

Qui, per fortuna, la musica cambia: tra giugno e agosto 2024 (per il Friuli Venezia Giulia i dati sono gennaio-marzo 2024), la quasi totalità (94%) di medici di medicina generale e pediatri di libera scelta ha effettuato almeno un accesso al fascicolo sanitario elettronico. Ben 11 Regioni raggiungono il 100% di utilizzo: Basilicata, Emilia-Romagna, Lazio, Molise, Provincia autonoma di Trento, Piemonte, Puglia, Sardegna, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto.

La ricetta bianca digitale

La strada è segnata. E a partire dal 2025 la dematerializzazione della ricetta bianca alimenterà il ricorso al fascicolo sanitario elettronico.

“La ricetta bianca dematerializzata rappresenta un significativo passo avanti verso una sanità sempre più digitale e integrata. Sebbene rimanga per il paziente la possibilità di ricevere la ricetta via email, WhatsApp o di ritirare il farmaco direttamente in farmacia tramite il proprio codice fiscale, il Fascicolo sanitario  diventerà il fulcro di una gestione completa, sicura e trasparente delle prescrizioni mediche”, sottolinea Cartabellotta, convinto che “per ridurre le diseguaglianze” sia indispensabile un nuovo patto nazionale per la sanità digitale, che coinvolga il Governo e le amministrazioni regionali. Un patto che contribuisca a rendere questa innovazione accessibile anche per le persone più fragili e con scarsa alfabetizzazione digitale.

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