Roberta Ruiu racconta il dietro le quinte del suo lavoro da brand ambassador: “Sono fortunata per i marchi che rappresento, ma ho rinunciato a qualcosa quando serviva”.
Essere brand ambassador di marchi che ti scelgono e che ti sei scelta è un po’ diverso da essere un’influencer: io tendo a legarmi, a sposarmi quasi, a quello che rappresento per un certo periodo, gli influencer fanno più cose insieme”. Roberta Ruiu, ex Lollipop – la prima girl band italiana nata da un talent – parla così del suo lavoro sui social, costruito sulle fondamenta di una grande passione per la moda o, usando le parole della creator, “per l’eleganza”.
Che si tratti di influencer in senso stretto o di brand ambassador, il risultato non cambia: “È il fenomeno del momento – conferma Ruiu – basta guardare ai dati, sono incredibili”. In effetti siamo nel campo dei grandi numeri. Il mercato globale dell’influencer marketing valeva, nel 2023, oltre 30 mld di dollari e, secondo un report di Statista, dovrebbe arrivare a superare i 50 mld nel 2028. Per quanto riguarda il nostro Paese invece, solo lo scorso anno il valore complessivo – secondo Onim, l’Osservatorio nazionale influencer marketing – era di 323 mln di euro in termini di investimenti, il 10% in più rispetto al 2022.
Un’attività, quella delle sponsorizzazioni online, che si è evoluta nel corso degli anni, come racconta la stessa Ruiu partendo dalla sua esperienza. “Prima del boom dei social c’erano i blog, un mondo a cui mi sono interessata in particolare quando scrivevo su Lampoon, il magazine che avevo fondato con un mio caro amico e che mi piace definire snob&pop. Ricordo che realizzammo delle cover con blogger allora emergenti, ma già fortissime, che poi sono diventate influencer da milioni di follower, tra tutte Chiara Ferragni”. Roberta Ruiu infatti, oltre ad essere volto delle Lollipop e, da ragazzina, campionessa di pattinaggio sul ghiaccio – “per una caduta sciocca poi ho lasciato” – è stata anche una giornalista pubblicista. Nonostante l’esperienza di Lampoon sia ormai conclusa, è da lì che sono iniziati i primi rapporti con le aziende: “All’inizio venivo chiamata per il giornale, ho fatto diversi viaggi stampa, poi si sono accorti che funzionavo e così siamo passati al mio profilo personale”.
Oggi Ruiu sponsorizza diversi brand di lusso: “Rappresento marchi come Messika, di cui sono ambassador italiana, che vanta collaborazioni con celebrità del calibro di Kendall Jenner o Cristiano Ronaldo”. E ancora, rimanendo sull’alta gioielleria: “Collaboro con Breitling da due anni, un brand che amo molto, una bellissima famiglia con cui ho iniziato a collaborare per il lancio dell’orologio da donna. E che ha realizzato una campagna pubblicitaria con Charlize Theron”. Qualunque sia il marchio, non si tratta mai di incontri casuali: “Sono fortunata per i brand che rappresento – ammette Ruiu – ma mi sono anche molto impegnata nella scelta. Ho rinunciato a tantissimo per mantenermi abbastanza pulita e dare un senso al lavoro che faccio”.
Ma come gestire il rapporto con i social? Secondo Ruiu l’essenziale è mostrarsi sempre trasparenti: “È giusto che la gente sappia quando pubblicizzo un posto che mi ospita: io specifico sempre tutto. Non si tratta di un mondo a parte, ci tengo che le cose che faccio siano reali”. Non solo Instagram quindi, ma anche eventi, incontri, viaggi: “Per me è importante che ci sia sempre una storia, un contenuto. Non so se questo venga o meno compreso, magari sembra noioso, ma cerco di stare molto attenta”.
Quello con i social infatti, specialmente per chi quotidianamente li usa per lavorare, non è affatto una relazione semplice e alle volte fare tutto da sole può diventare impegnativo. “Ormai le agenzie mettono a disposizioni dei singoli influencer degli entourage pazzeschi. Io ho sempre fatto per conto mio, tranne che per un breve periodo in cui mi ero appoggiata a un’agenzia perché non ce la facevo più. Mi sono dovuta fermare per ‘disintossicarmi’: non volevo aprire Instagram come prima cosa al mattino. Nonostante ci lavori penso sia esagerato tutto questo pubblicare continuamente storie: provo a fare qualcosa di diverso, non racconto tutto”.
E sul futuro? “Ho tante idee, tante cose che mi piacerebbe fare, ma rimanendo sempre fedele a quello che penso mi rappresenti di più. Trovo ci sia molta volgarità in circolazione, spesso scambiata per innovazione. L’eleganza invece non ha tempo: nella moda tutto ritorna, in forma diversa, bisogna saper rivisitare. Serve solo un po’ di buon gusto”.